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A.Banda 2017, mostre fotografiche a Tempio, Thiesi e Ploaghe nel ricordo di Michele Tamponi

 

Salvatore Ligios presidente de “Su Palatu” (seduto) e Davide Cioncia presidente de “La Sardegna vista da vicino

A.Banda 2017, mostre fotografiche a Tempio, Thiesi e Ploaghe nel ricordo di Michele Tamponi

Una proficua collaborazione era nell’aria già lo scorso aprile in occasione dell’incontro tra il fotografo Salvatore Ligios, presidente dell’Associazione culturale Su Palatu (Lu Palazzu) di Villanova Monteleone, e i cittadini tempiesi, in particolare i membri dell’Associazione fotografica “La Sardegna vista da vicino” presieduta da Davide Cioncia e molto attiva dal 2014. L’incontro nella sede di Via Camotto è stata l’occasione per presentare anche il catalogo realizzato per A.Banda 2016.

Ligios, fotografo di lungo corso, nell’occasione ha avuto modo di ripercorrere la storia dell’Associazione Su Palatu ed illustrare i progetti futuri nonché l’intenzione di instaurare una sempre maggiore collaborazione e valorizzazione tra le numerose realtà che in Saldigna si occupano a vari livelli di fotografia. Nell’incontro di aprile è stato compiutamente illustrato il progetto A.Banda che, singolarmente, aveva già visto il contributo di alcuni associati de “La Sardegna vista da vicino” nel corso del 2016.

Una piacevole serata di approfondimento e dibattito sul tema della fotografia oggi e la situazione in Sardegna, con la più volte espressa prospettiva di “fare rete” che si concretizza così pienamente nel corso di quest’estate. Sotto l’insegna del circuito A.Banda 2017, infatti, esporranno le proprie raccolte numerosi membri dell’associazione fotografica tempiese.Dallo scorso 10 luglio fino al prossimo 14 agosto, i locali del Palazzo degli Scolopi a Tempio Pausania ospiteranno le esposizioni di diversi associati:

Danilo Loriga “Lavorazione del sughero
Federico Manconi “Ruggine di un paese
Franco Pampiro “Venezia clandestina
Giuseppe Scano “Li Conchi
Immacolata Ziccanu “L’araba fenice
Margherita Cossu “Il mio viaggio nella musica
Michele Tamponi “Dipende. Da che dipende? Da che punto guardi il mondo, tutto dipende
Natalina Casu “Incidenti urbani
Salvatore Solinas “La natura vince sempre
Silvia Zoroddu “Li Coddi piani
Tony Bulciolu “Mio fratello NON è figlio unico

La raccolta di Michele Tamponi, profondo conoscitore della storia tempiese, è un’opera in bianco e nero, a carattere storico-fotografico con oggetto il Cimitero di Tempio Pausania. Venuto a mancare di recente dopo una lunga malattia, Michele Tamponi è noto a Tempio, oltre per la passione della fotografia amatoriale, anche per essere stato uno dei soci fondatori dell’Associazione Cammina Limbara, particolarmente attiva dai primi anni 2000 nella valorizzazione del naturalismo e dell’escursionismo nel Monte Limbara.

Due esposizioni per A.Banda 2017 anche nel sassarese. A Thiesi si potranno apprezzare gli scatti di Davide Cioncia con “Non è un calcio per giovani“, mostra allestita nel Bar Tore Sport fino al 31 agosto. Il Bar Seunis, invece, ospiterà nei mesi di luglio e agosto il progetto fotografico di Mario Saragato “Sa petta su sambene sa molte“, raccolta di scatti e biografie (anche trilingue) relative al mondo della musica metal in Sardegna, tra cui spiccano i Memento Waltz, gruppo progressive  metal di Tempio Pausania.

A.Banda 2017 e gli associati di “La Sardegna vista da vicino” anche a Ploaghe con Antonio Leonardo Figoni e la mostra “Guardare lontano è utile, guardare vicino è indispensabile”, allestita nel ristorante-pizzeria Su Coloru fino al 30 settembre.

Olbia, incontro sull’occupazione militare al Liceo Mossa. Gli studenti: “perché bombardano ancora”?

Olbia, incontro sull’occupazione militare al Liceo Mossa. Gli studenti: “perché bombardano ancora”?

