A Foras, mobilitazioni contro JointStars 2017: “fermiamo la guerra”
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Vi proponiamo la relazione di Scida presentata al convegno “Italiani brava gente: i crimini dell’imperialismo italiano” che si è svolto il 7 Dicembre 2016 nell’Ateneo Cagliaritano; l’iniziativa era volta a decostruire alcuni luoghi comuni sul colonialismo italiano, con il contributo di storici e ricercatori quali il Dott. Eric Gobetti e il Dott. Alessandro Pes, mostrando i crimini compiuti dall’occupazione italiana in Iugoslavia (durante la Seconda Guerra Mondiale) ed in Africa (Libia, Abissinia), oltre a ricordare i più importanti episodi di conflittualità tra la Nazione sarda e lo Stato italiano, provando a leggerli attraverso un’interpretazione dell’integrazione della prima nel secondo come l’affermazione di un regime coloniale. Continua la lettura di Cagliari, Relazione Scida-GI per “Italiani brava gente: i crimini dell’imperialismo italiano”
Moneta celebrativa della visita congiunta nazisti-sionisti in Palestina (Leopold von Mildenstein per le SS e Kurt Tuchler per la Federazione Sionista), emessa dal quotidiano berlinese Der Angriff. Leopold von Mildenstein tra il settembre e l’ottobre del 1934 scrisse per Der Angriff, fondato da Goebbels nel 1927, una serie di dodici articoli che raccontavano il tempo trascorso l’anno precedente in Palestina, all’epoca sottoposta al Mandato britannico (dal 1920 al 1948, in base agli accordi di Sykes-Picot del 1916) e i contemporanei sforzi degli ebrei d’Europa nel volersi insediare e sviluppare in Palestina, costruendo quello che J. Balfour nel 1917 definiva “focolare nazionale” e che la corona britannica si impegnava a sostenere. Nel 1935 Mildenstein presenziò la riunione della World Zionist Organization a Lucerna, fondata da Theodor Herzl nel 1897 a Basilea. Nei tre decenni precedenti la conclusione della II Guerra Mondiale, gli ebrei in Palestina passarono così da circa 80 mila a quasi un milione.
Foto UNRWA Nahr al-Bared in Libano, inverno 1948
Palestinian refugees leaving a village near Haifa, June 1948. Photo by Corbis
Norman Gary Finkelstein, politologo e storico statunitense antisionista di origini ebree. Ha scritto, tra gli altri, “L’industria dell’Olocausto“. Dal 2008 è persona non gradita al governo israeliano: “Hezbollah rappresenta la speranza. Combattono per difendere la propria terra e l’indipendenza della propria nazione; difendono se stessi dai predatori, dai vandali, dagli assassini stranieri“.
Continua la lettura di Giornata della memoria: il sionismo è nazismo
Calendario esercitazioni militari in Sardegna – I semestre 2016
Nel gennaio del 2015, sulla scia delle manifestazioni indipendentiste e antimilitariste successive all’incendio di Capo Frasca, Francesco Pigliaru affermava: “La sospensione delle esercitazioni nei poligoni, compreso Capo Frasca, dal primo giugno al 30 settembre è il primo, incoraggiante, segnale dell’avvio di un dialogo concreto tra la Regione Sardegna e il Ministero della Difesa, così come previsto dall’accordo che abbiamo sottoscritto ieri“.
Per completezza, va detto che alla notizia dell’interruzione estiva -motivata con gli “interessi turistici”, insufficienti ragioni in vista di un reale sviluppo e destagionalizzazione del settore e una tutela imprescindibile della salute pubblica – si aggiungeva l’infima rassicurazione della costante presenza dei “presidi antincendio durante le esercitazioni“.
Di seguito il Calendario esercitazioni militari in Saldigna – 1° semestre 2016 dove si può notare come il fitto programma di esercitazioni nei Poligoni militari si protragga fino al 30 giugno.
*Originariamente pubblicato su Scida – Giovunus Indipendentistas, l’01/10/2013. http://scida.altervista.org/
L’esercito italiano in Sardegna: occupazione e repressione.
Le forze armate dello Stato unitario sono state attive nella repressione dei moti popolari della seconda metà del XIX secolo, in opposizione alle proteste popolari – da quelle contro la abolizione degli adempirvi (1865), ultimo attacco contro la gestione comunitaria della terra, ai battellieri in sciopero di Carloforte e ai tumulti di Sanluri del 1881, ove i carabinieri spararono sulla folla uccidendo 4 persone che manifestavano la propria opposizione alla miseria- e nelle retate terroristiche contro la popolazione barbaricina, in nome di una pretesa “lotta al banditismo” ma che in realtà era una “caccia grossa” al sardo.
