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Cagliari, Relazione Scida-GI per “Italiani brava gente: i crimini dell’imperialismo italiano”

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Cagliari, Relazione Scida-GI per “Italiani brava gente: i crimini dell’imperialismo italiano”

Vi proponiamo la relazione di Scida presentata al convegno “Italiani brava gente: i crimini dell’imperialismo italiano” che si è svolto il 7 Dicembre 2016 nell’Ateneo Cagliaritano;  l’iniziativa era volta a decostruire alcuni luoghi comuni sul colonialismo italiano, con il contributo di storici e ricercatori quali il Dott. Eric Gobetti e il Dott. Alessandro Pes, mostrando i crimini compiuti dall’occupazione italiana in Iugoslavia (durante la Seconda Guerra Mondiale) ed in Africa (Libia, Abissinia), oltre a ricordare i più importanti episodi di conflittualità tra la Nazione sarda e lo Stato italiano, provando a leggerli attraverso un’interpretazione dell’integrazione della prima nel secondo come l’affermazione di un regime coloniale. Continua la lettura di Cagliari, Relazione Scida-GI per “Italiani brava gente: i crimini dell’imperialismo italiano”

Cagliari, “Italiani brava gente”: con Scida si parla dei crimini dell’imperialismo italiano

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Cagliari, “Italiani brava gente”: con Scida si parla dei crimini dell’imperialismo italiano


Domani in programma a Cagliari, a partire dalle ore 17:00, un convegno organizzato dagli indipendentisti di Scida – Giovunus Indipendentistas con il patrocinio dell’ERSU. Il convegno – 
Italiani brava gente: i crimini dell’imperialismo italiano – si terrà nella Sala Maria Carta di Via Trentino.  

L’incontro ha come obiettivo quello di destrutturare alcuni luoghi comuni sul colonialismo italiano mostrando, con il contributo di storici e ricercatori competenti, i crimini compiuti dall’occupazione italiana in Iugoslavia (durante la Seconda Guerra Mondiale) ed in Africa (Libia, Abissinia). Inoltre, ci sarà ampio spazio per ricordare e discutere i più importanti episodi di conflittualità tra la Nazione sarda e lo Stato italiano. Il tentativo sarà quello di leggere questi conflitti attraverso un’interpretazione dell’integrazione della Nazione sarda nella statualità italiana come affermazione di un vero e proprio regime coloniale.

Il convegno intende promuovere un dibattito sulle tematiche inerenti l’idealizzazione del colonialismo italiano nel mondo, percepito differentemente da quello degli omologhi grandi imperialismi europei.

Verranno analizzati anche gli aspetti economici, sociali, culturali e repressivi (simili a quelli di una dominazione coloniale) riguardanti la presenza dello Stato italiano in Sardegna.

Interverranno nei lavori del convegno il Dott. Eric Gobetti, Storico e ricercatore, autore di saggi e pubblicazioni sull’occupazione italiana in Iugoslavia; il Dott. Alessandro Pes, docente e ricercatore Dipartimento di Scienze Sociali e Istituzioni – Università di Cagliari; cordinerà i lavori Andrìa Pili, Segretario di Scida – Giovunus Indipendentistas.

Donbass. La Brigata Fantasma (Prizrak) contro l’occupazione militare della Sardegna

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Donbass. La Brigata Fantasma (Prizrak) contro l’occupazione militare della Sardegna

Al popolo libero di Sardegna

I volontari internazionalisti antifascisti di InterUnit della Brigata Prizrak, Novorossiya, vogliamo esprimere ai nostri fratelli dell’Assemblea Generale del Popolo Sardo, la nostra solidarietà e l’augurio di trionfare in questa coraggiosa lotta che hanno intrapreso contro l’occupazione militare della loro terra da parte delle forze fasciste della Nato e degli Stati Uniti.

La militarizzazione di un’importante area del vostro territorio rappresenta una aggressione aperta contro il popolo sardo, un’aggressione che può solo essere compresa come un differente fronte della stessa guerra che l’imperialismo statunitense conduce contro i popoli del mondo.

