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Salvini in Saldigna. Il FIU: “nessuna agibilità ai fascio-leghisti”

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Il Fronte Indipendentista Unidu invita tutti gli indipendentisti a partecipare alle mobilitazioni per impedire a Salvini di parlare, che si svolgeranno a Cagliari e ad Alghero giovedì 11 febbraio.

Salvini e il suo portato di razzismo e fascismo non sono i benvenuti nella nostra terra, anche perché i sardi sanno bene cosa significhi essere vittime del pregiudizio e del razzismo, perfino di quello istituzionale, come il caso del procuratore di Cagliari ha recentemente dimostrato.

Un milione di sardi sono attualmente emigrati per ragioni economiche e quindi i sardi sanno bene cosa significhi abbandonare la propria terra in cerca di un futuro migliore e non possiamo prestare il fianco a chi alimenta la cultura dell’odio verso i migranti.

Non accettiamo che la nostra terra sia teatro di propaganda razzista e fascista e non accettiamo che gente come Salvini venga ad insegnarci come mantenere i rapporti con le altre culture e gli altri popoli, cosa che facciamo da millenni con successo.

I veri invasori non sono i migranti, bensì i partiti italiani di cui Salvini è degno rappresentante essendo stato al governo in coalizione con la destra italiana dando il via libera al saccheggio e alla distruzione della nostra terra. Mobilitiamoci per respingere colonialisti, razzisti e fascisti e per costruire un vasto movimento popolare per l’indipendenza, solidarietà sociale e la pace fra i popoli!

Cagliari. Salvini, Fascismo e minacce: solidarietà del FIU a Francesca Mulas

salvini cagliariIl Fronte Indipendentista Unidu esprime piena solidarietà alla giornalista Francesca Mulas, ennesima vittima di minacce fasciste e insulti maschilisti. La sua “colpa” è aver scritto un articolo di cronaca (“Neofascisti sardi schierati con la Lega”) all’indomani del sit-in leghista a Cagliari nell’ambito del tour promozionale nel Sud Italia. Articolo che mette in guardia sulla possibilità di una radicalizzazione di movimenti fascisti in Sardigna, di chiara matrice fascista ed italiana. La Lega si è presentata a Cagliari, in Sardigna, con la mira di attrarre a sè quelle parti della nostra società che si trovano sempre più allo sbando, e cercano in un qualche modo di convogliare la loro rabbia, la condizione sociale da cui da sempre pescano la reazione e i razzismi in genere.

La Sardegna non è Italia, per cui respingiamo al mittente le strumentalizzazioni che, nel fascismo o antifascismo, cercano di ricondurre la lotta di liberazione nazionale sarda sulla via italica e, ancora peggio, sulla via dell’odio razziale, del riverniciamento leghista, sulle felpe becere, sull’islamofobia dilagante, sul maschilismo e sull’odio al laicismo. La reazione e i rigurgiti sciovinisti italiani, il maschilismo, l’ignoranza, si propagano a vista d’occhio, aizzando così nuove faide sociali. Noi indipendentisti non permetteremo che le condizioni di impoverimento alle quali è sottoposta la nostra Nazione vengano viscidamente utilizzate e cavalcate per distogliere l’attenzione di un Popolo dalle dinamiche coloniali che ogni giorno rendono il Popolo stesso più vulnerabile e attaccabile dai vecchi e nuovi fascisti. Non intendiamo affermare che sia solo folclorismo, non sottovalutiamo e per questo denunciamo queste derive sociali come pienamente organiche al mantenimento del nostro popolo in condizioni di sottosviluppo. In Sardigna, però, questa contraddizione e questa situazione di disperazione sociale hanno un nome preciso: Stato italiano e il suo nuovo assetto renziano, di cui Lega e Salvini sono perfettamente organici in ottica di interessi nazionali italiani; d’altronde, il fascismo italiano si caratterizza per il suo corporativismo e lo spauracchio leghista è funzionale ad attrarre quanto più consenso verso le “nuove” politiche neocentraliste, economicamente quanto istituzionalmente. Il nostro Popolo, i nostri territori, la nostra Nazione, si trovano in queste condizioni per l’opera sistematica di rapina e disarticolazione sociale messa in atto dalla colonizzazione italiana. La presenza della Lega, quindi, è da segnalare a piu livelli: come partito razzista e fascistoide, e diversamente non potrebbe essere, ma anche come l’ennesimo partito/movimento italiano che sbarca in Sardigna per raccogliere il malcontento e organizzarlo in nome dello stesso carceriere che ci tiene in manette: lo Stato italiano.

‘Roma nun fa la stupida’… (di Marco Piccinelli).

