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Riforma costituzionale ed inerzia regionale (di Andrìa Pili*)

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Foto: Vito Biolchini

Il governo Renzi è l’artefice di una grande riforma della Costituzione Repubblicana. Si tratta di una riforma in senso reazionario, specie per quanto riguarda il Titolo V, sulle autonomie regionali, con delle conseguenze negative anche su Regioni a Statuto Speciale come la Sardegna.

Infatti, il ddl Boschi ha abolito la potestà legislativa concorrente- inserita nella precedente riforma del 2001- riportando così allo Stato la competenza esclusiva su istruzione, Università (in precedenza non citata),  programmazione strategica della ricerca scientifica e tecnologica, “politiche attive del lavoro” (prima non citate e divenute oggetto di conflitto tra lo Stato e le Regioni), “tutela e sicurezza del lavoro” (dal 2001 era legislazione concorrente Stato e Regione). Lo Statuto Autonomo della Sardegna non prevedeva tali competenze e perciò la nostra Regione le ha assunte soltanto con la riforma delle regioni ordinarie; ad esempio, la legge 7/2007 sulla promozione della ricerca scientifica e l’innovazione tecnologica nell’isola si appella proprio all’articolo 117 della Costituzione. Insomma, la controriforma renziana colpisce duramente l’autonomia negli ambiti- lavoro ed istruzione- più importanti per combattere il disagio giovanile.

Mentre questo processo era in atto, i nostri massimi organi si sono distinti per la propria inerzia. Perché Consiglio e Giunta non si sono inseriti, non solo per conservare competenze acquisite nel 2001 ma anche per ampliare le competenze del nostro Statuto Speciale? In un momento in cui si discute con lo Stato centrale sopra una lunga serie di vertenze, questo atteggiamento mostra non solo quanto la nostra classe politica sia incapace di difendere i nostri interessi ma anche quanto il suo “scontro con lo Stato” sia in realtà una burletta. Prova di ciò anche la recente nomina a Ministro per gli Affari Regionali di Enrico Costa (NCD), nemico delle autonomie speciali.

L’assessore all’istruzione Claudia Firino ha ben rappresentato questa mancanza di reattività e di larghe vedute dell’attuale classe dirigente. Tardiva la sua reazione alla riforma della scuola e su provvedimenti lesivi del diritto allo studio (ISEE, decreto regionale sul fitto casa); emblematico il piano di ridimensionamento scolastico 2015, pianificante la chiusura di circa 40 istituti con pluriclassi; un atto di accompagnamento alla legge Gelmini, anziché l’elaborazione di un progetto formativo per i docenti operanti in queste realtà. Il progetto Iscol@ è stato presentato come progetto di “nuova scuola”, di “cambiamento profondo” che contrasterà la dispersione scolastica. Non mancano le cose positive (edilizia, nuove tecnologie, potenziamento della matematica) ma è assente è un progetto educativo di costruzione di una Sardegna nuova. Impossibile fare ciò senza poter intervenire in modo sovrano sulla didattica e senza un progetto per la lingua sarda, che sia utilizzata come lingua veicolare normalmente e non più con progetti a discrezione dei genitori, spesso non informati adeguatamente su tale opportunità.

Lo studio sociolinguistico più recente ha rivelato come il 61.5% dei ragazzi ed il 45.8% delle ragazze tra 15 e 24 anni parli il sardo; la dispersione scolastica può essere collegata anche all’impossibilità per i ragazzi sardofoni di poter ricevere una formazione nella propria prima lingua e di potersi esprimere in essa. Inoltre, i dati del master and back ci dicono qualcosa sull’alta formazione; infatti, non solo la maggioranza dei sardi formatisi all’estero con questo progetto non fa rientro nell’isola ma chi rimane in essa ha meno probabilità di trovare lavoro nel lungo periodo. Perciò, oltre ad un ambiente sviluppato e pronto ad assorbire le intelligenze, serve anche una formazione volta alla conoscenza ed all’applicazione delle competenze acquisite nella propria terra.

Riguardo la marginalizzazione delle Università sarde, la Firino si è espressa guardando a questa quasi come ad un’incomprensione del governo centrale riguardo i nostri problemi. Manca del tutto, dunque, la coscienza di uno scontro e della necessità di combattere per la potestà legislativa sarda in materia di istruzione. Una politica sovrana in materia d’istruzione e lavoro potrebbe considerare la lingua sarda come una risorsa: il 68.4% dei sardi parlerebbe in sardo mentre la percentuale salirebbe sino al 97% prendendo in considerazione anche chi, pur non parlando in sardo, è in grado di comprenderlo. Da qui sorge il diritto democratico di ogni cittadino a ricevere una formazione in sardo ed a pretendere l’obbligo della sua conoscenza in tutti i luoghi pubblici (posti di lavoro). Ciò avrebbe migliorato la condizione dei nostri docenti, ponendoli al riparo dal rischio emigrazione ed avrebbe impedito l’assegnazione di posti, nell’isola, a docenti privi di conoscenze specifiche riguardo la nostra isola.

