Archivi categoria: cronaca

Tempio, emergenza nel canile comunale di Padulu. L’ennesima malagestione del patrimonio pubblico?

Tempio, emergenza nel canile comunale di Padulu. L’ennesima malagestione del patrimonio pubblico?

Lo scorso gennaio alcune volontarie tempiesi impegnate nel contrasto al randagismo avevano denunciato una situazione a dir poco critica nel canile comunale di Padulu in funzione concretamente da poco più di un anno (dicembre 2023). Il nome pubblico è “La casa di Morgana” mentre formalmente l’azienda affidataria è la International Group Service (IGS) con sede a Viterbo. La IGS gestisce anche il canile comunale del Comune di Montefiascone.

Polemiche furibonde accompagnate da un silenzio tombale da parte del gestore laziale. La difesa dalle denunce di sovraffollamento, carente cura sanitaria dei cani, reticenza all’adozione e molto altro venne sostenuta nei social e a mezzo stampa soprattutto da due giovani dipendenti galluresi che si esposero in prima persona. Sono trascorsi solo pochi mesi ed è notizia di ieri il grido di aiuto degli stessi dipendenti abbandonati al proprio destino insieme a decine di cani accuditi nelle proprie case. I giovani denunciano pubblicamente la “fuga” dell’azienda, stipendi arretrati e una situazione praticamente al collasso. Insomma, dopo anni di attese e aspettative la gestione appena iniziata è già precipitata.

Nel 2019 avevo scritto un breve articolo per dare evidenza dell’avviso esplorativo pubblicato dal Comune di Tempio riguardo le due strutture, canile rifugio e canile sanitario, che si trovano lungo la SS 133 Tempio-Palau in Località Padulu. La delibera di Giunta n. 62 del 18 aprile aveva infatti previsto un’indagine conoscitiva sul mercato. Al tempo era recentissima la notizia del sequestro da parte della Guardia di Finanza del controverso canile Europa di Olbia al quale facevano capo numerosi comuni nel nord Sardegna, incluso quello di Tempio Pausania. L’ennesimo polverone sul canile olbiese, al centro di indagini e processi per oltre vent’anni, imponeva di accelerare i tempi per concludere e avviare definitivamente a gestione l’agognato canile tempiese, anche in ottica di associazionismo comunale.

Molti sicuramente lo ricorderanno ma è bene precisare che il canile di Padulu ha dietro di sé una storia ben più lunga e tortuosa. Il progetto di completamento del canile sanitario (esistente dai primi anni 2000) con la costruzione in aggiunta di un canile rifugio risale a ben sedici anni fa. A maggio 2009 venne indetta la gara a procedura aperta per l’incarico di progettazione e direzione lavori. Passeranno pochi mesi e l’incarico professionale verrà assegnato a un raggruppamento temporaneo formato da due professionisti e nel giro di poche settimane il progetto definitivo risulterà redatto e approvato dalla Giunta comunale tempiese. La nuova costruzione sarebbe dovuta ricadere in un’area non contigua ma prospicente alla struttura esistente e situata oltre il tratto della Strada Statale n. 133 Tempio – Palau.

Come prevedibile il tutto si risolse in un nulla di fatto. Dopo l’approvazione del progetto definitivo da parte della Giunta (novembre 2009) il Comune incassò i pareri negativi da parte dell’ASL di Olbia e dell’ANAS per le rispettive competenze. La soluzione progettuale risultò infatti non idonea in base al Codice della Strada e per la sicurezza sulla movimentazione di animali nelle strade statali. Di conseguenza, tutto o quasi da rifare. Fu così individuata una nuova area, logicamente confinante con la struttura già presente. L’area di proprietà privata in seguito venne acquistata dal Comune e il progetto rimodulato, finanziato ulteriormente e approvato in via definitiva solo a giugno 2016. I lavori e l’arredamento interno terminarono nel 2019 mentre l’assegnazione decennale a beneficio della citata IGS risale al 2021.

In attesa di scoprire come evolverà la situazione del canile di Padulu, viene da chiedersi se la vicenda ricalcherà casi in passato approfonditi dal sottoscritto come il disastro dell’albergo di Curadureddu o l’impietoso crack della S.E.F Tempio con soggetti poco raccomandabili che utilizzarono per quasi un anno una struttura sportiva comunale. Sostanzialmente la linea in questi casi è: “sono soggetti privati, il Comune non c’entra” per quanto gli stessi soggetti privati utilizzino, spesse volte malamente, il patrimonio pubblico per tempi più o meno lunghi. Oppure, come nel caso dello sversamento di gasolio e la successiva gestione a Lu Spinsateddu, tutto si ridurrà a “cause di forza maggiore” e poco più. Ben 5.000 litri di gasolio e centinaia di migliaia di euro di costi che furono preceduti da rassicurazioni pubbliche con un immancabile “è tutto sotto controllo”. Anche nel caso odierno del canile di Padulu tutto era, teoricamente, sotto controllo.