Nel 1904, il direttore della miniera di Buggerru – il greco Georgiadis – chiese l’intervento di due compagnie di carabinieri al fine di costringere gli operai ad interrompere lo sciopero. Il risultato: 4 morti, uccisi perché si opponevano alla riduzione del proprio salario e all’estensione del lavoro a 12 ore. Due anni dopo, l’esercito si distinse ancora nel fare fuoco contro la nostra gente, che si scagliava contro i simboli dell’oppressione colonialista- caseifici, tramvie, casotti daziari-, facendo 2 morti a Cagliari; 2 a Gonnesa; 2 a Nebida; 5 a Villasalto. Senza contare i feriti.
Durante l’ultimo secolo lo Stato italiano – forte del suo dominio economico e culturale – poté contenere i costi dell’oppressione: non più atti palesi, come sparare su civili inermi, ma specialmente attraverso l’occupazione militare diretta, senza disprezzare la comparsa in operazioni contro i “banditi” (Operazione “Forza Paris”, 1992). Le basi militari sono state costruite a partire dagli anni ’50, sotto l’egida della Nato, e quindi della potenza statunitense, la quale – come ogni dominatore storico della Sardegna – vede nella nostra terra un utile avamposto per l’egemonia nel Mediterraneo. Le forze armate italiane condividono con gli alleati atlantici il più grande poligono terrestre, aereo e navale d’Europa (Quirra); il secondo poligono più grande dello Stato (Capo Teulada); il poligono di Capo Frasca; l’aeroporto di Decimomannu; le stazioni di telecomunicazioni del Monte Arci e di Santu Lussurgiu. Le servitù militari – tra terre e acque concesse per le attività di poligoni, aeroporti, porti, beni sottoposti a demanio militare, depositi munizioni, impianti di telecomunicazioni- ricoprono un’area di oltre 35000 ettari, contro i 16000 sul restante territorio dello Stato. In Sardegna sono dunque presenti il 70% delle servitù militari dello Stato, terreni tolti al libero uso delle nostre comunità e che gravano come un macigno sulla nostra possibilità di sviluppo economico. Entro tali aree inibite alla nostra popolazione si compiono lanci di razzi e missili; sganci di bombe (l’80% delle esplosioni di bombe in Italia, in tempo di pace, hanno avuto luogo in Sardegna); prove di armi da parte di militari di tutto il mondo, offerte dalle industrie private degli armamenti; esercitazioni a fuoco per azioni da attuare nelle guerre per l’egemonia occidentale. Inoltre, la nostra terra possiede la più alta percentuale di occupati nelle Forze Armate (4%), mentre nel settentrione e nel meridione d’Italia non si supera il 2%. Crediamo che ciò sia più che sufficiente per affermare, senza possibilità di smentita, che la nazione sarda subisca una grave occupazione militare.
Significativa è la questione della nuova caserma della Brigata Sassari, a Nuoro. 517 ettari della comunità nuorese, destinati a questa funzione del tutto estranea ai suoi interessi economici, per un costo di 24 milioni di euro, mentre per la costruzione del campus universitario si destinerà solo un milione di euro per rimettere a nuovo una ex artiglieria. Insomma, si vede una scelta politica ben precisa nel favorire le forze armate italiane invece degli studenti nuoresi!
RIFERIMENTI ESSENZIALI
– Leopoldo Ortu, Storia della Sardegna: dal Medioevo all’Età Contemporanea (CUEC, 2011);
– Girolamo Sotgiu, Storia della Sardegna dopo l’Unità, (Laterza, 1986);
– Girolamo Sotgiu, Storia della Sardegna dalla grande guerra al fascismo (Laterza, 1990);
– Guido Floris, Angelo Ledda, Servitù militari in Sardegna. Il caso Teulada (La Collina, 2010);
– Giulio Bechi (a cura di Manlio Brigaglia), Caccia Grossa (Ilisso, 2006);
http://scida.altervista.org/vogliamo-la-scuola-sarda-non-militari-italiani/#sthash.FTwQ1MmL.dpuf
Non c’è lotta contro l’occupazione militare senza lotta per l’indipendenza. La grande manifestazione di Capo Frasca ha dimostrato il carattere indipendentista della mobilitazione, almeno nella sua direzione. Fare un passo indietro rispetto a questo significa fare un grosso regalo allo Stato italiano e al suo esercito. La mobilitazione contro l’occupazione militare deve ovviamente restare aperta a tutte le istanze pacifiste, democratiche e di base anche se non esplicitamente indipendentiste, ma è necessario fare chiarezza su un punto fondamentale. Senza una chiara direzione indipendentista non è pensabile ottenere lo smantellamento dell’occupazione militare. Parlare di trasversalità e rimuovere il carattere indipendentista della mobilitazione significa automutilarsi e privarsi dello strumento più importante in questa battaglia contro lo Stato coloniale. Bisogna spiegare alla nostra gente che finché ci sarà l’Italia ci saranno i poligoni militari, lottare contro questi ultimi significa lottare per l’indipendenza.