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Roghi in Sardegna, il FIU: “urgente una Commissione regionale d’Inchiesta”

Roghi: urgente una Commissione regionale d’Inchiesta

È un’estate drammatica per quanto riguarda gli incendi in Sardegna, dal nord – quasi 900 gli ettari interessati a Luras – al Sud – oltre 1.500 quelli in fumo a Villanovatulo e Sinnai, solo per citarne alcuni. Quello dei roghi – prevalentemente dolosi – è un fenomeno poco indagato nel corso degli anni che ha avuto in Sardegna andamenti altalenanti: valori più contenuti in alcuni anni, picchi in altri come nel 2007 e 2009 (oltre 12.000 ettari per anno, elaborazioni Sardinian Socio-Economics Observatory su dati EUROSTAT). Oltre ai casi specifici come quello di Luras, riteniamo doveroso chiarire alcuni aspetti generali sui roghi.

Si è da più parti parlato, a ragione, di prevenzione, di sensibilizzazione – riteniamo specialmente nelle scuole – e di maggiori investimenti in mezzi e persone. Elementi certo condivisibili ma non sufficienti a – se non far scomparire – ridurre drasticamente il numero di ettari in fumo ogni anno. Il fenomeno roghi è ormai, pur con una certa variabilità, un elemento strutturale e come tale va considerato: questo significa prima di tutto indagare approfonditamente il fenomeno in esame.

La situazione è molto complessa, dalla prevenzione, allo spegnimento e alle bonifiche. Nel caso di Luras, per esempio, è doveroso richiamare l’attenzione su un problema che non ha toccato la maggior parte degli altri roghi nella Nazione: lo spegnimento con milioni di litri di acqua marina raccolta per due giorni dalla costa di Arzachena. Un danno enorme per il territorio che ripropone in chiave antincendio la più ampia emergenza idrica in un territorio nel quale, spesso, vediamo svuotare i laghetti antincendio (vedi Limbara), dove la Diga di Lu Pagghjolu sversa milioni di metri cubi verso la zona costiera per ottemperare a siccità e maggior carico turistico e la Diga del Liscia presenta livelli minimi e spesso al di sotto del limite di guardia.

Ribadiamo, dunque, la necessità di studiare approfonditamente il fenomeno, su tutto il territorio nazionale e far luce su qualsiasi tipo di conflitto di interesse e opportunismo che favoriscano i roghi, in quanto ne concretizzano i relativi interessi sottostanti. Che vi siano forti interessi economici sui roghi è pressoché opinione unanime, ma è necessario circostanziare l’interesse che muove la mano del “piromane”. Tra l’altro, nell’immaginario collettivo, purtroppo, troppo spesso il “piromane” ha un inquadramento da profilo psichiatrico. Insomma, si tende con poca lucidità a non avere uno sguardo d’insieme, nonostante appaia evidente un interesse esteso e capillare, con un micidiale coordinamento nella macchina dei roghi che ogni estate si mette in moto. Insomma, i mandanti e chi veramente lucra sui roghi, dal loro spegnimento, dagli incentivi antincendio, all’utilizzo successivo del territorio interessato, sono persone tutt’altro che scoordinate e irrazionali. Questo è urgente appurare, secondo il vecchio adagio che raccomanda di “seguire i soldi”.

Indubbio, poi, che il sistema antincendio vada riorganizzato e l’opportunismo stroncato alla radice. Difatti, come indipendentisti già a fine 2013 nel nostro programma avevamo dedicato una parte apposita alla questione roghi dove si chiedeva il “potenziamento dell’apparato antincendio mediante l’acquisto (e non l’affitto costosissimo) da parte della RAS di aerei Canadair ed elitancker”.

Abbiamo appreso lungo il mese di luglio come l’estrema destra italiana, nella persona di Giorgia Meloni, abbia invocato con la solita retorica forcaiola e massima superficialità la “certezza della pena” (per attribuire una pena occorre un processo e per un processo occorre un imputato) nonchè “pene esemplari”, posizioni anticipate anche da una parte dell’indipendentismo e riprese in seguito anche da La Destra di Storace. Riteniamo strumentale, inefficace e molto pericolosa tale impostazione incentrata sul deterrente penale. Oltretutto, nel 2014, ad esempio, lo stesso partito italiano “Fratelli d’Italia” chiedeva per le aree colpite dai roghi unicamente denari e l’istituzione addirittura dello “stato di calamità naturale” in modo che i primi affluissero più velocemente e in modo consistente.

