“Dove vola l’avvoltoio?
avvoltoio vola via,
vola via dalla terra mia,
che è la terra dell’amor”.
L’occupazione militare in Sardegna e la propaganda bellica, soprattutto in questo momento storico, evidenziano ancor più le affinità tra nazionalismo italiano di destra e nazionalismo italiano di sinistra. Le grottesche “celebrazioni” del 28 Aprile in Consiglio regionale e il consueto ciclo di esercitazioni militari (Joint Stars) ripropongono in modo più forte e stridente contraddizioni storiche.
Dopo appena tre giorni dal 25 Aprile e appelli contro il riarmo, i nazionalisti di sinistra in una data come Sa Die de Sa Sardigna e in una sede come il Consiglio regionale della Sardegna hanno imbastito un teatrino da, per l’appunto, nazionalisti. Oltre citare in leggerezza la figura di Giorgio Almirante (ministro della Repubblica di Salò), il nazionalismo italiano di sinistra ha ostentato il tanto caro Canto degli italiani. Immancabili anche i richiami all’integrazione europea e mondiale che evocano l’essere “cittadini del mondo” che “battono le destre” ormai diventati in Sardegna dei veri e propri meme. Tutto abbastanza scontato, ovvero antinazionalisti contro tutti i nazionalismi. A parte il loro, s’intende.
Intanto la Sardegna continua a essere una delle aree più militarizzate d’Europa all’interno di un quadro internazionale sempre più vicino a un conflitto globale e probabilmente atomico. Come noto, all’Isola sono stati imposti con espropri e servitù di terra e mare i più grandi poligoni militari d’Europa. Da oltre 70 anni, concentrando circa 2/3 del demanio militare italiano, sono state avviate e intensificate sperimentazioni, addestramenti, produzione e smaltimento di armi, nonché preparazione di guerre. Questo ha compromesso lo sviluppo in diverse parti della Sardegna con diseconomie, malattie su persone (anche bambini e militari), inquinamento generalizzato su flora e fauna con azioni spesso al di fuori della legislazione italiana stessa, tutto ampiamente comprovato anche nelle sedi istituzionali italiane. Tale complessità non è qui sintetizzabile. I risvolti negativi dell’occupazione militare sono così evidenti che il sistema coloniale italiano negli anni si è adattato e non cerca più di negare che questo avvenga ma sposta l’attenzione sull’aspetto puramente finanziario, ovvero scongiurare il risarcimento del danno ambientale. Se non è più occultabile è comunque fondamentale non pagare. Cinico ma molto semplice. Al di là dei contorcimenti giurisprudenziali rimane il fatto che la propaganda, per definizione atto pubblico e di massa, continua a rivestire un’importanza cruciale per il sistema coloniale.
Il tema dell’occupazione militare è così profondo e inscindibile dall’unitarietà italiana che spesso i nazionalisti italiani di sinistra difendono e propagandano l’occupazione militare e la riverenza alle miles perpetuus tricolore più della destra italiana, accreditandosi all’industria bellica tanto quanto i nazionalisti di destra. Un “piccolo” esempio locale in tal senso è il conferimento della cittadinanza onoraria alla Brigata Sassari che nel 2015 a Tempio Pausania venne proposta dal centrosinistra e non dal centrodestra. Quest’ultimo poi votò a favore e il Consiglio (quasi) all’unanimità approvò. Sempre del centrosinistra fu l’idea di militarizzare diversi ettari trasformando un’area civile in un comando provinciale dell’Arma dei Carabinieri. Paradossalmente, ma non troppo, l’idea venne respinta dalla successiva amministrazione di centrodestra.