L’utilizzo della vostra terra per esercitazioni militari, da parte di eserciti come quello della Nato, che perseguono solo interessi espansionistici alieni agli interessi del Popolo Sardo, può solo portare conseguenze negative. In un futuro scontro bellico, questa pacifica e laboriosa terra, diventerebbe un obiettivo militare, trascinando il popolo sardo in una guerra che non ha chiesto.

In questo momento, quando la politica militare imperialista degli Stati Uniti minaccia di coinvolgere l’Europa in una nuova guerra fratricida, la lotta da voi intrapresa acquisisce una importanza cruciale, poiché come popolo assumete una posizione di avanzata nel compito di tutte e tutti di frenare una volta e per sempre questa nuova aggressione.

Per questa ragione il vostro popolo può contare sulla solidarietà e il sostegno di tutti quelli che, come noi, conducono, con differenti metodi, la lotta per la liberazione dei popoli. La vostra lotta, come la nostra, è una lotta antimperialista per l’emancipazione del proletariato nella vostra terra.

Perché la lotta del Popolo del Donbass e la lotta del Popolo di Sardegna è la stessa lotta! E perché solo la unità internazionalista ci darà la forza necessaria per vincere!

Hasta la Victoria Siempre! No Pasaràn!

Dalla libera di Novorossiya, InterUnit, Brigata Prizrak.

Ottobre 2016

Libia. Il FIU: disobbedienza civile per una Saldigna indisponibile alla guerra

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Appello a dichiarare la Sardigna terra di pace e indisponibile alla guerra!

L’Italia, complice di un’operazione neocolonialista, sta per entrare in guerra. Il capo del Governo italiano ha firmato il 10 febbraio un decreto immediatamente secretato su un possibile intervento in Libia e pochi giorni prima c’è stata una clamorosa fuga di notizie dal Wall Street Journal sulla disponibilità dell’Italia di fornire la base di Sigonella per i droni americani e per inviare un contingente di cinquemila soldati.

Sappiamo tutti ormai che la guerra in Libia c’entra poco o nulla con la guerra al terrorismo islamico. Persino il giornale della Confindustria (Il Sole24ore, 6 marzo 2016) ammette candidamente che “la Libia è un bottino da 130 miliardi di dollari subito e tre-quattro volte tanto nel caso che un ipotetico Stato libico, magari confederale e diviso per zone d’influenza, tornasse a esportare come ai tempi di Gheddafi” e che lo Stato italiano ha grossi interessi da difendere, a partire dalle commesse dell’ENI che oggi controlla quasi tutti i traffici petroliferi.

Una guerra quella libica, cominciata perché il governo di Gheddafi intendeva avviare il processo per una moneta panafricana e portare a termine il processo di decolonizzazione, in particolare dalla Francia. Processo di emancipazione che fu stroncato a suon di bombe e con un flusso impressionante di armi ai terroristi islamici cantati anche dalla “sinistra” italiana come “ribelli democratici”. Il risultato è una guerra per bande sanguinaria che ha portato la Libia da paese in via di sviluppo a stato distrutto dalla guerra ed ostaggio dell’imperialismo europeo e nordamericano, esattamente come lo sarebbe la Siria senza la resistenza siriana e curda e senza il sostegno della Russia.

Veniamo però al punto che ci interessa come sardi e sarde:

La nostra terra è occupata dall’esercito italiano e dai suoi alleati NATO. Siamo in pratica una portaerei e dall’aeroporto militare di Decimomannu sono per l’appunto partiti i caccia francesi che hanno devastato la Libia.

Il governo Regionale, se fosse reale espressione degli interessi dei sardi, dovrebbe dichiarare solennemente e unilateralmente la propria indisponibilità alla guerra, la propensione alla pace e all’amicizia tra i popoli e diffidare chiunque dall’utilizzo di qualsiasi infrastruttura presente nell’isola e dall’utilizzo dello spazio aereo, terrestre e marittimo della Sardegna a scopi bellici.