Dal Nuovo Centrodestra alla Lega Nord: Marco Pomarici, voce storica della destra romana in quota Forza Italia da sempre, poi passato al Ncd di Angelino Alfano in seguito allo strappo con l’ex Cavaliere del lavoro, approva al lido di Matteo Salvini.

Matteo anche lui, ma segretario federale di un partito che, da mesi, sta attuando delle ‘prove tecniche di Lepenismo’ in Italia. Il tutto condito da un po’ di leghismo storico e qualche qualunquismo. Ma Pomarici, consigliere Capitolino e neo eletto nell’Assemblea Metropolitana di Roma, non è il solo a approdare alla Lega Nord di Salvini, con lui ci sarebbero: Luca Aubert e Simona Baldassarre – consiglieri del Municipio Roma I-Centro Storico -; Daniele Giannini, Raimondo Fabbri e Maria Gemma Di Trocchio, consiglieri del XIII Municipio Roma Aurelio.

A questo si aggiunge anche il consigliere, anch’egli Ncd, del municipio VI (ex VIII – Roma delle Torri) Massimiliano Lorenzotti. Quest’ultimo già presidente del municipio in quota Popolo della Libertà, detiene un record di assenze invidiabile: sia quando era presidente, sia ora da consigliere.
I sette, dunque, andranno a costituire quei gruppi consiliari che si andranno a chiamare Lega dei Popoli, così come scritto dallo stesso on. Pomarici su Facebook a seguito della separazione dal Ncd: «Da oggi, Amici, siamo con Matteo Salvini, unico vero leader del centro-destra italiano. Dobbiamo essere in tanti per difendere i nostri principi ed i nostri valori. Da ora in poi dovremo di nuovo scendere in strada (come d’altronde abbiamo sempre fatto) per far conoscere sempre di più il progetto della Lega dei Popoli con Salvini». La Roma-pro-Salvini pare stia prendendo piede e su Facebook nasce la pagina Roma con Salvini.

Ormai lontani, persi nella notte dei tempi i mantra leghisti-celhoduristi come Roma Ladrona o i cori di una remota Pontida del 2009 alzati dallo stesso segretario di oggi contro i napoletani. Napoletani che, a detta del coro, avrebbero emesso olezzi naturali causa del loro appartenere alla linea ideale di demarcazione tra Nord e mezzogiorno d’Italia.

Roma e Marine Le Pen, due orientamenti neo leghisti – verrebbe da dire – che stringono accordi elettorali con Casa Pound, Forza Nuova e la galassia neofascista romana per la classica battaglia delle preferenze alle europee; Roma e Le Pen – padre – che venivano sonoramente bollati come ‘fascisti’.

lega lombardaMa dalla Lega Lombarda nei primi anni ’90. Erano pur sempre altri tempiLa memoria storica si perde nel corso di generazioni e, se essa non viene rinfrescata, succede che essa venga tradotta, ad uso di chi ne tira i fili come le Parche: ecco, dunque, che la Lega diventa lepenista e punta alla creazione di un polo con altre destre, notoriamente ostili ai cosiddetti centrodestra che nel tempo si sono succeduti.

Capita, quindi, che Borghezio scenda a Roma per protestare contro l’invasione dei clandestini e venga pure fischiato una volta, a Tor Pignattara (Municipio V – ex VI&VII), uno dei quartieri con più alta densità di migranti della Capitale dopo Piazza Vittorio. Ma una seconda volta venga anche accolto: a Corcolle, dove l’intolleranza – recentemente – s’è materializzata in aggressioni.

Inizia solo ora, dunque, lo sconfinamento extraPadano della LegaNord/Lega dei Popoli.

Indipendentismo è una parola pesante: il caso Veneto

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L’arresto dei 24 “eversivi” veneti sta incendiando il dibattito politico, con dichiarazioni e prese di posizione a dir spesso ambigue e approssimative. Le ennesime accuse di terrorismo da parte dello Stato italiano ad un insieme di personaggi piuttosto eterogeneo merita attenzione ed un discorso più approfondito.

La politica interna dello Stato italiano nell’ultimo decennio si è contraddistinta per aver visto l’etichetta di eversore o terrorista un po’ ovunque, come dimostra la durissima repressione subita dalla sinistra indipendentista in Sardegna negli anni 2000 e le accuse a suon di 270 e 270-bis su cui sono stati costruiti castelli accusatori privi di ogni ragione. O come dimostrano altre lotte sul territorio in svariate parti dell’Italia, dove si reprimono migliaia di attivisti che si difendono da speculazione e sfruttamento.

La presenza di una forte componente neofascista nella vita politica del Veneto non è una novità. Storicamente basti pensare ai collegamenti tra cellule neo-naziste veronesi e i servizi dello stesso Stato italiano che, dal canto suo, nei decenni scorsi ve(de)va ed utilizzava di buon grado il rigurgito nazifascista “come argine ad un’avanzata comunista”.