Tornando all’attualità, la principale esponente del nazionalismo italiano di sinistra in Sardegna è Alessandra Todde del Movimento Cinque Stelle, sostenuta dal Partito Democratico e altri partiti minori. Al di là dell’avvicinamento momentaneo va detto che nell’ultimo decennio – nel quale i nazionalisti di destra come Lega Salvini e Fratelli d’Italia registravano percentuali di consenso minime – si sono insultati in modi umanamente indegni. In relazione all’occupazione militare il “Campo Largo” nel corso del primo anno di governo ha finanziato con alcuni milioni di euro i Comuni interessati direttamente dall’occupazione militare. Non è una scelta sostenibile né – per chi conosce l’argomento – nuova. Ha inoltre diffuso maldestramente slogan come “esercitazioni green” e nemmeno questa è una novità da diversi anni; se ne parlava dai tempi delle guerre simulate nelle quali secondo la propaganda italiana si sparava con armi finte – simil paintball – e che i poligoni preservavano le coste dalla cementificazione.
Ora, però, si registra un innalzamento del livello di propaganda di guerra e filoitaliana. La Regione Sardegna ha patrocinato la propaganda della Joint Stars 2025 insieme al “Brotzu” che nel frattempo è nell’occhio del ciclone per il caso del Dott. Massimiliano Tuveri, oncologo di fama mondiale. Il patrocinio alla Charity Joint Stars 2025 è arrivato anche dal Comune di Cagliari, amministrata ugualmente da nazionalisti di sinistra. Tra gli sponsor più noti nel settore figurano RWM SpA, fabbrica di bombe a Domusnovas (fornitrice di armi tra gli altri per l’Arabia Saudita, quella parte di estremismo islamico nelle grazie della NATO e dell’Europa) e la Leonardo SpA, la più grande esportatrice di armi italiana, da qualche anno proprietaria della storica Vitrociset.

L’apice di questa propaganda bellica odierna sono gli screening sanitari sui bambini a bordo di navi militari. Una trovata che, mantenendo un po’ di lucidità, non dovrebbe meravigliare. È la riattualizzazione della vecchia arte della propaganda del colonialismo italiano in Sardegna. Un insieme variegato di azioni, messaggi, doppi sensi, diversivi, al fine di creare consenso verso la propria parte o distruggere il consenso alla parte opposta. La carità è uno di questi strumenti, utilizzata a volte sottotraccia, a volte più eclatante, a seconda delle circostanze e momenti storici.
Alcuni esempi. All’epoca degli espropri per il PISQ l’aeroporto militare di Perdasdefogu avrebbe dovuto creare un collegamento con Ciampino utile alla popolazione civile per voli sanitari ed emergenze. Temi come sanità e infanzia fanno molto effetto, come naturale che sia. Diritti di base come l’elettricità venivano inquadrati come effetto positivo della presenza bellica che aiutava la “Capo Canaveral dei poveretti” o “Buzzurronia” come la stampa e l’esercito italiano definivano i sardi.
La carità spesso si accompagna al razzismo ma a volte quest’ultimo è presente a prescindere dal primo. È il caso della vignetta diffusa da un noto sindacalista dei militari il quale comunicava al sardo stereotipato in berrita di rassegnarsi perché, con o senza occupazione militare, sarebbe stato in ogni caso sottoposto a “un milanese” e “gli affari altrui” sarebbero stati comunque preclusi.
Nelle basi militari spesso il personale e relative famiglie raccolgono beni alimentari da donare in beneficienza alle persone meno abbienti tramite i Servizi sociali del Comune stesso. Stride con l’idea che l’occupazione militare dovrebbe portare sviluppo e ricchezza ma è un’arma molto potente perché parla, letteralmente, alla pancia dei ceti meno abbienti. È una pratica abbastanza comune svolta storicamente in diverse occasioni, generalmente Natale. In foto un esempio sul caso di Decimomannu.
È propaganda militare e coloniale, anche se i canoni comunicativi a volte mutano. Per esempio, dismessa la logica del “portare ricchezza e lavoro” (un leitmotiv meno utilizzato rispetto a quanto accaduto trasversalmente nei decenni addietro) i nazionalisti di destra parlano dell’occupazione militare come necessaria per uno “Stato italiano forte” che faccia fronte ai suoi impegni internazionali (leggasi guerre). Sono più aggressivi ma a loro modo un po’ meno incoerenti, lo dicono chiaramente che vogliono avocare competenza esclusiva in materia ed equiparare le aree militari ai siti industriali dismessi (vedi Ddl di questi giorni).