Il Fronte Indipendentista Unidu rivolge un accalorato appello a tutti gli indipendentisti, ai pacifisti, agli antimilitaristi, ai sinceri democratici, agli ambientalisti e a tutte le forze libere dalle logiche guerrafondaie e imperialistiche per un’ampia mobilitazione che non escluda anche l’utilizzo di pratiche per la disobbedienza civile e l’interruzione delle attività belliche.

Fronte Indipendentista Unidu

Trident Juncture. Il FIU: “liberiamo la Sardegna dall’occupazione militare”


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LIBERIAMO LA SARDEGNA DALL’OCCUPAZIONE MILITARE

Il Fronte Indipendentista Unidu aderisce alle mobilitazioni contro l’occupazione militare della Sardegna e contro lo svolgimento dell’esercitazione Trident Juncture e invita tutti i cittadini sardi che hanno a cuore la difesa della loro terra e la difesa della pace fra i popoli a scendere in piazza.

La Trident Juncture 2015, la più imponente esercitazione NATO degli ultimi 15 anni a conclusione di una intensissima stagione di esercitazioni e addestramenti.

In particolare il poligono di Capo Teulada sarà uno degli epicentri dell’esercitazione NATO. Qui è previsto il bombardamento contro la costa sarda, lo sbarco di reparti anfibi italiani, USA e del Regno Unito e di altri trenta stati aderenti all’alleanza imperialista NATO. Data la situazione di forte crisi internazionale e dati i mezzi straordinari messi in campo possiamo dire che si tratta non di una esercitazione ma di una operazione di preguerra.

Il Fronte Indipendentista Unidu ritiene che per meglio coordinare le lotte contro l’occupazione militare straniera (compresa quella italiana) sia però necessario creare un coordinamento unitario che non si fermi all’opposizione alle esercitazioni ma prosegua con campagne e mobilitazioni costanti.

Riteniamo che i tre punti unificanti possano essere senz’altro:

  • Difesa dei valori della pace e condanna delle politiche imperialistiche ed aggressive della NATO.
  • Difesa e tutela dell’ambiente e della salute umana ed animale e bonifica dei siti compromessi.
  • Smobilitazione dei tre poligoni di tiro e di tutte le basi militari in Sardegna in nome della sovranità e dell’autodeterminazione del popolo sardo sul proprio territorio nazionale.

Senza coordinamento unitario di tutte le forze contrarie all’occupazione militare è impensabile riuscire a mobilitare quelle energie sufficienti ad ostacolare, sabotare e danneggiare gli interessi miliardari del colonialismo militare dello Stato italiano e scongiurare i rischi collettivi che l’essere “piattaforma militare” stanno esponendo la Nazione sarda a inquietanti tensioni internazionali.

Appuntamenti

MANIFESTAZIONE A CAGLIARI, 31 OTTOBRE, PIAZZA GARIBALDI, CONCENTRAMENTO ORE 10:00.

MANIFESTAZIONE AL POLIGONO DI CAPO TEULADA, 3 NOVEMBRE ORE 10.30, CONCENTRAMENTO PORTO PINO (Sant’Anna Arresi) Via della I spiaggia.

Carta d’Algeri. Dichiarazione Universale dei Diritti dei Popoli (1976)

I sei “capi storici” della lotta di Liberazione fotografati prima dell’avvio dell’insurrezione. In piedi, da sinistra verso destra: Rabah Bitat, Mostefa Ben Boulaïd, Didouche Mourad e Mohammed Boudiaf. Seduti: Krim Belkacem e Larbi Ben M’Hidi

DICHIARAZIONE UNIVERSALE DEI DIRITTI DEI POPOLI

“La Carta di Algeri”

