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Tempio, occupazione militare: lunedì presentazione del Dossier PISQ alla Biblioteca G.M. Dettori

Tempio, occupazione militare: lunedì presentazione del Dossier PISQ alla Biblioteca G.M. Dettori

Lunedì 22 maggio 2017, nell’Aula Magna della Biblioteca G.M. Dettori di Tempio Pausania, il Fronte Indipendentista Unidu presenta il 1° Dossier sul Poligono d’Addestramento Interforze del Salto di Quirra (PISQ), documento realizzato dal Tavolo di lavoro “Economia, salute, ambiente, territorio” di A Foras – Movimentu contra s’ocupatzione militare.

Verrà ospitata a Tempio la presentazione del lavoro svolto negli ultimi mesi, anche in vista del prossimo appuntamento: una lunga giornata di sensibilizzazione e partecipazione popolare con A Foras Fest, in programma per il 2 giugno 2017 a Cagliari.

Il Dossier sul PISQ è stato realizzato per la manifestazione del 28 aprile passato, “Sa Die de sa Sardigna contra s’ocupatzione militare”, lanciata da A Foras proprio a Quirra.

Il lavoro è il frutto dell’impegno di decine di militanti attivi in A Foras che hanno partecipato nel corso dei mesi al Tavolo di lavoro citato, uno dei vari ambiti di studio e approfondimento.

Sono sei in tutto i Tavoli di lavoro che si occupano a 360° del tema della militarizzazione della Sardegna. Dal Tavolo Scuola e Università a quello dedicato al DASS – Distretto Aerospaziale della Sardegna, passando per l’RWM, la fabbrica di armamenti di Domusnovas nota per rifornire prevalentemente l’Arabia Saudita impegnata nell’aggressione allo Yemen.

Il Dossier PISQ verrà illustrato da Michele Salis, militante di A Foras che ha curato la parte riguardante le ricadute economiche, oltre alla revisione complessiva dell’intero Dossier, e da Luigi Piga, del Fronte Indipendentista Unidu, che si è occupato della parte storica e demografica.

Inoltre, verranno presentati e dibattuti anche gli altri capitoli del Dossier PISQ: il procedimento penale in corso a Lanusei “Veleni di Quirra” e il richiamato progetto DASS. La presentazione è in programma a partire dalle ore 18:00.

Aristanis, Federatzione de sa Gioventude Indipendentista: dovere storico per l’emancipazione nazionale e sociale della Sardegna

Aristanis, Federatzione de sa Gioventude Indipendentista: “dovere storico per l’emancipazione nazionale e sociale della Sardegna”

L’organizzazione dei giovani indipendentisti sardi come dovere storico in capo alla parte più giovane della Nazione sarda, un passaggio politico inevitabile per un’emancipazione nazionale e sociale della Sardigna. Questi tra i tanti messaggi e propositi espressi venerdì mattina ad Oristano, in occasione della conferenza stampa di presentazione della neonata Federatzione de sa Gioventude IndipendentistaFederazioni di la Ghjuventù Indipendentista.

L’esigenza di una vincente ricomposizione nazionale delle forze sociali e politiche in Sardegna passa, secondo i giovani nazionalisti della F.G.I, anche dalla militanza comune degli under 30 della Sardegna, fascia sociale tra le più vulnerabili e incerte, le cui possibilità sono sempre più ipotecate a causa, tanto, della reazione capitalistica, quanto dell’azione specifica dello Stato italiano verso una Sardegna ad esso sempre più subalterna. Partendo dal rifiuto di posizioni etnicistiche o dall’accettazione di variegate ricette neoliberali, la F.G.I ha l’ambizioso obiettivo di contribuire quota parte a colmare un vuoto politico generale “costruendo coscienza nazionale e spirito progressista“.

Un vuoto politico sul quale lavorare dove la F.G.I – pur non essendo emanazione di organizzazioni esistenti – si pone come complementare alle realtà politiche indipendentiste già operanti che inquadrino, a loro volta, quella della Sardegna come una lotta di liberazione sociale e nazionale.

