Archivi tag: sottosviluppo

Il razzismo e l’ambiguità delle istituzioni italiane in Sardegna

Razzismo

Colonialismo: il razzismo e l’ambiguità delle istituzioni italiane in Sardegna

Il Co.Ce.R. (COnsiglio CEntrale di Rappresentanza), massimo organismo di rappresentanza sindacale per le forze armate (interforze), si esprime costantemente in merito all’importanza socioeconomica dell’occupazione militare. Il delegato, Antonsergio Belfiori, dal sito SardegnaFuturo parla dell’importanza di Decimomannu citando i risvolti sociali delle attività della Base, in particolare: “sono stati acquistati 3 defibrillatori per altrettante società sportive e 250 buoni spesa per famiglie in difficoltà economiche dei Comuni di Villasor, Decimomannu, Decimoputzu, San Sperate e Arbus“. Il pezzo in questione è un accorato appello contro la dipartita della Lutwaffe. Si pone, così, alla Difesa italiana un grande problema per l’operatività del sito: con chi ripartire le enormi spese di gestione della Base (60 milioni di euro) alla luce del disimpegno del partner tedesco?

Ciò che il CoCeR richiede è, dunque, “un piano di sostenibilità delle attività dell’industria della Difesa in Sardegna” che consolidi il settore bellico in Sardegna in un momento in cui Decimomannu rischia di veder indebolito l’indotto. Si annuncia misteriosamente la presenza di “importanti società italiane pronte ad investire in progetti altamente tecnologici in ambito della Difesa” che attendono che la politica affronti seriamente il tema, auspicando un tavolo dove si possano coinvolgere le università sarde per progetti ad altro contenuto tecnologico nel settore Difesa. Il realtà, ciò è piuttosto noto e il consolidamento del settore Difesa italiana in Sardegna passa per larga parte, e da tempo, dal progetto DASS, Distretto Aerospaziale della Sardegna (DASS). https://www.zinzula.it/a-foras-seconda-parte-il-pd-e-il-distretto-aerospaziale-salvare-il-pisq-di-scida/

L’articolo, con posizioni a favore della permanenza e dell’intensificazione delle attività militari in Sardegna, include una vignetta piuttosto eloquente sullo spirito della Difesa italiana in Sardegna e degli organismi sindacali dei corpi militari. Una vignetta che lo esprime al meglio, molto più che i richiami all’indotto, ai benefici dell’industria militare e gli effetti sociali nelle comunità.

Il messaggio è il culto della rassegnazione e dell’asservimento.  Per i sardi, rigorosamente stereotipati in berritta, ci sarà sempre e comunque una rete – militare o no – che li escluderà dal governo e dallo sviluppo del proprio territorio, benefici che sempre andranno ad “un milanese“. Alla luce di questo ineluttabile destino di sottomissione, tanto vale mantenere le attuali reti spinate caratterizzate da divieto militare.

razzismo I sardi come bestie predatrici. Roberto Saieva, 63 anni, di Agrigento, ex capo della Procura della Repubblica di Sassari e, da febbraio 2015, attuale Procuratore generale presso la Corte d’Appello di Cagliari. In occasione dell’apertura dell’anno giudiziario, parla della “trasfusione dell’istinto predatorio tipico della mentalità barbaricina”, in merito alla diffusione di rapine a portavalori, banche e poste. Questi reati rappresentano per Saieva l’evoluzione storica dell’indole sarda che stava alla base dei sequestri di persona, definiti tipicamente barbaricini, fenomeno ormai scomparso; secondo Saieva, è agevole considerare che quello stesso istinto predatorio si identifica oggi sotto forma dei nuovi reati citati.

Roberto SaievaInoltre, dalla relazione del Procuratore generale Saieva è confortante apprendere il mancato insediamento in Sardegna di gruppi criminali organizzati di stampo mafioso, nonostante:

  • i contatti, ben delimitati, tra gruppi malavitosi isolani ed organizzazioni esterne, italiane e internazionali, nell’ambito del traffico di stupefacenti;
  • le presenze, talora individuate, di imprese riconducibili ad contesti mafiosi tra quelle impegnate, normalmente quali subappaltatrici, nell’ambito della realizzazione di opere o prestazione di servizi pubblici;
  • iniziative dirette al reimpiego di capitali illeciti attraverso investimenti immobiliari nelle aree costiere della Sardegna, soprattutto nel nord dell’Isola.

I fatti suddetti esistono e non se ne nega, anzi tutt’altro, la dinamica sul territorio sardo ma, secondo il Procuratore, i fatti stessi costituiscono: primariamente, fonte di osservazione attenta da parte delle forze dell’ordine; in generale, al momento tali fatti non denunciano una mutazione del popolo sardo (non della criminalità sarda, ma dell’intero popolo) da sempre restio secondo Saieva (congenita refrattarietà) a fenomeni criminali organizzati e in pianta stabile, a causa del suo spiccato individualismo.

