Tempio, nel verde di Lu Curosu le proiezioni per la V edizione di Cinema Migrante

Tempio, nel verde di Lu Curosu le proiezioni per la V edizione di Cinema Migrante

Dopo il rinvio ad inizio marzo a causa dell’emergenza Covid-19, con alcune variazioni ritorna a Tempio Pausania il programma della V edizione della rassegna Walyaan – Cinema Migrante. Sono due le opere che verranno proiettate e discusse in una location immersa nel verde. La proiezioni avverranno infatti non più nello Spazio Faber  ma nell’accogliente B&B MelaDormo che ha messo a disposizione l’ampia struttura per lo svolgimento in sicurezza dei due incontri e le relative attività patrocinate dalla Regione Autonoma della Sardegna e organizzate assieme alle Associazioni Sunugaal e Nord-Sud. Come noto, quest’ultima da oltre 20 anni è attiva e apprezzata a Tempio anche grazie alle attività portate avanti dai volontari con La Bottega del Commercio Equo e Solidale.

La V edizione di Cinema Migrante prevede il cortometraggio “Ordur”, di Momar Talla Kandji, ambientato a Dakar, capitale del Senegal e città d’origine del protagonista dei film, l’attore e regista Ibrahima Mbaye, e il lungometraggio “Soleils” di Olivier Delahaye e Dani Kouyaté

Le proiezioni sono in programma per le serate del 24 e 25 giugno, a partire dalle ore 21:00, in Località Lu Curosu, a meno di 1 km da La Pischinaccia zona di ritrovo a partire dalle 20:30 al fine di coordinare al meglio gli ingressi con le auto e l’accesso alla struttura. E’ gradita e consigliata la prenotazione al numero 349-6657139.

Sassari, Movimento Donne Libere: nell’esposto in Procura anche il caso di una oncologica tempiese

Sassari, una delle tante iniziative del Movimento
Sassari, una delle tante iniziative del Movimento

Sassari, Movimento Donne Libere: nell’esposto in Procura anche il caso di una oncologica tempiese

Sempre in lotta il movimento Donne Libere per il Diritto alla Salute. Dalla denuncia-appello lanciata alcune settimane fa riguardo le condizioni di assistenza sanitaria ai tempi del Coronavirus sono scaturite numerose segnalazioni. Sono infatti tanti i casi di pazienti, spesso oncologiche o oncologici, che si sono visti procrastinare visite di follow-up e altri accertamenti a causa dell’emergenza Covid-19. A distanza di circa tre mesi dal primo lock-down ed entrati nella cd “Fase due”, le cose purtroppo tardano a migliorare per le fasce di popolazione più esposte e vulnerabili a livello sanitario.

Il movimento Donne Libere, assistite dal legale Michele Zuddas, ha presentato una formale denuncia alla Procura di Sassari. Tra le segnalazioni e denunce arrivate all’attenzione delle attiviste anche un caso di Tempio Pausania. Si tratta di una paziente oncologica cinquantenne che di recente si sarebbe vista negare le cure nell’ospedale Giovanni Paolo II di Olbia. La donna ha di fatto saltato l’appuntamento fissato da tempo e regolarmente confermato poco prima, finendo per doverne fissare uno nuovo.

Si tratta solo di uno dei tanti episodi in disservizi e ritardi motivati da lunghe liste di attesa e “solo urgenze” che all’epoca del Covid-19 hanno incancrenito una situazione sanitaria già critica. Basti pensare che la Tac per la paziente tempiese in questione è stata programmata ben cinque mesi fa. All’Ospedale di Olbia, inoltre, non vengono effettuati i marker tumorali che la donna ha dovuto effettuare di conseguenza a Cagliari.

Il Movimento, nato agli inizi del 2017 in forza delle proteste e richieste delle tante pazienti senologiche per l’istituzione della Breast Unit a Sassari, è sempre molto attivo e in questi mesi ha raccolto numerose e spesso drammatiche informazioni. “Avendo raccolto numerose ed importanti testimonianze da tutta la Sardegna, si è così deciso di prendere informazioni presso uno Studio Legale circa la possibilità di presentare, come Movimento, un esposto alla Procura della Repubblica, depositato in data odierna c/o la procura di Sassari, corredato di numerose memorie autografe, relative alla negazione del diritto alla salute, di cittadine e cittadini sardi a conoscenza dei fatti, che sono ora a disposizione delle Autorità Competenti” – ha dichiarato il Movimento in una nota stampa a margine della presentazione dell’esposto.