Una lotta nazionale che deve, quindi, caratterizzarsi per un’emancipazione sociale del Popolo sardo, ma anche la presa di coscienza che nessuna reale trasformazione sociale in senso progressista può avvenire in Sardegna per mano della sinistra unionista che, peraltro, non riconosce nemmeno l’esistenza e il diritto all’autodeterminazione della Nazione sarda. Da qui la constatazione che la risoluzione dei problemi giovanili sardi marca per definizione un contesto nazionale e la relativa distanza da qualsiasi progetto politico di stampo italianista.

Una F.G.I – tramite singoli e organizzazioni giovanili federate – che si impegnerà quindi nei temi più caldi per i giovani sardi, a partire da quel Diritto allo Studio, scolastico e universitario, spesso negato e non diritto sostanziale, che pone la Sardegna di fronte ad un dato drammatico: un tasso di dispersione scolastica tra i più alti in Europa. E poi l’emigrazione, tema che la F.G.I si è posto anche nella sua struttura. In questa fase iniziale i giovanos disterrados potranno federarsi e sostenere l’organizzazione in base al territorio di provenienza e relativo referente nel Direttivo Nazionale, mentre in un auspicato sviluppo del lavoro e accumulazione di forze, tanto in Sardigna quanto nelle Università e luoghi di lavoro, la prospettiva è quella della nascita di sezioni vere e proprie che esprimono autonomamente dei delegati federali.

Dall’istruzione e l’Università – strutture a regime pubblico e universalistico, che devono come da Statuto della F.G.I in futuro essere indipendenti dal competente Ministero italiano, al lavoro giovanile e relativa disoccupazione, segni più tangibili della “subalternità dell’economia della Sardegna al sistema di interessi proprio dello Stato italiano” . Una dipendenza e un ricatto sociale che secondo l’elaborazione della F.G.I spingerà in un futuro prossimo alla riorganizzazione sociale della solidarietà ampiamente presente in Sardegna, in reti strutturate di Mutuo Soccorso tra giovani forze lavoro, precarie e non, e disoccupati. Non manca un riferimento al tema dell’occupazione militare, uno dei risvolti più insostenibili del colonialismo italiano con il quale rompere, parte importante della lotta di liberazione nazionale che vede diversi militanti della Federatzione già impegnati in tal senso.

Un processo aperto quella della Federatzione, soprattutto alla luce delle assemblee regionali e del Congresso Nazionale da predisporre nei prossimi mesi, in occasione del quale Statuto e Manifesto politico preliminari potranno vedere delle modifiche.

Politica. Lettera ad un comunista sardo (di Cristiano Sabino)

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Lettera ad un comunista sardo (di Cristiano Sabino)