Algeri (Algeria), 4 luglio 1976

Preambolo
Noi viviamo tempi di grandi speranze, ma anche di profonde inquietudini; tempi pieni di conflitti e contraddizioni; tempi in cui le lotte di liberazione hanno fatto insorgere i popoli del mondo contro le strutture nazionali e internazionali dell’imperialismo e sono riusciti a rovesciare i sistemi coloniali; tempi di lotte e di vittorie, in cui le nazioni, nei loro rapporti e nella loro struttura interna, si propongono nuovi ideali di giustizia; tempi in cui le risoluzioni dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo alla Carta dei Diritti e dei Doveri economici degli Stati, hanno delineato le ricerca di un nuovo ordine politico ed economico internazionale. Ma questi sono anche tempi di frustrazioni e di sconfitte, in cui nuove forme di imperialismo si manifestano per opprimere e sfruttare i popoli. L’imperialismo, in forza di meccanismi e di interventi perfidi e brutali, con la complicità di governi spesso da esso stesso imposti, continua a dominare una parte del mondo. Attraverso l’intervento diretto o indiretto, utilizzando le società multinazionali, appoggiandosi sulla corruzione delle polizie locali, prestando il suo aiuto a regimi militari fondati sulla repressione poliziesca, la tortura e la distruzione fisica dei suoi avversari, servendosi di tutte le strutture e attività alle quali è stato dato il nome di neo-colonialismo, l’imperialismo estende il suo controllo su molti popoli. Coscienti di interpretare le aspirazioni della nostra epoca, ci siamo riuniti ad Algeri per proclamare che tutti i popoli del mondo hanno pari diritto alla libertà: il diritto di liberarsi da qualsiasi ingerenza straniera e di darsi il governo da essi stessi scelto, il diritto di lottare per la loro liberazione, nel caso fossero in condizioni di dipendenza, il diritto di essere assistiti nella loro lotta dagli altri popoli. Convinti che il rispetto effettivo dei diritti dell’uomo implica il rispetto dei diritti dei popoli, abbiamo adottato la Dichiarazione Universale dei Diritti dei Popoli. Che tutti coloro che nel mondo conducono, a volte con le armi in pugno, la grande lotta per la libertà di tutti i popoli trovino in questa dichiarazione la conferma della legittimità delle loro lotte.
SEZIONE I: Diritto all’esistenza
Articolo 1
Ogni popolo ha diritto all’esistenza.

Articolo 2
Ogni popolo ha diritto al rispetto della propria identità nazionale e culturale.

Articolo 3
Ogni popolo ha il diritto di conservare pacificamente il proprio territorio e di ritornarvi in caso di espulsione.

Continua la lettura di Carta d’Algeri. Dichiarazione Universale dei Diritti dei Popoli (1976)

Casteddu. Tistimunianza di Marco Santopadre innant’ a la resistenzia illu Donbass

Lucia Nazi GoracciVennari passatu, la dì 26 di làmpata, a lu circulu ME-TI di Casteddu v’è statu lu primmu di una filérina d’attoppi innant’ a la crisi ucraina e la resistenzia illu Donbass. In palticulari s’è faeddatu di l’ispiriènzia di li Repubblichi di Donetsk e Lugansk. L’attoppu è statu ulganizzatu impari da Scida – Giovunus Indipendentistas e lu Fronte Indipendentista Unidu. Continua la lettura di Casteddu. Tistimunianza di Marco Santopadre innant’ a la resistenzia illu Donbass

L’indipendentismo sardo di fronte al Donbass (di Scida)

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Pubblichiamo la nostra relazione presentata al convegno del 26 giugno- organizzato a Cagliari in collaborazione con il Fronte Indipendentista Unidu- “Lotta antifascista, diritto all’autodeterminazione, tendenza alla guerra – l’esperienza delle Repubbliche Popolari di Donetsk e Lugansk”.

L’Internazionalismo non si basa sul sentimentalismo romantico o cosmopolita ma è una pratica con la sua ragione di essere nella consapevolezza di appartenere ad un medesimo contesto, come il sistema capitalista mondiale o la sudditanza ad una stessa egemonia politica ed economica, quindi la condivisione dello stesso nemico. Prima di prendere una posizione riguardo il Donbass, dunque, è necessario osservare a grandi linee l’area del conflitto ucraino.