Macomer, CPR: continua la rivolta dei detenuti senza reati e senza accuse

Macomer, CPR: continua la rivolta dei detenuti senza reati e senza accuse

Si diffonde integralmente il comunicato stampa firmato da ASCE – Associazione sarda contro l’emarginazione – e la
Campagna LasciateCIEntrare in merito alla dura rivolta in corso all’interno del CPR di Macomer

Da mesi denunciamo la vergogna che rappresenta l’esistenza del CPR di Macomer: uno spazio completamente fuori dal diritto, un buco nero dove spariscono persone, democrazia e diritti umani, nella opacità di una gestione omertosa. Una gestione che isola i reclusi dal mondo esterno ed erige una coltre di silenzio impenetrabile intorno al perimetro della prigione. Una prigione per persone che non hanno commesso alcun reato, dove si viene arrestati sulla base del mancato possesso di un permesso di soggiorno che lo Stato stesso sceglie di non concedere, con la scusa di effettuare un rimpatrio che attualmente non può in nessun modo essere eseguito a causa del Covid-19.

Data l’opacità estrema del CPR, solo con gesti estremi sembra sia possibile tentare di forare la cappa di silenzio, la feroce indifferenza di noi tutti a questa orribile, inutile sofferenza inflitta a degli esseri umani, per l’unica colpa di essere entrati in Italia senza essere europei, o ricchi.

Così in questi giorni, ancora una volta, gli internati sono stati costretti a inscenare una protesta clamorosa per potere spingere la propria voce aldilà delle sbarre. Fino a ieri sera circa 20 persone erano sul tetto del CPR, mentre una decina ha iniziato uno sciopero della fame. Questa è solo una delle numerose proteste che continuano a segnare la vita ordinaria di questo centro di detenzione per gli stranieri senza permesso di soggiorno, in attesa del rimpatrio nei loro paesi di origine. L’ennesima protesta annunciata in uno spazio che nasce come luogo di segregazione e violenza, e non conosce altra possibile destinazione d’uso.

Proviamo a immaginare cosa vuol dire: l’assurdità kafkiana di essere arrestati senza avere fatto niente né essere accusati di niente, l’incertezza sul proprio futuro, l’impossibilità di comunicare con l’esterno, se non in rari casi, il cibo immangiabile, l’essere costretti a protestare persino per essere curati, il restare tutto il giorno senza fare niente perché non è prevista nessuna attività ricreativa, il non poter possedere neanche una penna per scrivere una lettera ed essere costretti a guardare la tv in una sala senza sedie. Alla domanda: «come va lì dentro?», queste sono le risposte dalle persone recluse nel CPR.

In queste condizioni la disperazione ha inevitabilmente il sopravvento, spingendo anche ad atti estremi come quello di J., cittadino marocchino che, da pochi giorni, ha deciso di non mangiare più cucendosi la bocca. In risposta a questa forma di protesta, drastica ma pacifica, J. è stato preso con la forza e trascinato violentemente per terra fino all’infermeria, gesto che ha provocato l’acuirsi della protesta dei suoi compagni, che hanno deciso di sostenerlo salendo sul tetto del CPR per far sapere al mondo circostante quello che stava accadendo.

Ieri notte hanno deciso di scendere dal tetto accettando di discutere sulle condizioni del centro, ma niente è cambiato: “oggi è esattamente come ieri”, così ci dicono dal CPR.

La protesta non si è interrotta, continua lo sciopero della fame, J. continua ad avere la bocca cucita e altri minacciano di seguire il suo esempio.

«Siamo disperati. Qui siamo alla fine», ci dicono. Ci chiedono di ascoltare la loro voce, di essere trattati come esseri umani, di poter tutelare i loro diritti di PERSONE. Il rispetto dei diritti umani fondamentali di queste persone passa inevitabilmente per la loro liberazione e la chiusura di questo spazio al di fuori del diritto.

Lo ribadiamo: la presenza dei CPR è una intollerabile minaccia per l’ordinamento democratico dello Stato italiano, finché esisteranno spazi del genere, dove la regola è l’arbitrio del più forte, il silenzio delle vittime, il lucro di privati sulla violenza di Stato, nessuno potrà realmente considerarsi al sicuro.

I CPR DEVONO ESSERE CHIUSI. Cominciamo da Macomer.

Firmatari:
ASCE – Associazione sarda contro l’emarginazione
Campagna LasciateCIEntrare