Non mancano gli esempi esteri di politiche sovrane- o di importanti conquiste di competenze condivise- su lavoro ed istruzione entro altri Stati plurinazionali. Lo Scotland Act (1997) ha reso la Scozia sovrana in materia d’istruzione, consentendole di garantire un sistema d’istruzione pubblico. La Catalogna ha la competenza esclusiva sulla programmazione ed il coordinamento del sistema universitario, l’approvazione degli statuti degli atenei pubblici, la formazione dei docenti e competenza condivisa su valutazione e garanzia della qualità dell’insegnamento universitario; inoltre, il catalano è la lingua da utilizzare per l’apprendimento scolastico.

Entro il dominio francese, la Nuova Caledonia con gli accordi di Noumea del 1998 ha ottenuto lo statuto di cittadinanza per i propri abitanti, con l’obiettivo esplicito di proteggere l’impiego locale; inoltre, con la legge 99-209 del 1999 ha ottenuto la competenza nell’insegnamento primario, secondario e superiore oltre che nel diritto sindacale e del lavoro. La Corsica, con la legge 92/2002 ha ottenuto l’insegnamento della lingua corsa nella scuola primaria ed elementare. Si potrebbero citare tanti altri casi, anche in  Italia, specialmente per quanto riguarda l’insegnamento linguistico per le minoranze nella provincia di Bolzano, Valle d’Aosta e Friuli citate esplicitamente nella legge 107/2015 sulla Buona Scuola per proteggerle dalle norme di ripartizione e assunzione dell’organico dei docenti nel resto dello Stato.

Cosa ci differenzia da queste esperienze? La debolezza della nostra coscienza nazionale e del nostro  sardismo politico. La classe dirigente sarda attuale è incapace, contraria e disincentivata a pensare in modo autonomo dall’Italia la condizione giovanile e le politiche su lavoro ed istruzione.  Ad aggravare la situazione è l’idea reazionaria che la questione sarda debba essere oggetto esclusivo di una discussione e contrattazione tutta interna alle élite statali e sarde; solo un forte movimento popolare può  ottenere una revisione del rapporto tra la Sardegna e lo Stato italiano, essenziale per pensare a qualsiasi miglioramento.

*Pubblicato originariamente per Il Manifesto Sardo:

http://www.manifestosardo.org/riforma-costituzionale-ed-inerzia-regionale/

Tempio. Sacro Cuore, Rinagghju e progetti mancati: un’agenda nascosta?

Conferenza stampa per la presentazione del progetto Sacro Cuore e la concessione del compendio da parte del Comune (Foto: La Nuova Sardegna)
Conferenza stampa per la presentazione del progetto Sacro Cuore e la concessione del compendio da parte del Comune (Foto: La Nuova Sardegna)

Nel documento pubblicato lo scorso aprile – “Il Fronte Indipendentista Unidu in merito all’ex Palazzina Comando e prospettive di sviluppo della città” – il FIU relazionava alla cittadinanza riguardo le vicende dell’Ex Palazzina Comando ed esprimeva una posizione politica circa il discusso Protocollo d’Intesa Comune Tempio Pausania-Ministero degli Interni, ritenuto deleterio per la città viste le condizioni della permuta tra l’ex Palazzina Comando e l’ex carcere La Rutunda. In occasione della pubblicazione del documento, il FIU precisò che alle vicende di Rinagghju e al progetto Sacro Cuore sarebbe spettata una trattazione separata. Negli ultimi mesi abbiamo seguito l’evoluzione del Progetto sino al recente ritiro da parte del Sacro Cuore, con il compendio di Rinagghju che ritorna così all’anno zero. La ricostruzione che segue vuole analizzare i vari passaggi negli ultimi anni, l’improvviso ritiro della Parrocchia ed evidenziare come l’affido alla Diocesi, alla persona del vescovo Sanguinetti, sia stata la ragione principale per la quale la stessa ha potuto beneficiare del finanziamento pubblico per il completamento della chiesa del Sacro Cuore in zona Pischinaccia-Rinaggiu.

