Olbia, Covid-19: caos al Giovanni Paolo II. Durissima denuncia di medici, infermieri e OSS
Il personale medico, infermieristico e OSS del reparto di Cardiochirurgia-UTIC-Emodinamica dell’Ospedale Giovanni Paolo II di Olbia ha inviato una durissima lettera al Direttore dell’ASSL Olbia, alla Direzione medica e ai diversi responsabili dei diversi Servizi (prevenzione, sicurezza ambienti di lavoro e sorveglianza dei lavoratori).
Una situazione a dir poco esplosiva con la missiva che denuncia
“carente attenzione rivolta alle condizioni di lavoro e totale assenza di
comunicazione da parte della direzione di presidio e autorità competenti” nonché
un’insufficiente dotazione di presidi. I dispositivi di protezione individuale
(DPI) – secondo quanto riportato – andrebbero ottimizzati con l’uso di semplici
mascherine chirurgiche ma al contempo “il personale della direzione sanitaria
circola per l’ospedale dotato di maschera FFp3 con valvola”.
Si apprende che il personale operante è potenzialmente
infetto ma dopo ancora 72 ore non sono disponibili gli esiti dei tamponi che
possano confermare o escludere la positività al Covid-19.
Nella lettera si denuncia anche il mancato screening del restante
personale “nonostante siano trascorsi diversi giorni dai primi casi
Covid-19 accertati in reparto Rianimazione e la presenza in reparto e sala
emodinamica di due conviventi con soggetti positivi al Covid-19”.
Una situazione gravissima che spinge il personale a “declinare
ogni responsabilità per eventuali danni a terzi derivanti dall’esercizio della
nostra professione, che al momento viene svolta in condizioni inadeguate ma
con la massima serietà e professionalità” – chiosa la lettera.
Comitato studentesco contro l’occupazione militare in Gallura per tre incontri a Viddalba, Tempio e Olbia
Il Comitato studentesco contro l’occupazione militare della Sardegna sarà in Gallura per tre incontri. Dopo gli incontri pubblici del Comitato in tante comunità sarde, prosegue il lavoro territoriale nella lotta contro l’occupazione militare e lo sfruttamento bellico della Sardegna La prospettiva è quella di allargare e approfondire il dibattito, informando le comunità e proseguendo in modo capillare la costruzione dal basso di un fronte contro l’occupazione militare che unisca la parte più responsabile dei nostri territori, unico modo per proseguire efficacemente la lotta contro il meccanismo di guerra imperialista della NATO e la Difesa italiana. Tutto il movimento contro l’occupazione militare in Sardegna ha ottenuto importanti – seppur parziali – vittorie, come la lotta contro STAREX a Decimomannu e, successivamente, con una vera e propria interruzione di esercitazione il 3 Novembre scorso per la Trident Juncture, dove – contestualmente alle cariche delle forze dell’ordine – il taglio delle reti e l’intrusione di alcuni militanti hanno interrotto prima del termine previsto la più importante esercitazione dell’Alleanza Atlantica dal crollo del Muro di Berlino. Il movimento contro l’occupazione militare è più attivo che mai ma, per quanto fondamentale sia quanto fino ad oggi, è tutt’altro che sufficiente a liberare la Sardegna dal giogo della militarizzazione; per queste ragioni il Fronte Indipendentista Unidu ha appoggiato da subito il Comitato studentesco contro l’occupazione militare in un’azione politica e informativa strutturata in tutto il territorio nazionale sardo.
Le tappe galluresi si svolgeranno secondo il seguente ordine:
– Viddalba, mercoledì 11 Maggio Sala congressi comunale, ore 18:00.
– Tempio Pausania, giovedì 12 Maggio, Sala convegni Officina dei Ragazzi (ex Biblioteca comunale), Parco delle Rimembranze, ore 18:30.
– Olbia, venerdì 13 Maggio, Expo di Olbia, ore 16:00. Via porto romano n. 1.