Caro compagno… posso chiamarti ancora così o provi imbarazzo dopo tutto ciò che è accaduto al nostro movimento internazionale? A me piace ancora questo detto, “stesso pane”: esprime ciò che volevamo essere e la radice della società nuova che volevamo costruire.
Te la ricordi, dico, la società per cui ci battevamo? Libertà, democrazia, giustizia sociale, uguaglianza, autodeterminazione e indipendenza dei popoli e pace.
Mi ricordo quando, con la tua bella bandiera rossa, ti imbarcavi ad Olbia per andare a manifestare a Roma. Cantavi risonanti canzoni partigiane ed eri un fremito perché scendevi in piazza contro il tiranno di Arcore pieno di tutte quelle buone ragioni che leggevi sul Manifesto o su Liberazione.
Spesso ci siamo incrociati nelle strade e nelle assemblee. Mi sentivo così vicino ai tuoi ideali e ai colori che indossavi, ma appena iniziavamo a discutere mi accorgevo che una voragine impronunciabile ci separava. Usavamo le stesse parole ma il senso era profondamente diverso.
Sembrava che nei tuoi racconti la Sardegna scomparisse o esistesse soltanto in funzione dell’Italia, come una sua “regione”. Tutto ciò che di importante animava le tue narrazioni avveniva a Roma, Milano o qualche altra città continentale e tu stesso ti collocavi alla periferia di ciò che avveniva di bello, importante e mobilitante. Che tu fossi di Rifondazione, antagonista, disobbediente o chissà che altro, la Sardegna e le sue lacerazioni secolari scomparivano nelle tue belle e combattive parole.
Quando il discorso si spostava sulle lotte dei popoli oppressi l’incomprensione aumentava. La Palestina, il Kurdistan, persino il Paese Basco e la Corsica erano lotte degne di nota mentre la Sardegna era e restava una regione periferica nei tuoi pensieri. Andavi ai corsi di catalano organizzati dall’Università e quando ti davo un volantino scritto in sardo protestavi chiedendone uno in italiano. Mi parlavi della morte dell’identità e dell’internazionalismo proletario senza più frontiere, prendendomi in giro per il mio passatismo indipendentista; poi ti mettevi la maglia azzurro-savoia e andavi a festeggiare quando vinceva quella che tu continuavi a chiamare “nazionale” italiana. Dicevi di essere cittadino del mondo e in effetti lo eri, cittadino di un mondo diviso in stati che tu chiamavi nazioni, dove ai popoli veniva progressivamente proibito tutto per dominarli meglio: lingua, abitudini, cultura ed esercizio della memoria storica.
No, il rosso della mia bandiera non era lo stesso rosso di cui tu coloravi la tua.
Mi dicevi che il partito comunista deve essere grande e che “non possiamo fare da soli” e io non riuscivo a capire questo ragionamento, perché il partito comunista è nato come una organizzazione internazionale per fare la rivoluzione e rovesciare lo stato di cose presente, e non per fare il pilastro patriotticico ad uno stato inventato dalla borghesia e dalle classi possidenti sue alleate.
Mi dicevi che bisognava salvare il “nostro paese” dalle grinfie di Berlusconi e quindi bisognava fare fronte comune e io faticavo il doppio a capirti. Da una parte non riuscivo a sentire mio quello stato nato con una “rivoluzione passiva” a rimorchio di equilibri internazionali reazionari – Gramsci lo leggevo anche io, anche se mi davi del nazionalista – e poi non capivo come facessi a confidare in quella massa di funzionari e burocrati che avevano distrutto il movimento comunista sciogliendolo in una “cosa” che odorava di ultraliberismo guerrafondaio a chilometri di distanza.

Abbiamo preso strade diverse io e te. Io ricostruivo con pazienza la storia di quello che era stato il tentativo del Partito Comunista Sardo, tu intanto ti spostavi sempre più a destra ingoiando rospi su rospi pur di “battere le destre”. Oggi ci incrociamo per strada e quasi manco ci salutiamo con un cenno.
Le nostre diversità sono venute fuori come ferite a cielo aperto. Tu non usi più la bandiera rossa. Nel frattempo hai fatto carriera, oppure sei passato al qualunquismo organizzato o ti sei dato all’associazionismo per non sentire il peso della tua coscienza in fiamme. A volte ci ritenti come quando hai aderito da poco all’ennesima rifondazione dell’ennesimo partito comunista in cui la Sardegna, i sardi e la lotta alla colonizzazione non hanno alcuno spazio e nessuna importanza, anzi semplicemente spariscono sotto al tricolore bello in vista che continua a campeggiare nel simbolo.
Io sono orfano del tentativo di costruire un partito comunista sardo o per lo meno un partito dei lavoratori sardi, come spesso usavamo chiamarlo all’orientale.
È vero, neanche il mio indipendentismo sta tanto bene. Da movimento di critica al sistema e alla radice stessa dello sciovinismo italiano è diventato altro. Paradossalmente ha preso le stesse brutte malattie della sinistra italiana: opportunismo, clientelismo, trasformismo, leaderismo condizionati dai salotti televisivi e dalle colonne dei giornali di proprietà dei possidenti.
Ma no, non ho cambiato bandiera. Liberazione nazionale e liberazione sociale sono sempre la mia bandiera, la mia unica bandiera, visto che si tratta di due facce della stessa medaglia. La pace, la giustizia, la libertà e l’eguaglianza rimarranno miraggi se non partiremo da qui, se non metteremo in cima ai nostri pensieri la Sardegna e i sardi, riconoscendone l’oppressione secolare e la necessità di fare pulizia in questa terra di tutto ciò che la ammorba e la opprime a partire dal clientelismo e dalla corruzione che rende irrespirabile l’aria. Ma senza il rosso vivo della nostra bandiera le cose prenderanno una brutta piega, il trasformismo sarà eretto a sistema e i sardi si lasceranno andare al razzismo più bieco, convinti che i loro nemici e la causa dei loro problemi sono i quattro disperati che arrivano in cerca di lavoro e di speranza, anziché le multinazionali senza scrupoli che hanno occupato e sfruttato fino al midollo la nostra terra, usandoci come bracciantato a poco prezzo finchè ne avevano bisogno e come discarica a cielo aperto una volta terminato il ciclo produttivo.