Ciò che oggi più occorre è fare chiarezza sul concetto di indipendentismo, considerando che tra le varie componenti indipendentiste venete esistono formazioni politiche riferibili ad un’area di sinistra, come il caso di SANCA, Sinistra Indipendentista Veneta o Unità Popolare Veneta.

Quindi il punto non è indipendenza: “sì o no”. Il punto è: indipendenza sì, ma come? In direzione di cosa? Generalmente un’opera di emancipazione sociale ha terreno fertile in un’area di sinistra in quanto la dominazione di uno Stato su una Nazione senza Stato, la colonizzazione, avviene attraverso meccanismi di sfruttamento capitalista e lo sfruttamento capitalista dispiega al meglio le proprie forze all’interno di una società fortemente corporativista.

La questione veneta si sta prestando ad una miriade di strumentalizzazioni e inesattezze. Le più comuni riguardano il recente referendum, basato sulla proposta di legge 342 del 2013 per l’indizione della consultazione la cui base giuridica principale è la Legge n. 340, del 1971. L’articolo 2 riconosce esplicitamente il diritto all’autogoverno del popolo veneto che “si attua in forme rispondenti alle caratteristiche e tradizioni della sua storia”.

Ritengo che l”indipendenza non sia un fatto casuale o un mero proclama, bensì l’affermazione di una posizione politica. La sua dichiarazione è il mezzo attraverso il quale un processo di emancipazione sociale riceve nuovo impulso – in modo da proseguire un’azione politica preparatoria e di visione per il raggiungimento dell’indipendenza –  e al contempo proattiva per il modello di società che attraverso l’indipendenza si vuole costruire, o meglio completare in quanto si è già inciso nella maturazione politica e sociale che alla dichiarazione stessa hanno condotto. L’indipendenza non è un evento deterministico, sarebbe troppo facile. L’indipendenza è un processo politico, con le sue ambiguità e i suoi tempi.

Di conseguenza, data la scarsità di informazioni, è necessario partire da posizioni politiche certe. Chi ha promosso, in sostanza, questo progetto di legge 342? L’importanza è cruciale anche alla luce dei trascorsi referendari per il popolo veneto. Nel 1866 il referendum riguardava la cessione del Veneto, dalla Francia al Regno d’Italia, da parte di Napoleone III. In seguito alle pressioni da parte dei Savoia affinché il Veneto fosse annesso, la regione fu controllata de facto ancor prima che si rispettasse la clausola napoleonica di consultazione delle popolazioni. La bontà di questo passaggio, cruciale nella storia veneta, porta con se molti dubbi, ad iniziare dai numeri: 646.789 sì; 69 no. Varie fonti obiettano un plebiscito organizzato con le truppe del Regno d’Italia già in pieno controllo delle fortezze militari e del Veneto tutto.

Concluso questo cenno storico, si nota come l’elenco dei “proponenti” del referendum odierno sia piuttosto nutrito: 16 consiglieri regionali su 60. Hanno sottoscritto la 342: Valdegamberi, Sandri, Corazzari, Caner, Cappon, Fineo, Furlanetto, Lazzarini, Possamai, Toscani, Ciambetti, Finozzi, Manzato, Tosato, Baggio e Conte. Finozzi e Manzato sono anche assessori regionali, rispettivamente, al Turismo e Commercio Estero e all’Agricoltura. Quasi tutti i firmatari fanno parte della Lega Nord, ad eccezione di Valdemberghi (UDC). Di fatto 15/20 del “consiglio leghista” hanno firmato a favore dell’indizione del referendum.

La Lega Nord, semplicemente, può essere annoverata tra partiti di stampo xenofobo e reazionario ma difficilmente può essere considerato un partito secessionista e tanto meno indipendentista. L’ultimo ventennio ha fornito sufficienti prove per cui non è il caso di dilungarsi sull’analizzare il “fenomeno Lega”.

Insomma, dal recente referendum non emerge alcun nuovo progetto politico, nessun exploit di formazioni minoritarie che si sono fatte strada forti della maturazione di un progetto politico territorio per territorio. Nulla di tutto ciò.

L’impressione è che nell’area indipendentista veneta la situazione sia ancora più intricata rispetto a quella sarda nella quale milito. La citata SANCA, ad esempio, esprime solidarietà a tutti gli arrestati, ma in particolare Franco Rocchetta, ex-Liga (una delle sei formazioni politiche dalle quali negli anni’ 80 nacque la Lega) e Riccardo Lovato, di Unità Popolare Veneta, organizzazione politica che ha l’obiettivo di creare una sintesi tra ideali socialisti, lotta per l’autodeterminazione dei territori veneti e difesa dell’identità nazionale del popolo veneto.