Lu Comitatu di li studianti contr‘ a l’occupazioni militari di la Saldigna sarà in Gaddhura pa tre siduti pùbblichi. Dapoi di l’attoppi cun lu Comitatu in tanti comunitai saldi, sighi cussì lu trabaddu tarratòriali illa gherra contro l’occupazioni militari e lu sfruttamentu ghirreri di la Saldigna. La caminu è chissu d‘allalgà e apprufundì la irrasgiunata, infulmendi li comunitai e sighendi in modu fittu a fraicà un fronti contr‘ a l’occupazioni militari chi aunia e ulganizzigghja la palti più cuscinziosa di li tarratòri nostri, sola manera pa sighì cun pruvettu la gherra contr‘ a lu sistema di gherra imperialista di la NATO e di la Difesa italiana. Tuttu lu Muimentu contr‘ a l’occupazioni militari ha uttinutu impultanti – puru si palziali – suzzessi, comu la gherra contr‘ a STAREX a Decimomannu e, dapoi, l’aè filmatu la dì 3 di Sant’Andria passatu la Trident Juncture, undi – insembi a li carrighi di li folzi di polizia – lu taddu di l’irrezi e l’intrata di tanti militanti ani filmatu innanzi a l’ora priiduta l‘eselcitazioni più manna di l’Alleanza Atlantica da lu Muru di Berlino a ogghj. Lu Muimentu contr‘ a l’occupazioni è sempri più attivu ma, pa cantu impultanti sia cantu fattu finz‘ a ogghj, no è pa nudda bastanti pa libbarà la Saldigna da lu ghjuali di la militarizzazioni; pa chisti muttii lu Fronte Indipendentista Unidu ha datu da subbitu l‘ala a lu trabaddu di lu Comitatu di li studianti pa un’azioni politica e infulmativa stutturata in tuttu lu tarratòriu nazionali saldu.
L’attoppi gaddhuresi so prriduti sigundu l’oldini chi sighi:
Viddaecchja, malcuri 11 Maggghju, Sala congressi comunale, a li 6 di sirintina (18:00).
Tèmpiu Pausania, ghjoi 12 Magghju, Sala convegni Officina dei Ragazzi (ex Biblioteca comunale), Parco delle Rimembranze, a li 6 e mezu di sirintina (18:30).
Tàrranoa, Vennari 13 Magghju, Expo di Olbia, a li 4 di sirintina (16:00). Via Porto romano n. 1.
Continua la polemica sul crack del Consorzio Go In Sardinia, capitanato dall’albergatore teresino Gian Paolo Scano: i disagi in corso al porto di Olbia dalla prima giornata di ieri e l’appello dello stesso Scano hanno fatto scattare l’Unità di Crisi della RAS a Cagliari. Tramite il pagamento di una cifra imprecisata all’armatore greco in contenzioso, la nave è stata “sbloccata” permettendo un miglioramento della situazione. Soluzione eccezionale e, per quanto sembrerebbe sin ora, unica e non prevista in futuro: la nave rimarrà ferma. Nella giornata di oggi si contano oltre 800 passeggeri coinvolti nei disagi ma la Confcommercio fa sapere che per stasera tutti hanno la dovuta copertura.
Nella città di Tempio la struttura Pausania Inn ha messo a disposizione 5 camere da letto per ospitare altrettante famiglie da dislocare in Alta Gallura nelle prossime ore. In questa giornata particolarmente concitata la rete di strutture ricettive è riuscita a far fronte ai disagi in modo piuttosto celere e soddisfacente.
Rimane chiaramente da far luce sulle dinamiche che hanno interessato la nascita del progetto Go In Sardinia nell’inverno 2012-2013 e c’è da giurare in aspre polemiche sul perché di un flop così rumoroso. In verità dubbi e perplessità sul progetto di Scano, avvallato in seguito da circa 200 soci, vi furono da prima che Go in Sardinia fosse operativa. Discorsi forse parzialmente accantonati grazie ai numeri della scorsa stagione estiva. Le cifre, appunto. Nei prossimi giorni si quantificheranno le conseguenze del blocco di GoInSardinia e le eventuali pendenze in sospeso. Si parla di casse completamente asciutte e di un numero di passeggeri interessati dal collasso dell’azienda, sino a fine settembre, quantificato intorno alle 30.000 unità.