No, non ti sto proponendo di entrare in nessun partito, non c’è un partito comunista e indipendentista sardo. In realtà non ti sto proponendo nulla, perché non credo di avere nulla da proporre a nessuno. Sto solo ragionando a voce alta, perché nel farlo continuo a vedere quella società di libertà, democrazia, giustizia sociale, uguaglianza, autodeterminazione, indipendenza e pace che prima o poi – ne sono certo – tante braccia e tante teste costruiranno in questa terra, liberandola da seicento anni di schiavitù e dimenticanza.

http://www.manifestosardo.org/lettera-ad-un-comunista-sardo/

Amministrative. Intervista a Gianluca Collu (ProGreS) sull’alternativa nazionale ai partiti unionisti

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Gianluca Collu, Segretario politico di ProReS, Progetu Repùblica de Sardigna

Da: http://lnx.pesasardignablog.info/2016/05/28/collu-ecco-come-stiamo-costruendo-lalternativa-nazionale-ai-partiti-unionisti/
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Corse. Discours de Jean-Guy Talamoni, président de l’Assemblée de Corse

 

Jean-Guy Talamoni e Gilles Simeoni
Jean-Guy Talamoni e Gilles Simeoni


INSTALLATION DE L’ASSEMBLÉE DE CORSE, LE 17.XII.2015

Aujourd’hui, plus que jamais, il nous faudra faire de cette Assemblée un lieu de démocratie où chacun pourra dire ce qu’il estimera être le plus favorable au bien commun. Et notre devoir sera de permettre à chacun d’être écouté, en cherchant, chaque fois que ce sera possible, à faire parler la Corse d’une seule voix. Le respect de l’autre, la volonté de convaincre et de servir les intérêts supérieurs de la Corse guideront nos pas à tous, j’en suis convaincu. En ce qui me concerne, je serai naturellement le président de tous les élus de cette Assemblée.Mais auparavant, il me faut dire quelques mots au nom des miens, au nom de cette partie du mouvement national qui n’a jamais accepté de reconnaître le principe de la tutelle française sur la Corse. Au nom de tous ceux qui, depuis 1768, n’ont cessé de combattre pour que la Corse demeure une nation. Au nom de ceux qui n’ont jamais renoncé à l’idée d’indépendance.