Da un certo punto di vista, si percepisce la malcelata intenzione di gettare discredito verso il concetto di indipendenza in sé; la popolazione si nutre di un’informazione che fa pane quotidiano del sensazionalismo e dello scarso approfondimento. Lo sciovinismo italiano ammorba ogni rivolo dell’informazione, dell’approfondimento politico e dell’istruzione, dagli asili alle università, svuotando di significato – e quindi appiattendo il dibattito conseguente – i concetti di autodeterminazione e indipendenza. A questo si aggiunge un voto clientelare diffuso in ogni ramo della pubblica amministrazione e del mercato del lavoro privato. A proposito di folklore e referendum, anche in Sardegna recentemente si è avuta una chiamata in 2.0 da parte del PSD’Az, da legislature oramai accodato a FI, Fratelli d’Italia, UDC e altri minori; più in generale, la tendenza è quella al travestimento di indipendentismo in periodo elettorale, in modo da tamponare l’emorragia di consensi per formazioni politiche italiane.

Quante volte si è imbonita la popolazione con la versione che vede gli indipendentisti, ancorché di destra o sinistra, soffiare sulle braci della crisi con finalità eversive e violente? La riattualizzazione del consenso in aree sotto la giurisdizione italiana avviene con questo meccanismo, ma al contrario; data la crisi e la disperazione, complice la disinformazione dilagante, personaggi già noti possono ammantarsi di “ideali indipendentisti” ripresentandosi in salsa identitaria. Per questo è bene ricordare che il Veneto sarà chiamato al voto regionale nella primavera del 2015.

Tornando al referendum, la 342 impone esplicitamente le operazioni di voto il giorno domenica 6 ottobre 2013 dalle ore 7.00 alle ore 22.00 con lo spoglio alla chiusura delle urne e la successiva comunicazione dei risultati all’ufficio competente della Corte d’Appello di Venezia.

Quanto è politicamente opportuno che tramite un voto on-line si possa procedere a dichiarare l’indipendenza di una Nazione? L’indipendenza di un popolo e la sua autodeterminazione rappresentano un processo socioeconomico che attraversa alcune fasi cruciali come, appunto, la proclamazione. Questo risulta essere un momento complesso e delicato, storicamente legato a circostanze rivoluzionarie; per non considerare poi la manovrabilità e la poca trasparenza relativa ai “milioni di votanti”: non si ha un numero ufficiale e varie fonti parlano di un numero di votanti compreso tra 100 e 200.000.

I politici del 2.0, forse, dovranno ricredersi sul reale campo di utilizzo di uno strumento come la rete, oramai assimilata demagogicamente ad un fine ultimo piuttosto che strumento complementare di attività politica sul territorio. Oltretutto, la 342 non prevede alcun voto on-line, a differenza di quanto accaduto con il referendum dal quesito: “Vuoi che il Veneto diventi una Repubblica indipendente e sovrana? Si o no?”

A complicare una vicenda quanto meno contorta si aggiunge il Corriere del Veneto che ha sollevato in un recente articolo più d’una perplessità.  “Il sito corrispondente all’indirizzo 54.83.13.17 registrato da Gianluca Busato a Klapparstigur 101 Reykjavik (Islanda) e con webserver ad Ashburn in Virginia, presso la società Amazon Technologies, registra nella settimana del referendum tra le 25 e le 30 mila visite al giorno, dato che supera di poco le centomila visite totali riferite dagli altri due contatori” – scrive Alessio Antonini.

In un modo o nell’altro, la Lega e le sue ambiguità si trovano nuovamente al centro di equilibri politici italiani, come altrettanto ambigua è la figura di Busato, l’ex Lega Nord che nell’ultimo decennio ha dato vita a svariate organizzazioni politiche.

In queste acque torbide allo Stato italiano non manca il pugno duro verso le istanze indipendentiste in Italia e in Europa, con il Prefetto Carlo De Stefano, presidente della Fondazione ICSA (Intelligence Culture and Strategic Analysis) che addirittura chiede mappature e controlli con modalità nuove, un po’ come ai tempi del defunto Manganelli che in Parlamento parlava di avanzante insurrezionalismo e Pisanu con il suo teorema sull’eversione sarda.

Di nuovo, per l’ennesima volta, al di là della struttura di un progetto politico, delle sue posizioni, degli obiettivi a breve e lungo termine, lo Stato italiano ottiene un gran risultato: far coincidere nell’immaginario collettivo “indipendentismo” con “folclore” o, all’opposto, con “terrorismo”. In ogni caso, da evitare.

Non sarebbe la prima volta.