Questo implica per chi ha un minimo di conoscenza della lingua italiana il fatto che si stava implicitamente escludendo l’aspetto doloso, riconducendo i roghi al caso, al fato, all’incidente e alla successiva pioggia di denari pubblici per ristorare il danno. Oggi è molto più comodo invocare “il Governo affinché faccia chiarezza sulle responsabilità e agisca rapidamente con il pugno di ferro”, nonostante gli stessi partiti italiani non avessero molto a che dire quando nel 2009 si raggiungeva il massimo livello di ettari in fumo.

Sul versante prevenzione, riteniamo si debbano distinguere due forme di prevenzione. La prima vera e propria prevenzione, al di là della questione educativa e di sensibilizzazione, è quella di estirpare cattive pratiche come discariche abusive e abbandono di rifiuti in genere, con le autorità competenti che, inoltre, spesso latitano sul fronte delle normali prescrizioni antincendio. Chi si occupa di roghi e tutela del territorio sa bene che molti roghi totalizzano centinaia di ettari in fumo proprio perché nel triste tragitto in boschi, campagne e cigli delle strade vengono incendiati cumuli di rifiuti di ogni genere. Storicamente, ad esempio, questa è una delle cause che alimentarono in modo determinante il feroce incendio di Curragghja a Tempio nel 1983. Oltre a questo segnaliamo, a livello generale, come un terzo dei Comuni sardi non sia dotato di un piano antincendio.

Il Fronte Indipendentista Unidu ritiene, innanzitutto, superficiale l’atteggiamento della Giunta Pigliaru che con decine di roghi e migliaia di ettari in fumo si pronuncia limitandosi a bearsi dell’efficienza della macchina degli interventi, annunciando nuovi finanziamenti: lo spegnimento incendi come opera di propaganda. Riteniamo, dunque, urgente che il Consiglio regionale della Sardegna si impegni senza indugi e si assuma le responsabilità del caso. Se è vero che tutti hanno a cuore scardinare la rete degli interessi incendiari che tiene sotto scacco la Sardegna, allora il Consiglio tutto deve istituire senza indugi una Commissione di Inchiesta sui roghi in Sardegna.

Tale Commissione ha un enorme valore tecnico e politico. Tecnico perché può raccogliere ed elaborare una serie di dati e informazioni da varie fonti per ricostruire con precisione “il mondo dei roghi”. Politico perché nel caso non proceda efficacemente, o peggio si verifichino tergiversamenti od ostruzionismi di vario genere, questa sarà una grande responsabilità che i componenti della Commissione si assumeranno di fronte a tutto il Popolo sardo, responsabilità che certamente non mancheremo di attaccare in qualsiasi modo.

Azione antifascista. CasaPound strumentalizza il Popolo sardo per alimentare xenofobia

FIU

Il PD odia i sardi. SÌ, ma CasaPound lo stesso!

CasaPound attacca goffamente il Partito Democratico alla giunta regionale sarda, e si ricorda che esistono i sardi, ma solo quando i sardi sono una categoria che fa comodo per alimentare xenofobia e guerra fra poveri. Il PD pare voler trovare soluzioni lavorative per gli immigrati al fine di evitare lo spopolamento dell’isola, e i fascisti urlano alla sostituzione etnica della Sardegna.

Non abbiamo come obiettivo la difesa dell’operato del Partito Democratico, e con questo comunicato vogliamo mettere in guardia il popolo sardo dalla strumentalizzazione a cui sta venendo sottoposto ad opera di CasaPound.

Tanti indipendentisti sardi hanno in precedenza svolto un lavoro politico sul territorio, tale da permettere al nostro popolo di ricomparire nel lessico legato alla vita politica quotidiana della nostra isola, al punto che nemmeno i fascisti italiani (e italiani di Sardegna) possono fare a meno di riconoscere la nostra identità collettiva.

Facciamo nostre le politiche per evitare lo spopolamento e l’impoverimento economico, ambientale e culturale della Sardegna. La ricerca del benessere collettivo non è e non può essere in inevitabile contrapposizione all’accoglienza e all’abilitazione al lavoro delle migliaia di persone che sono costrette ad emigrare da scenari di fame e di guerra e che si imbattono nella nostra isola.