Tempio Pausania. Nulla di buono in vista per la sanità sarda
Si è tenuto a Tempio Pausania, nel pomeriggio di sabato scorso, un incontro promosso dal “Partito dei Comunisti italiani” circa le prospettive della sanità in Sardegna e nell’Alta Gallura. In qualità di relatori e referenti del governo regionale, hanno partecipato Fabrizio Anedda (Comunisti italiani) e Augusto Cherchi (Partito dei Sardi), consiglieri di maggioranza e componenti della V Commissione Permanente della RAS. Continua la lettura di Tempio Pausania. Nulla di buono in vista per la sanità sarda→
La Giunta regionale del presidente Francesco Pigliaru ha dato l’ok definitivo al progetto della Qatar Foundation per l’investimento da oltre 1 miliardo di euro per i 242 posti letto del San Raffaele e l’attivazione di alcuni reparti di ricerca scientifica. Dopo gli entusiastici toni utilizzati a caldo è doveroso che l’indipendentismo e tutta la società sarda si interroghino sull’effettivo merito della scelta e sulla portata delle conseguenze per il sistema socio-economico nazionale. Sarebbe perciò interessante conoscere meglio i dati, le informazioni e le analisi per le quali si considera positivo il progetto e si dà via libera all’investimento del Qatar Foundation.
Facciamo un passo indietro, torniamo al 2011. I dati sulla mobilità sanitaria evidenziano per la Sardegna un ammontare di crediti (pazienti non residenti in Sardegna che hanno usufruito di cure nell’Isola) per 18.050.313 euro. Al contrario, i residenti sardi che hanno usufruito di prestazioni in strutture extra-regionali generano un debito per la sanità sarda pari 84.001.905 euro, con un saldo dunque pari a – 65.951.592 euro. Un dato in peggioramento rispetto al biennio positivo del 2008-2009 dove il saldo non raggiungeva i 57 milioni.
Secondo Pigliaru, sarà possibile “recuperare il 50% della migrazione passiva della Regione“. Si parla di una riduzione di tale voce, più correttamente nota come mobilità passiva, che secondo i dati diffusi dal governatore ammonta attualmente a 62 milioni di euro.
In attesa che maggiori informazioni siano fruibili da parte dell’opinione pubblica, si può sottolineare che una riduzione di mobilità passiva pari a 31 milioni di euro appare già a primo impatto un dato quantomeno sovradimensionato. La struttura in esame conterebbe su 242 posti letto, più 50 posti letto per “solventi”, ossia per pazienti (o compagnie assicuratrici, fondi o enti loro collegati che hanno stipulato una convenzione con la struttura) che si fanno carico di tutte le prestazioni sanitarie e domestico alberghiere erogate. Secondo i dati del Ministero della Salute, Direzione Generale del Sistema Informativo e Statistico Sanitario, al 2012 in Sardegna sono presenti 6.451 posti letto suddivisi in “acuti” (6.105) e “non acuti” (364). Alla luce di questi dati è naturale chiedersi com’è possibile che meno di 250 posti letto possano spostare un ammontare di risorse così rilevante alla voce mobilità passiva.
Oltretutto Pigliaru si è pronunciato anche sui presunti vantaggi sul lato della mobilità attiva e “all’integrazione con la rete ospedaliera territoriale” propedeutica ad “attrarre pazienti dall’Italia, dall’Europa e dal Qatar“.
Tra le dichiarazioni di Pigliaru e dell’assessore Arru, emerge una visione socioeconomica dei servizi sanitari alla stregua di un business e di una mera competizione che attragga (e concentri) pazienti in un unico polo di riferimento, ricalcando in maniera non troppo lontana le logiche di concentrazione industriale che tanto spopolamento e desertificazione hanno portato nelle comunità della Sardegna. Ma qui stiamo parlando di sanità e un modello a “polo di sviluppo”, già di per se fallimentare, implica rischi ancora maggiori se applicato ai servizi sanitari pubblici e alla loro organizzazione sul territorio nazionale sardo. Un europeista come Pigliaru sa bene, a proposito di crescita regionale, che già la prima riforma dei Fondi Strutturali della Comunità europea, datata 1988, venne in parte influenzata dagli enormi limiti mostrati dal concetto di polo di sviluppo nella riduzione dei divari di crescita.