Il conflitto di interessi economici tra Unione Europea e Russia, entrambe vogliose di dominare l’economia della terra di frontiera ucraina- il polo europeo è il principale partner commerciale dell’Ucraina, 25.3% export e 40.7% import, mentre la Russia segue con 24.1% e 19.6%- è esploso alla fine del 2013 durante la presidenza di Yanukovic. Il suo rifiuto di siglare un accordo commerciale con l’UE, in novembre, ha scatenato la protesta di Jevromaidan ad opera di filoeuropeisti, presto egemonizzati da gruppi dell’estrema destra (Svoboda e Pravj Sektor) e strumentalizzati da Washington. Gli Stati Uniti, senza avere particolari interessi economici nel Paese, sono intenzionati a contenere la Russia, potenza concorrente nell’area; a questo fine, da vent’anni, foraggia organizzazioni non governative- come la Open Society di Soros- pronte a scattare a convenienza contro un governo sgradito agli USA o amico della Russia. Così è successo nel 2004, nella cosiddetta Rivoluzione Arancione, sempre contro Yanukovic ed in favore dei filoeuropeisti Yushenko e Tymoshenko e così è accaduto nel 2013. Gli Stati Uniti, vista la debolezza politico militare del progetto europeo- in bilico tra la velleità di costruzione di un proprio grande polo capitalista e l’incapacità di sganciarsi dall’ombrello NATO- hanno chiaramente approfittato del conflitto ucraino, spingendo verso un rafforzamento dei legami commerciali euroatlantici (TTIP o il proprio gas naturale liquido contro la dipendenza dal gas russo) e l’indebolimento dell’economia russa (prigioniera della propria dipendenza dal petrolio e colpita dalle sanzioni). Da Jevromajdan è sorto una specie di golpe contro il governo legittimo volto a portare l’Ucraina entro l’orbita euroatlantica. Il nuovo governo di Yatsenjuk, insediato nel febbraio 2014, diede 4 ministeri agli estremisti di destra di Svoboda, siglò il trattato commerciale con l’UE, propose di eliminare lo status del russo come seconda lingua ufficiale dello Stato. Questi tre fattori provocarono il disappunto dei cittadini dell’Est del Paese, in particolare del Donbass.

In questa regione hanno sede un importante settore metallurgico (acciaio, 40% dell’export di tutta l’Ucraina) e le miniere di carbone, liberi da ingerenze esterne, a differenza degli altri settori economici ucraini. Inoltre, questo carattere operaio- presente fin dall’epoca sovietica- unito all’importanza delle proprie risorse, ha fatto sì che i popoli della provincia di Donetsk e di Lugansk sviluppassero una propria identità, una propria volontà autonomista mostrata chiaramente dagli scioperi dei minatori nel 1993 per ottenere uno statuto autonomo. Per questi elementi, uniti alla forte componente russa e russofona (il russo è maggioritario oltre che più usato che in altre parti del paese), il popolo del Donbass è avverso al nuovo governo ed al blocco euroatlantico verso cui si sta dirigendo, in quanto danneggerebbe la propria economia e la propria cultura. In aprile- con l’occupazione dei palazzi governativi di Donetsk, Lugansk e Kharkiv- lo scontro con Kiev diventa aperto e nel maggio seguente- dopo un referendum per l’indipendenza- nascono le Repubbliche Popolari di Donetsk e Lugansk e quindi la loro resistenza armata contro l’esercito ucraino, i battaglioni neonazisti e gli interessi della NATO.