Non si vuole certo ridurre il pericolo per le sorti e la salute dei cani a un mero dettaglio ma, al di là dei casi specifici, la malagestione del patrimonio pubblico è quantomeno inquietante. Che sia un albergo, un campo sportivo, un canile, una ristrutturazione o un terreno inquinato, a forza di pseudo garantismo, superficialità e “lei non sa chi sono io” nessuno ne risponde legalmente e finanziariamente. Anche altre istituzioni, oltre quella comunale, dovrebbero a parere di chi scrive farsi qualche domanda in più.

Situazioni così incresciose potrebbero essere prevenute? Forse è necessario operare con maggiore oculatezza e responsabilità nei confronti delle persone e, in questo caso, anche degli animali ma per fare questo è imprescindibile essere responsabili prima di tutto verso le strutture pubbliche dal momento che queste vengono finanziate tramite il lavoro di tutti e sono destinate a soddisfare l’interesse generale. I casi di malagestione presentano alla collettività conti molto salati.

Macomer, CPR: continua la rivolta dei detenuti senza reati e senza accuse

Macomer, CPR: continua la rivolta dei detenuti senza reati e senza accuse

Si diffonde integralmente il comunicato stampa firmato da ASCE – Associazione sarda contro l’emarginazione – e la
Campagna LasciateCIEntrare in merito alla dura rivolta in corso all’interno del CPR di Macomer

Da mesi denunciamo la vergogna che rappresenta l’esistenza del CPR di Macomer: uno spazio completamente fuori dal diritto, un buco nero dove spariscono persone, democrazia e diritti umani, nella opacità di una gestione omertosa. Una gestione che isola i reclusi dal mondo esterno ed erige una coltre di silenzio impenetrabile intorno al perimetro della prigione. Una prigione per persone che non hanno commesso alcun reato, dove si viene arrestati sulla base del mancato possesso di un permesso di soggiorno che lo Stato stesso sceglie di non concedere, con la scusa di effettuare un rimpatrio che attualmente non può in nessun modo essere eseguito a causa del Covid-19.

Data l’opacità estrema del CPR, solo con gesti estremi sembra sia possibile tentare di forare la cappa di silenzio, la feroce indifferenza di noi tutti a questa orribile, inutile sofferenza inflitta a degli esseri umani, per l’unica colpa di essere entrati in Italia senza essere europei, o ricchi.

Così in questi giorni, ancora una volta, gli internati sono stati costretti a inscenare una protesta clamorosa per potere spingere la propria voce aldilà delle sbarre. Fino a ieri sera circa 20 persone erano sul tetto del CPR, mentre una decina ha iniziato uno sciopero della fame. Questa è solo una delle numerose proteste che continuano a segnare la vita ordinaria di questo centro di detenzione per gli stranieri senza permesso di soggiorno, in attesa del rimpatrio nei loro paesi di origine. L’ennesima protesta annunciata in uno spazio che nasce come luogo di segregazione e violenza, e non conosce altra possibile destinazione d’uso.

Proviamo a immaginare cosa vuol dire: l’assurdità kafkiana di essere arrestati senza avere fatto niente né essere accusati di niente, l’incertezza sul proprio futuro, l’impossibilità di comunicare con l’esterno, se non in rari casi, il cibo immangiabile, l’essere costretti a protestare persino per essere curati, il restare tutto il giorno senza fare niente perché non è prevista nessuna attività ricreativa, il non poter possedere neanche una penna per scrivere una lettera ed essere costretti a guardare la tv in una sala senza sedie. Alla domanda: «come va lì dentro?», queste sono le risposte dalle persone recluse nel CPR.

In queste condizioni la disperazione ha inevitabilmente il sopravvento, spingendo anche ad atti estremi come quello di J., cittadino marocchino che, da pochi giorni, ha deciso di non mangiare più cucendosi la bocca. In risposta a questa forma di protesta, drastica ma pacifica, J. è stato preso con la forza e trascinato violentemente per terra fino all’infermeria, gesto che ha provocato l’acuirsi della protesta dei suoi compagni, che hanno deciso di sostenerlo salendo sul tetto del CPR per far sapere al mondo circostante quello che stava accadendo.

Ieri notte hanno deciso di scendere dal tetto accettando di discutere sulle condizioni del centro, ma niente è cambiato: “oggi è esattamente come ieri”, così ci dicono dal CPR.

La protesta non si è interrotta, continua lo sciopero della fame, J. continua ad avere la bocca cucita e altri minacciano di seguire il suo esempio.

«Siamo disperati. Qui siamo alla fine», ci dicono. Ci chiedono di ascoltare la loro voce, di essere trattati come esseri umani, di poter tutelare i loro diritti di PERSONE. Il rispetto dei diritti umani fondamentali di queste persone passa inevitabilmente per la loro liberazione e la chiusura di questo spazio al di fuori del diritto.