Di polo ha parlato diffusamente anche l’Assessore alla Sanità, Luigi Arru, e per queste ragioni è opportuno evidenziare come in questo ambito, e a maggior ragione in quelli sanitari alla luce dei fenomeni di mobilità, è totalmente fuorviante considerare i servizi stessi alla stregua di un “import-export”. Al di là dei toni entusiastici del governo regionale, sul tema è importante segnalare un interessante articolo. http://www.quotidianosanita.it/studi-e-analisi/articolo.php?articolo_id=11939.
Si analizza più approfonditamente il fenomeno della mobilità in senso critico, utilizzando allo scopo la banca dati SDO del Ministero della Salute. Il fenomeno della mobilità è piuttosto delicato in quanto, per definizione, indica se vogliamo una situazione di “intrinseco disequilibrio”: non tutti i residenti di una regione, per varie ragioni, si rivolgono a strutture ubicate nella propria regione. Il giro d’affari della mobilità sfiora i 4 miliardi all’anno e in Italia si stima che circa 860.000 persone ogni anno usufruiscano di cure al di fuori della propria regione. Un approccio di business strategico può portare grossi squilibri e diseguaglianze, non solo della Sardegna nei confronti delle regioni d’Italia, ma soprattutto per quanto riguarda la mobilità infraregionale e i servizi erogati, ovvero quando ci si riferisce alle medesime grandezze poc’anzi discusse considerandole a livello delle ASL di un’unica regione.
Riguardo le implicazioni di questo approccio industriale alla Sanità si è pronunciata anche l’ex consigliera regionale, Claudia Zuncheddu. “Il Piano industriale del Qatar non è sufficiente per indurre la nuova Giunta a firmare l’accordo in tutta fretta e garantire il diritto dei sardi alla salute. L’ultima parola spetta alla politica, con il passaggio nelle Commissioni competenti e il pronunciamento del Consiglio“. La stessa ha proseguito sulla mancanza di coinvolgimento delle strutture locali, e “il parere delle strutture ospedaliere esistenti nei nostri territori, quelle che hanno il reale polso della situazione sanitaria“.
Manca difatti in toto una seria analisi costi-benefici riguardo le ripercussioni che il progetto avrà sulla sanità sarda, specialmente per la Gallura e il Paolo Dettori di Tempio Pausania per il quale, da anni, si parla di interventi di modernizzazione e potenziamento di alcuni reparti. La struttura, in antitesi quindi con le intenzioni di concentramento proposte dalla Giunta regionale e dalle intenzioni di soppressione dei piccoli ospedali a livello italiano, è un punto di riferimento imprescindibile per il capoluogo dell’Alta Gallura e per un bacino di popolazione di oltre 30.000 abitanti.
Il trend generale in Italia non è rassicurante, con i posti letto che sono diminuiti del 22% in 12 anni, passando da 296.000 nel 2000 ai 230.000 del 1° gennaio 2012. A spending review conclusa si scenderà a 224.000. Non è un caso che “l’operazione San Raffaele” a livello statale sia stata approvata in deroga, un regime che dovrebbe concludersi nel 2017. Per non parlare poi del “Patto per la salute” del governo Renzi, con la Sardegna che deve tagliare 281 posti letto.
Quello che più preoccupa è un elemento figlio della mancata valutazione in precedenza richiamata. Siamo difatti, come spesso accade, davanti ad un progetto win-win. Unicamente vantaggi, il San Raffaele e l’investimento del Qatar porteranno solo benefici per tutti. Il punto non è esclusivamente considerare eventuali “effetti collaterali”, magari motivando con chiarezza e rigore i vantaggi che compensano più che proporzionalmente gli svantaggi. Ciò avrebbe una qualche logica e si potrebbe dibattere sulle ragioni attraverso le quali, in conclusione, si fonda l’opzione Qatar. Al contrario, in questi giorni abbiamo appreso come la decisione, magicamente, non implichi alcun trade-off. Apparentemente si è davanti al programma pubblico perfetto. Ai sardi la scelta se farsi guidare dall’emozione del maxi-investimento o se chiedere conto in modo più preciso delle analisi che lo giustifichino. Appare doveroso in quanto cittadini e lo è ancora di più nel momento in cui tali giustificazioni devono pervenire da chi a più riprese in campagna elettorale ha posto l’accento su trasparenza, condivisione e valutazione.