Contro l’occupazione militare serve un progetto di governo della nazione sarda, quindi una prospettiva di convergenza indipendentista e nazionale sarda. La mistica delle manifestazioni o bagni di folla trasversali non è sufficiente per smantellare una presenza che evidentemente non è solo militare ma è anche politica e culturale. Serve creare un blocco storico che sia capace di proporre una alternativa di sistema alla presenza militare nella nostra isola. Serve una campagna paese per paese, porta a porta, capace di mobilitare ampie energie e serve soprattutto una rete di referenti territoriali che sappiano entrare nei posti di lavoro, nelle scuole, nelle università, nei quartieri. Come è possibile ottenere tutto questo senza disporre di una rete politica organizzata ed operativa? Per questo motivo il Fronte Indipendentista Unidu aderisce e promuove la Rete Pesa Sardigna, frutto di un confronto democratico e paritario su questo tema, e di cui fanno parte indipendentisti e associazioni di base. Pesa Sardigna invita quindi tutte le forze antimilitariste ad aderire all’iniziativa in programma per il 29 ottobre prossimo a Lanusei.
È altamente inutile individuare nella Giunta Pigliaru un interlocutore potenziale per la risoluzione di questa vertenza. La posizione della Giunta è chiara e non lascia spazio ad ambiguità. Nel documento di Programmazione, bilancio, credito e assetto del territorio scritto dal Centro Regionale di Programmazione e firmato 22 luglio 2014 viene affermato quanto segue: “non si può sottacere l’importanza delle infrastrutture, quali ad esempio i poligoni e gli aeroporti militari in Sardegna, per un armonioso sviluppo delle politiche industriali in materia di spazio a livello regionale”
(http://www.sardegnaprogrammazione.it/documenti/35_84_20140724090653.pdf)
Il Fronte Indipendentista Unidu aderirà a tutte le mobilitazioni, che chiaramente e senza ambiguità si schierino non soltanto contro l’occupazione militare della Sardegna, ma che siano anche finalizzate alla polarizzazione delle forze sane della Nazione Sarda e alla marginalizzazione e all’isolamento di chi ha oggettive complicità nel governo coloniale, sia attuale che trascorso.
Il Fronte Indipendentista Unidu ritiene fondamentale e prioritario costituire un polo indipendentista aperto alla società civile e alle istanze di base capace di fare chiarezza. Detto questo, se la lotta indipendentista sta attraendo a sé individui e organizzazioni che in passato hanno militato in formazioni italiane, noi riteniamo che sia doveroso analizzare la coerenza e la trasparenza del loro avvicinamento all’indipendentismo. La gestione di questo processo storico e politico si presenta pressoché impossibile, attraverso grandi manifestazioni di popolo slegate da una visione politica indipendentista sul territorio. I lavori di Pesa Sardigna vedono una pratica paritaria tra le organizzazioni aderenti e una condivisione totale dei contenuti e delle decisioni organizzative sullo sviluppo della Rete stessa. Le tematiche che Pesa Sardigna porta avanti sono in totale rottura con l’apparato statale. I documenti e le posizioni espresse sono ineccepibili, sul processo di Quirra, sull’occupazione militare e sulla lotta di liberazione nazionale. Chi aderisce a Pesa Sardigna sposa una linea politica indipendentista che permea ogni battaglia che viene affrontata attualmente e che lo sarà in futuro. Asciugare dalle lotte di popolo dal carattere marcatamente indipendentista, significa ghettizzarsi. E’ un suicidio politico che implica un ritorno all’oscurantismo e alla stigmatizzazione dell’indipendentismo, a livello politico quanto intellettuale, fase dalla quale si è faticosamente usciti nel corso dell’ultimo decennio. O forse – a veder parlare di trasversalità e ad avere tanto a cuore far sparire la connotazione indipendentista dall’agire politico – c’è da chiedersi se questa fase sia tutto, tranne che superata.
Il Fronte Indipendentista Unidu ritiene prioritario concentrarsi sulla costruzione di una significativa mobilitazione in occasione della prima udienza al processo contro i generali del Poligono Interforze del Salto di Quirra, prevista il 29 ottobre davanti al tribunale di Lanusei. Abbiamo molto chiaro il fatto che per l’Esercito italiano il poligono di Quirra sia irrinunciabile e che costituisca il vero interesse strategico su cui puntano l’Esercito, le multinazionali delle armi, lo Stato italiano e la stessa giunta Pigliaru. Per questo motivo rilanciamo con forza l’appuntamento, promosso dalla Rete Pesa Sardigna, per il 29 ottobre davanti al tribunale di Lanusei in occasione della prima udienza del processo Quirra.