Lo ribadiamo: la presenza dei CPR è una intollerabile minaccia per l’ordinamento democratico dello Stato italiano, finché esisteranno spazi del genere, dove la regola è l’arbitrio del più forte, il silenzio delle vittime, il lucro di privati sulla violenza di Stato, nessuno potrà realmente considerarsi al sicuro.

I CPR DEVONO ESSERE CHIUSI. Cominciamo da Macomer.

Firmatari:
ASCE – Associazione sarda contro l’emarginazione
Campagna LasciateCIEntrare

Tempio, sparatoria e fuga nel centro storico: 71 enne tenta di uccidere la moglie

tempio-sparatoria-2

Tempio, sparatoria e fuga nel centro storico: 71 enne tenta di uccidere la moglie

Tentato omicidio ieri mattina nel centro storico di Tempio Pausania. Un pensionato di 71 anni, Costantino Ara, residente a Valledoria, ha tentato di uccidere a colpi d’arma da fuoco la moglie, Liliana Dettori, 61 anni.

Secondo le prime testimonianze, l’uomo aveva in passato già minacciato pesantemente la coniuge con la quale il rapporto, dallo scorso inverno, era in corso di separazione. Dopo aver raggiunto l’abitazione della donna, l’uomo ha esploso diversi colpi di pistola rischiando di colpire il figlio Massimo il quale ha cercato sull’uscio di casa di ostacolarne i propositi e difendere la donna.

Il fatto di sangue è avvenuto verso le 11:30, di fronte all’abitazione dove la donna vive proprio con il figlio, in piazza Serra Sirigo, nel rione Lu Pilari. In un primo momento, dati dei lavori in corso nelle vicinanze, gli spari sono stati confusi da alcuni vicini con i rumori provenienti dal cantiere. L’uomo si è così dileguato nelle vie del centro storico e, in un primo momento, si pensava potesse essere in fuga in direzione Valledoria o, persino, Corsica.

A quanto riferito dalle forze dell’ordine, che hanno tratto in arresto Ara nei pressi della Chiesa dell’Immacolata Concezione dopo circa due ore, gli spari sarebbero stati preceduti da un alterco tra i tre al termine del quale il figlio è riuscito solo parzialmente a disturbare il gesto del padre; tre proiettili hanno comunque colpito la donna agli arti e, sempre quanto riferito dai carabinieri, l’arma è stata abbandonata sul posto, mentre il figlio solo fortuitamente non è stato colpito dai diversi colpi esplosi.

La donna, trasportata immediatamente all’ospedale Paolo Dettori di Tempio, non è in pericolo di vita.

La dinamica esatta dei fatti è ancora in fase di ricostruzione; l’uomo non ha opposto resistenza agli agenti che lo hanno arrestato intorno alle 13:20 e nel pomeriggio è stato tradotto nel carcere di Nuchis. Per oggi è prevista la convalida dell’arresto.

Le reti tagliate di Capo Frasca

dsc01934
Le reti tagliate di Capo Frasca

(Per il manifesto sardo: http://www.manifestosardo.org/le-reti-tagliate-di-capo-frasca/)

La manifestazione di Capo Frasca del 23 novembre era stata annunciata da più parti come una giornata calda nella lotta contro l’occupazione militare della Sardegna. E così è stato. L’obiettivo generale del Movimento era chiaro: interrompere le esercitazioni, tagliando le reti e introducendosi nel Poligono di Capo Frasca (fraz. Sant’Antonio di Santadi, Arbus), in linea con quanto avvenuto a Teulada per Trident Juncture. Continua la lettura di Le reti tagliate di Capo Frasca

Tempio Pausania. Triplice omicidio: richiesto il Giudizio abbreviato condizionato a perizia psichiatrica

omicidio tempioSi terrà con le forme del rito abbreviato il processo contro l’unico imputato dell’omicidio della famiglia Azzena-Zanzani, Angelo Frigeri. Successivamente al deposito della consulenza psichiatrica, la difesa di Frigeri, composta dagli avvocati Cocco e Casula, ha ritenuto opportuno richiedere l’ammissione al giudizio abbreviato, condizionato all’espletamento di una perizia psichiatrica. Il Gup, Vincenzo Cristiano, ha accolto la richiesta.

Una prassi difensiva necessaria anche per consentire un chiarimento rispetto alle risultanze della consulenza di parte. Prossima udienza fissata per il 20 maggio, passaggio in cui in cui verrà conferito l’incarico al perito e nel quale le parti si sono riservate la possibilità di nominare dei propri consulenti.

Tempio Pausania. Triplice omicidio: concessa consulenza psichiatrica. Prossima udienza il 15 aprile

omicidio tempio
Foto: Sassari Notizie

Si è tenuta ieri, 1° aprile 2015, difronte al Gup Vincenzo Cristiano, la prima udienza preliminare del processo che vede Angelo Frigeri unico imputato dell’omicidio della famiglia Azzena-Zanzani. Continua la lettura di Tempio Pausania. Triplice omicidio: concessa consulenza psichiatrica. Prossima udienza il 15 aprile