Et aujourd’hui, nous sommes arrivés ici, et nous sommes arrivés victorieux, avec nos frères de Femu a Corsica que je veux saluer.
Mais nous sommes arrivés ici également avec ce que nous sommes et ce que nous portons.
Nous sommes arrivés ici avec tous ceux qui, comme nous, ont toujours combattu les autorités françaises sur la terre de Corse.
Nous sommes arrivés ici avec les fusiliers de Paoli, tombés à u Borgu et à Pontenovu, nous sommes arrivés ici avec les militants du Front morts pour la Corse.
Nous sommes arrivés ici avec Marcu Maria Albertini et Ghjuvan Battista Acquaviva.
Nous sommes arrivés ici avec la foule immense et muette de tous ceux qui ont donné leur vie pour que vive le peuple corse.
Nous sommes arrivés ici avec nos prisonniers.
Nous sommes arrivés ici avec nos recherchés.
Nous sommes arrivés ici avec le souvenir de nos souffrances, de nos erreurs aussi, mais avec notre foi, avec notre sincérité.
Nous sommes arrivés ici avec les larmes des mères désespérées, des épouses affligées.
Mais nous sommes arrivés ici avec le rire de nos enfants, avec  l’espoir immense qui nous transporte, avec l’amour de notre terre et de notre peuple.
Nous sommes arrivés ici avec tous les nôtres, et nous sommes venus pour tendre la main.
Pour tendre la main à tous les Corses, mais aussi à ceux qui sont arrivés chez nous il y a peu, et qui sont venus en amis pour partager notre destin.
Nous sommes arrivés pour tendre la main à ceux qui, dimanche, n’ont pas choisi de nous envoyer ici.
Pour tendre la main à ceux qui, à l’Assemblée de Corse, ont toujours rejeté nos idées.
Pour tendre la main aux élus corses qui ne voulaient pas entendre parler de notre nationalisme.
Pour tendre la main aux Corses qui depuis quarante ans se sont opposés à notre mouvement.
Pour tendre la main, même, aux enfants de ceux qui, il y a trente ans, nous ont combattus avec les armes payées par la France.
Pour tendre la main, à tous ceux qui, dimanche, ont appris notre victoire avec tristesse et inquiétude.
Nous leur disons : vous n’avez rien à craindre.
Abandonnez donc cette peur, vous qui entrez, avec nous, sur la voie de l’avenir.
L’heure est venue de la réconciliation de notre communauté avec elle-même.
La Corse appartient à tous les Corses, et le gouvernement national, le premier depuis le XVIIIe siècle, sera celui de tous.
Pour travailler avec nous, nous ne demanderons jamais à personne de renier ni son parcours, ni ses idées, ni sa fidélité, comme nous n’avons jamais accepté de renier notre histoire, nos opinions et nos solidarités.
Demain, tous ensemble, nous travaillerons au bien commun.
Demain, tous ensemble, nous mettrons en œuvre une nouvelle politique, pour la langue, pour la terre, pour un développement au service des Corses, pour la justice sociale.
Demain, nous rencontrerons les représentants de la société corse, employés du public et du privé, artisans, commerçants, agriculteurs, travailleurs culturels, enseignants, étudiants, chômeurs et retraités, socioprofessionnels, associations et syndicats…
Nous les rencontrerons pour élaborer un véritable projet de société, largement partagé par les Corses.
Demain, nous irons ensemble à Paris et à Bruxelles, avec la force que nous ont donné les Corses dimanche, et nous négocierons les moyens de droit nécessaires pour faire que le peuple corse vive bien et qu’il soit maître sur sa terre.
Demain, nous obtiendrons l’amnistie des prisonniers et des recherchés.
Demain, les portes des prisons s’ouvriront car les Corses le veulent et que personne ne pourra s’opposer à cette volonté populaire.
Dimanche, en votant pour les nationalistes, le peuple corse a dit que la Corse n’était pas un morceau d’un autre pays mais une nation, avec sa langue, sa culture, sa tradition politique, sa manière d’être au monde.
Le peuple corse a voulu qu’un nationaliste soit président du Conseil exécutif de la Corse.
Il a voulu également qu’un indépendantiste soit président de cette Assemblée, sanctuaire de la démocratie corse.
Nous essayerons, avec humilité, de nous montrer dignes de cette confiance.
Je terminerai avec deux mots que l’on trouve souvent dans les vieux écrits de nos ancêtres. Aujourd’hui, ces paroles sont plus précieuses que jamais : « Vivez heureux ! »
Evviva a Nazione,
Evviva a Corsica

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Sassari. Su FIU pro s’isportellu linguìsticu de Tàtari

FIU isportellu linguìsticu

Su Fronte Indipendentista Unidu denùntziat s’indebilitada de su servìtziu de s’isportellu linguìsticu de Tàtari Continua la lettura di Sassari. Su FIU pro s’isportellu linguìsticu de Tàtari

Sardegna. Movimenti di liberazione nazionale e sociale contro Troika e austerity

Fronte Sardegna

Sardegna. I documenti di analisi scaturiti dagli incontri di formazione sul tema delle politiche di austerità e di autoritarismo economico e politico dettate dall’Unione Europea, organizzati dal Fronte Indipendentista Unidu in collaborazione con l’organizzazione giovanile indipendentista Scida e il collettivo Furia Rossa. Continua la lettura di Sardegna. Movimenti di liberazione nazionale e sociale contro Troika e austerity