Non è nè etico e nè onesto considerare l’inclusione di nuove persone non-autoctone come un tentativo di sostituzione etnica, e men che meno se tenessimo a mente che, dal periodo savoiardo in poi, l’Italia ha sempre provveduto a colonizzare la nostra terra, a favorire più o meno volontariamente l’emigrazione dei sardi, a innestare popolazione italiana in maniera forzata in enclavi costruite a tavolino su diversi punti della Sardegna, sia con l’intento di portare nella “periferia italiana” nuove competenze tecniche utili alla penisola e sia con l’intento di accelerare l’italianizzazione civilizzatrice e dei “sardignoli”.

Vogliamo ricordare, da sardi e antifascisti, che anche CasaPound odia i sardi: come da copione secondo la vulgata italianista, noi abitanti di quest’isola continueremo ad essere un popolo che ha fondato l’Italia pur continuando ad essere una folla di mezzi italiani a cui manca sempre qualcosa (intelligenza, unità, volontà politica, altezza, grazia, e via dicendo), a cui attribuire alternatamente un’identità di invenzione risorgimentale o turistica e caratteristiche di tipo sociologico (ma perfino frenologico) in maniera spudoratamente fiabesca e mistificatoria. La retorica fascista e quella unionista, hanno molto in comune, e le rifiutiamo entrambe.

Se CasaPound ha cominciato a menzionare i “sardi”, è solo perchè questo è funzionale all’odio viscerale che ha verso gli immigrati e tenta di giocare la carta della sardità contro un altro partito italiano.

Anche CasaPound, come il Partito Democratico, odia i sardi.

Colonialismo. La comunità sommersa di Pavel Stanj (di Andrìa Pili)

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Colonialismo. La comunità sommersa di Pavel Stanj (di Andrìa Pili)

Su 978 processi condotti dal Tribunale Speciale fascista negli anni 1927-1943, 131 furono condotti contro 544 imputati appartenenti alle minoranze slovena e croata. Su un totale di 4.596 condanne pronunciate, 476 furono comminate a Sloveni e Croati. Su 27.727 anni di carcere sentenziati, 4.893 furono inflitti a queste due comunità. E infine, su 42 condanne a morte, 33 furono emesse contro Sloveni e Croati. Negli anni 1930-1942 caddero davanti ai plotoni di esecuzione fascisti 19 Sloveni, dieci di essi prima dell’inizio della vera lotta armata*

Recentemente, anche in vista di un prossimo convegno da organizzare in facoltà con Scida, sto approfondendo la questione slovena in Italia. Leggendo questo passaggio- da un libro dello storico sloveno di cittadinanza italiana Pavel Stranj– ho anche riflettuto sulla celebrazione istituzionale del 25 aprile 1945 e sulla narrazione dell’antifascismo italiano nelle scuole e nei mezzi di comunicazione. Come sempre ad emergere è l’idea di una nazione italiana monolitica da cui discende conseguentemente un antifascismo ed una Resistenza al nazifascismo- pure nella varietà ideologica- come lotta di liberazione di questa nazione, mettendo tra parentesi i differenti effetti che il regime fascista ha avuto in comunità diverse da quella italica -come è il caso delle comunità slave come della Sardegna- esasperando l’oppressione politica, economica, sociale e culturale già propria dello Stato italiano in quanto tale. Nel caso della Slovenia ciò diede origine ad un movimento di liberazione nazionale, una Resistenza antifascista durante il Ventennio, prima dell’occupazione fascista della Iugoslavia e non marginale nella generale opposizione a questo regime.

In Sardegna non diede vita a qualcosa del genere ma è evidente come il regime fascista abbia avuto degli effetti specifici nella nostra isola, sia esasperando caratteri già presenti nel nostro rapporto con lo Stato sia ponendo una pietra tombale su un processo di autodeterminazione avviato dal Partito Sardo d’Azione (dopo la seconda guerra mondiale il PSdAz avrà una base sociale completamente diversa da quella avuta tra 1919 e 1926, che ne aveva fatto il maggiore partito antifascista nell’isola, annullando il suo carattere ostile alla classe dirigente sarda). Effetti che paghiamo ancora oggi. Per questo sarebbe necessaria una riflessione seria e non chiusa alla ricerca universitaria, agli intellettuali e ai singoli interessati. Una giornata sarda dell’antifascismo potrebbe essere un’occasione per farlo, in attesa di un’istruzione che fornisca ad ogni sardo le basi per la conoscenza della propria storia nazionale.