Merito di questa resistenza popolare è anche di aver fatto emergere le contraddizioni degli oligarchi ucraini, molto legati a questo territorio. I magnati sfruttatori delle risorse del Donbass- dal 1993 al 2003 sono state privatizzate 9200 aziende statali- sono stati sempre molto influenti nello Stato ucraino, controllando le risorse del paese indipendenti dal capitale straniero (commercio del gas, lavorazione del petrolio, industria metallurgica). Dai governi di Kiev- controllati in maniera diretta o indiretta- hanno sempre ottenuto dei privilegi vista la grande importanza della regione per l’economia ucraina; proprio a tutela di questi, gli oligarchi sono passati compatti dalla parte del governo centrale- sebbene una parte di essi abbia inizialmente sostenuto Yanukovic contro l’Europa- e contro i separatisti. Infatti, hanno bisogno dell’unità statale ucraina a sostegno dei propri profitti: lo Stato ucraino è uno strumento degli oligarchi (il presidente Poroshenko, il 7^ uomo più ricco del Paese è l’ultimo esempio). Il chiaro distacco tra oligarchi e militanti indipendentisti del Donbass si è avuto nel maggio 2014, quando Ahmetov – il più ricco d’Ucraina, controllante diverse fabbriche nella regione- ha chiamato i propri operai a fronteggiare i separatisti. Per tutta risposta, l’allora presidente della Repubblica Popolare di Donetsk- Pushilin- ha minacciato la nazionalizzazione delle industrie in seguito al rifiuto degli oligarchi di pagare le tasse alla RPD, accusandoli inoltre di avere derubato i cittadini per anni. Durante gli ultimi venti anni questi uomini facoltosi seppero costruire il proprio consenso nella regione, garantendo uno standard di vita superiore a quello del resto dell’Ucraina (bassa disoccupazione, alto reddito pro capite, salari in crescita); per questo il distacco tra popolo e oligarchia maturato durante lotta assume una importanza storica, oltre ad essere il segno di una lotta a carattere popolare.

Le elezioni ucraine di Ottobre 2014 hanno sancito un governo a maggioranza filoeuropeista e di Destra egemonizzato dal Blocco Poroshenko e dal Fronte del Popolo di Yatseniuk, con il 21% ciascuno dei suffragi. Il conflitto continua ancora oggi, seppure si sia cercato un accordo tra Kiev le aree ribelli su una larga autonomia per la regione ed il rispetto della lingua russa. L’influenza dei neonazisti è ancora ben presente- basti guardare al fatto che un consulente dello Stato Maggiore ucraino era un militante del Pravj Sektor- mentre il carattere reazionario dello Stato ucraino è divenuto evidente dopo la proibizione del Partito Comunista e dell’equiparazione tra nazismo e comunismo.

In Donbass è quindi in atto un movimento d’autodifesa per difendere identità, cultura, economia, lingua. Insomma, la lotta per l’autodeterminazione del popolo del Donbass è pienamente legittima in quanto antifascista e contro uno Stato oppressore. In più è anche una battaglia contro l’egemonia statunitense ed il polo capitalista europeo. Ciò significa che questa resistenza è una lotta fraterna a quella del movimento di liberazione nazionale sardo. Infatti, la Sardegna si ritrova a pagare- tramite l’occupazione militare, basti pensare al solo Poligono di Quirra, il più grande d’Europa- sulla propria pelle l’Alleanza Atlantica a tutela degli interessi dell’imperialismo occidentale e non può che esprimere la propria avversione verso un progetto europeista edificato su basi non democratiche ed in favore della creazione di un grande spazio entro cui la nostra isola, pure indipendente, sarebbe integrata solo in condizioni di sudditanza e di cui- come organizzazione giovanile e studentesca indipendentista- abbiamo più volte sottolineato i mali in ambito universitario e nelle politiche del lavoro giovanile.

L’indipendentismo sardo deve dirsi attivamente solidale con le Repubbliche Popolari di Donetsk e Lugansk e guardare- con disincanto e realismo- favorevolmente a chiunque ponga in crisi l’egemonia entro cui la Sardegna è posta come periferia, osservando come- nella storia- il declino di grandi potenze imperiali e imperialiste abbia favorito i movimenti di emancipazione.

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