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Tèmpiu: nisciun miraculu. Lu Sacru Cori laca Rinagghju

Rinagghju
Conferenza stampa dello scorso marzo per la presentazione del progetto Sacro Cuore e la concessione del compendio da parte del Comune (Foto: La Nuova Sardegna)

Lu passu indaretu di lu Sacru Cori è una di chissi nuitai chi no arreani dugna dì. Dapoi di la cuncissioni di Rinagghju a cumenciu d’annu, Efisio Coni, parracu di lu Sacru Cori, ha fattu sapè lu ritiru di lu prugghjettu pa Rinagghju. Intinzioni manni chi aiani autu l’ala in primma passona di lu escamu Sanguinetti, ma abà lu locu è torra tutt’ in manu a lu Cumuni.

No so chjari li muttii di la dizzisioni, forsi difficultai olganizzativi e ulintariatu ‘inutu mancu, cu lu manegghju Biancareddu chi abà, puru figghjulendi lu statiali chi veni, doarà piddà pruvvidimenti e svultà siguramenti calche cosa illa prugrammazioni pa Tèmpiu. Puru palchì l’intinzioni di lu Sacru Cori – cu l’appogghju di lu Cumuni – aiani pultatu a priidè e spaltì spesi pa accunciugni pa guasi 60 milia euro.

Dunca, dapoi di l’anni passati e la lega fra Cumuni e Alba Immobiliare, l’ATI chi arià doutu gistì pa cincant’anni Rinagghju fendini un puntu di riffirimentu pa zittadini e viagghjadori, sighi listoria chena fini di Rinagghju, chi d’annu in annu è divintendi un locu sempri più mal tentu, cun latri e danni di stimà, a lu puntu chi lu manegghju a malagana è turratu illu pienu pussessu di lu locu andendi in legghj.

Dapoi chi lu Cunsiddu di Statu illu 2012 aia datu rasgioni a lu manegghju Frediani, da lu 2013 è statu pultatu addananzi lu trabaddu fra lu chiridori Sacru Cori e l’uffìzi. Finz’ arrià a malzu 2015, candu v’è stata la cunfirènzia cu li mezi d’infulmazioni pa prisintà lu prugghjettu a li zittadini. Abà, dapoi chi s’era faiddatu puru di miraculu da chinci a pocu, lu caminu chi polta Rinagghju a esse un centru economicu impultanti illu nord Saldigna pari sempri più longu.

Tempio: nessun miracolo. Il Sacro Cuore lascia Rinagghju

Il passo indietro del Sacro Cuore sul progetto che avrebbe dovuto aver luogo a Rinagghju è una di quelle notizie che non arrivano ogni giorno. A fronte della concessione avvenuta all’inizio dell’anno, Efisio Coni, parroco del Sacro Cuore, ha infatti comunicato il ritiro del progetto. Grandi propositi avevano avuto l’appoggio in prima persona da parte del vescovo Sanguinetti, ma oggi il luogo è nuovamente ed interamente nelle mani del Comune.

Non sono chiare le ragioni della decisione, forse difficoltà organizzative e volontariato venuto meno, con l’amministrazione Biancareddu che ora, anche in vista della prossima estate, dovrà prendere provvedimenti e cambiare sicuramente qualcosa nella programmazione per Tempio. Anche perché le richieste del Sacro Cuore – con l’appoggio del Comune – avevano portato a stimare e suddividere spese per manutenzioni per quasi 60 mila euro.

Dunque, dopo gli ultimi anni e il contenzioso tra Comune e Alba Immobiliare, l’ATI che avrebbe dovuto gestire Rinagghju per cinquant’anni facendone un punto di riferimento per cittadini e turisti, prosegue la storia infinita di Rinagghju, che di anno in anno diventa un luogo sempre più degradato, con furti e ingenti danneggiamenti, al punto che l’amministrazione è ritornata forzatamente nel pieno possesso dello spazio intraprendendo un contenzioso.

In seguito alla pronuncia del Consiglio di Stato, che nel 2012 aveva dato ragione all’amministrazione Frediani, dal 2013 è stato portato avanti un lavoro comune tra il richiedente Sacro Cuore e gli uffici. Il tutto fino ad arrivare a marzo 2015, quando ha avuto luogo la conferenza con stampa al fine di illustrare il progetto ai cittadini.

Ora, dopo aver parlato persino di miracolo a breve, la strada che porta Rinagghju ad essere un importante centro economico nel nord Sardegna pare sempre più lunga.

http://www.ilminuto.info/2015/12/tempio-nessun-miracolo-il-sacro-cuore-lascia-rinagghju/#more-37132