D’altro canto il nazionalismo italiano di sinistra in questo è stato un vero e proprio apripista quando i partiti di estrema destra vivacchiavano con consensi minimi. Fu infatti il governo Renzi (nello stesso periodo il nazionalismo di sinistra in Sardegna esprimeva Francesco Pigliaru) a prevedere l’equiparazione del livello di inquinamento nei poligoni militari a quello delle aree industriali (non dismesse).
L’ambiguità chiaramente non è appannaggio del nazionalismo di sinistra. Alcuni anni fa, ad esempio, Casa Pound diffuse in Sardegna manifesti contro le esercitazioni congiunte Italia-Israele adducendo come ragione i crimini che i sionisti attuano verso i palestinesi. Era da poco trascorsa l’operazione Margine Protettivo con circa 2.600 morti di cui 800 bambini in poco più di un mese. Si trattava chiaramente di un modo per utilizzare la pulizia etnica in Palestina in ottica antiebraica, sciovinista e non certamente antisionista men che meno in una prospettiva di disarmo e pace. Infatti oggi, con 53 mila morti di cui in larga parte bambini, l’estrema destra italiana che all’opposizione era “antisistema” e patriottica (anti Nato-anti EU-anti Euro-anti Israele) si rivela di tutt’altro avviso rispetto alla propaganda e alle provocazioni da opposizione. Il sionismo quindi si conferma il più grande nemico, oltre dell’umanità e della pace, anche dell’ebraismo come denunciato, ovviamente non da oggi, dagli ebrei ortodossi e non solo.
Il nazionalismo di sinistra è più subdolo, anche piuttosto patetico. Non fosse altro perché a differenza di quello di destra parla molto spesso di pace e umanità, a volte con parole importanti come disarmo e relativa lezione che non si capisce da quale pulpito arrivi. Salvo poi virare sull’idolatria militare e la propaganda bellica. Il M5S è campione di questi voltafaccia.
Non è un caso che il compianto Gino Strada abbia più volte attaccato le posizioni e le scelte del M5S che nel frattempo insisteva nell’indicarlo propagandisticamente quale Presidente della Repubblica. È chiaro che il Movimento Cinque Stelle sia contro i famosi “poteri forti” (quindi anche l’industria bellica) solo all’opposizione. Nel momento in cui governa è ben lieto di aprire i cordoni della borsa a beneficio dell’industria militare come dimostrano i plurimiliardari finanziamenti del governo Conte I e quello Draghi sostenuto dal M5S. Un continuo e ormai ventennale incremento di spese militari italiane nell’ambito del quale il M5S non ha fatto certo eccezione.
Una caratteristica del nazionalismo italiano di sinistra è che, quando viene messo alle strette a livello di dialettica, diviene imbarazzante e spesso inizia a intestarsi il ruolo di “vittima”. Si offendono e anche questa a ben vedere è un’arma di propaganda. Se qualcuno rompe le uova nel paniere, si può sempre dire che è in corso un accanimento. È un modo per rovesciare l’onere della prova, ovvero non sono più io in difficoltà a dover dare argomentazioni ma è chi mi attacca a doversi praticamente giustificare che non c’è alcun accanimento o complotto.
È propaganda, in questo caso di guerra e per la guerra, ma la cosa più vergognosa è utilizzare i bambini, l’indigenza alimentare e i problemi di salute. In questo la propaganda M5S-PD è più viscida di quella dei nazionalisti italiani di destra. Ciò che li accomuna in definitiva sono le posizioni internazionali e nel caso della Sardegna un incessante sfruttamento, in particolare attraverso l’occupazione militare.
Il colonialismo italiano in Sardegna non è solo occupazione militare. Sono presenti diversi punti di sfruttamento coloniale ma l’occupazione militare è la partita più grande sotto tanti aspetti: economico, finanziario, sociale, ambientale, ideologico, pedagogico.
La guerra unisce tutti gli avvoltoi.