Andrìa Pili

*La comunità sommersa. Gli sloveni in Italia dalla A alla Z” , di Pavel Stranj, 1989

Riforma costituzionale ed inerzia regionale (di Andrìa Pili*)

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Foto: Vito Biolchini

Il governo Renzi è l’artefice di una grande riforma della Costituzione Repubblicana. Si tratta di una riforma in senso reazionario, specie per quanto riguarda il Titolo V, sulle autonomie regionali, con delle conseguenze negative anche su Regioni a Statuto Speciale come la Sardegna.

Infatti, il ddl Boschi ha abolito la potestà legislativa concorrente- inserita nella precedente riforma del 2001- riportando così allo Stato la competenza esclusiva su istruzione, Università (in precedenza non citata),  programmazione strategica della ricerca scientifica e tecnologica, “politiche attive del lavoro” (prima non citate e divenute oggetto di conflitto tra lo Stato e le Regioni), “tutela e sicurezza del lavoro” (dal 2001 era legislazione concorrente Stato e Regione). Lo Statuto Autonomo della Sardegna non prevedeva tali competenze e perciò la nostra Regione le ha assunte soltanto con la riforma delle regioni ordinarie; ad esempio, la legge 7/2007 sulla promozione della ricerca scientifica e l’innovazione tecnologica nell’isola si appella proprio all’articolo 117 della Costituzione. Insomma, la controriforma renziana colpisce duramente l’autonomia negli ambiti- lavoro ed istruzione- più importanti per combattere il disagio giovanile.

Mentre questo processo era in atto, i nostri massimi organi si sono distinti per la propria inerzia. Perché Consiglio e Giunta non si sono inseriti, non solo per conservare competenze acquisite nel 2001 ma anche per ampliare le competenze del nostro Statuto Speciale? In un momento in cui si discute con lo Stato centrale sopra una lunga serie di vertenze, questo atteggiamento mostra non solo quanto la nostra classe politica sia incapace di difendere i nostri interessi ma anche quanto il suo “scontro con lo Stato” sia in realtà una burletta. Prova di ciò anche la recente nomina a Ministro per gli Affari Regionali di Enrico Costa (NCD), nemico delle autonomie speciali.

L’assessore all’istruzione Claudia Firino ha ben rappresentato questa mancanza di reattività e di larghe vedute dell’attuale classe dirigente. Tardiva la sua reazione alla riforma della scuola e su provvedimenti lesivi del diritto allo studio (ISEE, decreto regionale sul fitto casa); emblematico il piano di ridimensionamento scolastico 2015, pianificante la chiusura di circa 40 istituti con pluriclassi; un atto di accompagnamento alla legge Gelmini, anziché l’elaborazione di un progetto formativo per i docenti operanti in queste realtà. Il progetto Iscol@ è stato presentato come progetto di “nuova scuola”, di “cambiamento profondo” che contrasterà la dispersione scolastica. Non mancano le cose positive (edilizia, nuove tecnologie, potenziamento della matematica) ma è assente è un progetto educativo di costruzione di una Sardegna nuova. Impossibile fare ciò senza poter intervenire in modo sovrano sulla didattica e senza un progetto per la lingua sarda, che sia utilizzata come lingua veicolare normalmente e non più con progetti a discrezione dei genitori, spesso non informati adeguatamente su tale opportunità.

Lo studio sociolinguistico più recente ha rivelato come il 61.5% dei ragazzi ed il 45.8% delle ragazze tra 15 e 24 anni parli il sardo; la dispersione scolastica può essere collegata anche all’impossibilità per i ragazzi sardofoni di poter ricevere una formazione nella propria prima lingua e di potersi esprimere in essa. Inoltre, i dati del master and back ci dicono qualcosa sull’alta formazione; infatti, non solo la maggioranza dei sardi formatisi all’estero con questo progetto non fa rientro nell’isola ma chi rimane in essa ha meno probabilità di trovare lavoro nel lungo periodo. Perciò, oltre ad un ambiente sviluppato e pronto ad assorbire le intelligenze, serve anche una formazione volta alla conoscenza ed all’applicazione delle competenze acquisite nella propria terra.

Riguardo la marginalizzazione delle Università sarde, la Firino si è espressa guardando a questa quasi come ad un’incomprensione del governo centrale riguardo i nostri problemi. Manca del tutto, dunque, la coscienza di uno scontro e della necessità di combattere per la potestà legislativa sarda in materia di istruzione. Una politica sovrana in materia d’istruzione e lavoro potrebbe considerare la lingua sarda come una risorsa: il 68.4% dei sardi parlerebbe in sardo mentre la percentuale salirebbe sino al 97% prendendo in considerazione anche chi, pur non parlando in sardo, è in grado di comprenderlo. Da qui sorge il diritto democratico di ogni cittadino a ricevere una formazione in sardo ed a pretendere l’obbligo della sua conoscenza in tutti i luoghi pubblici (posti di lavoro). Ciò avrebbe migliorato la condizione dei nostri docenti, ponendoli al riparo dal rischio emigrazione ed avrebbe impedito l’assegnazione di posti, nell’isola, a docenti privi di conoscenze specifiche riguardo la nostra isola.

Non mancano gli esempi esteri di politiche sovrane- o di importanti conquiste di competenze condivise- su lavoro ed istruzione entro altri Stati plurinazionali. Lo Scotland Act (1997) ha reso la Scozia sovrana in materia d’istruzione, consentendole di garantire un sistema d’istruzione pubblico. La Catalogna ha la competenza esclusiva sulla programmazione ed il coordinamento del sistema universitario, l’approvazione degli statuti degli atenei pubblici, la formazione dei docenti e competenza condivisa su valutazione e garanzia della qualità dell’insegnamento universitario; inoltre, il catalano è la lingua da utilizzare per l’apprendimento scolastico.

Entro il dominio francese, la Nuova Caledonia con gli accordi di Noumea del 1998 ha ottenuto lo statuto di cittadinanza per i propri abitanti, con l’obiettivo esplicito di proteggere l’impiego locale; inoltre, con la legge 99-209 del 1999 ha ottenuto la competenza nell’insegnamento primario, secondario e superiore oltre che nel diritto sindacale e del lavoro. La Corsica, con la legge 92/2002 ha ottenuto l’insegnamento della lingua corsa nella scuola primaria ed elementare. Si potrebbero citare tanti altri casi, anche in  Italia, specialmente per quanto riguarda l’insegnamento linguistico per le minoranze nella provincia di Bolzano, Valle d’Aosta e Friuli citate esplicitamente nella legge 107/2015 sulla Buona Scuola per proteggerle dalle norme di ripartizione e assunzione dell’organico dei docenti nel resto dello Stato.

Cosa ci differenzia da queste esperienze? La debolezza della nostra coscienza nazionale e del nostro  sardismo politico. La classe dirigente sarda attuale è incapace, contraria e disincentivata a pensare in modo autonomo dall’Italia la condizione giovanile e le politiche su lavoro ed istruzione.  Ad aggravare la situazione è l’idea reazionaria che la questione sarda debba essere oggetto esclusivo di una discussione e contrattazione tutta interna alle élite statali e sarde; solo un forte movimento popolare può  ottenere una revisione del rapporto tra la Sardegna e lo Stato italiano, essenziale per pensare a qualsiasi miglioramento.

*Pubblicato originariamente per Il Manifesto Sardo:

http://www.manifestosardo.org/riforma-costituzionale-ed-inerzia-regionale/

Salvini in Saldigna. Il FIU: “nessuna agibilità ai fascio-leghisti”

no salvini

Il Fronte Indipendentista Unidu invita tutti gli indipendentisti a partecipare alle mobilitazioni per impedire a Salvini di parlare, che si svolgeranno a Cagliari e ad Alghero giovedì 11 febbraio.

Salvini e il suo portato di razzismo e fascismo non sono i benvenuti nella nostra terra, anche perché i sardi sanno bene cosa significhi essere vittime del pregiudizio e del razzismo, perfino di quello istituzionale, come il caso del procuratore di Cagliari ha recentemente dimostrato.

Un milione di sardi sono attualmente emigrati per ragioni economiche e quindi i sardi sanno bene cosa significhi abbandonare la propria terra in cerca di un futuro migliore e non possiamo prestare il fianco a chi alimenta la cultura dell’odio verso i migranti.

Non accettiamo che la nostra terra sia teatro di propaganda razzista e fascista e non accettiamo che gente come Salvini venga ad insegnarci come mantenere i rapporti con le altre culture e gli altri popoli, cosa che facciamo da millenni con successo.

I veri invasori non sono i migranti, bensì i partiti italiani di cui Salvini è degno rappresentante essendo stato al governo in coalizione con la destra italiana dando il via libera al saccheggio e alla distruzione della nostra terra. Mobilitiamoci per respingere colonialisti, razzisti e fascisti e per costruire un vasto movimento popolare per l’indipendenza, solidarietà sociale e la pace fra i popoli!