Se ne può concludere che, nonostante gli affari di stampo mafioso presenti nel territorio e nel sistema socioeconomico nazionale sardo, la mafia non esista in Sardegna, per lo meno fino a quanto non avverrà la mutazione alla quale fa riferimento Saieva. La mafia non esisterà in Sardegna fino a quando i sardi non saranno divenuti mafiosi, fino a quel momento – nonostante gli affari e i fatti criminosi di stampo mafioso i quali “non denunciano […]”. Difatti, a ben vedere, il Procuratore non ha potuto dire che tali gravi fatti non segnalano la presenza di organizzazioni criminali di stampo mafioso, ma ha potuto solo dire che i sardi complessivamente ancora non hanno mutato la loro propensione all’individualismo favorendo di conseguenza l’organizzazione della struttura criminale in pianta stabile. Questo significa, comunque, la presenza diffusa della mafia in Sardegna. Forse di questo bisognerebbe preoccuparsi, più che lasciarsi andare a considerazioni antropologiche di lombrosiana memoria.

Gioventù sarda e dipendenza (di Andrìa Pili*)

Indipendentzìa

*Pubblicato originariamente da Il Manifesto Sardo  http://www.manifestosardo.org/gioventu-sarda-e-dipendenza/

Il 2015 sardo si è concluso con le esternazioni trionfalistiche dei massimi esponenti della Giunta Regionale riguardo i dati sull’occupazione nell’isola. Francesco Pigliaru e Raffaele Paci ci informano che il lavoro è cresciuto, la disoccupazione cala, crescono i contratti a tempo indeterminato. Interessante è questa frase del Presidente: “Significa che le imprese puntano di più sull’occupazione, rispondendo positivamente alle politiche del Jobs Act”. Confrontando il terzo trimestre del 2015 e quello del 2014, si contano 28000 posti di lavoro in più, il 68% dei quali nel settore alberghiero e ristorativo e dunque per lo più stagionale. Continua la lettura di Gioventù sarda e dipendenza (di Andrìa Pili*)

Il FIU su Teulada: la Difesa ha responsabilità oggettiva

teuladaL’incendio all’interno del Poligono di Teulada rappresenta l’ennesimo episodio di aggressione e distruzione delle risorse naturali della Natzione Sarda, continuamente sottoposta ad una feroce spoliazione. In seguito all’incendio di Capo Frasca del settembre scorso, dopo i venti ettari andati in fumo, le successive mobilitazioni popolari, il governo Pigliaru pensò di sedare il contrasto tra interessi statali italiani e nazionali sardi con la carta del fermo estivo delle esercitazioni dal 1° giugno al 30 settembre: le esercitazioni danneggiano il turismo e mettono a rischio l’attrattività della Sardigna, questa fu l’argomentata motivazione.

Da indipendentisti abbiamo sempre considerato queste prese di posizione come scelte sterili e striscianti, portatrici di sottomissione, in quanto non inserite in un più ampio quadro che miri con fermezza alla smilitarizzazione della nostra Natzione, unico e coerente sentiero per la crescita e lo sviluppo del Popolo sardo. Questo approccio è ancor più contraddittorio dal momento che l’agenda economica della Ras sottolineava contemporaneamente “l’importanza dei poligoni e aeroporti militari in Sardegna, per un armonioso sviluppo delle politiche industriali“.
Oltre a legare propagandisticamente la tutela di salute e sicurezza dei sardi in modo subalterno alla presenza turistica e alle esigenze militari italiane, abbiamo constatato che la sottomissione nei confronti dello Stato da parte della regione in quell’occasione raggiunse il grottesco quando, la stessa Ras, a dispetto della volontà dei sardi, “dimenticò” di richiedere il risarcimento per i danni dell’incendio di Capo Frasca.

Per quanto riguarda l’incendio di Teulada, verificatosi nel criptorazzista periodo di “fermo turistico”, le cause specifiche (quella generale è l’occupazione militare) sono in fase di accertamento. La Difesa assicura che i patti sono stati rispettati e che la Ras scoprirà le cause reali. Non riteniamo ci siano buone ragioni per credere alla versione dello Stato e al megafono coloniale del governo Pigliaru; e perciò, in questo clima di raggiro propagandistico, denunciamo l’ennesimo danno al nostro territorio da parte della Difesa italiana, in quanto responsabile oggettiva in forza dell’occupazione militare che la rende prima e principale protagonista della devastazione della Sardigna, tanto quella programmata e legale quanto quella accidentale. Teulada, territorio tra i più martoriati dall’occupazione militare, è l’ennesima e avvilente prova che le infrastrutture militari italiane (tanto care al governo Pigliaru) oggi, ancor più che in passato, sono strategiche per gli affari del colonialismo italiano in Sardigna, non sicuramente per la crescita economica e lo sviluppo dei Sardi.

Rilanciamo con forza la necessità di un impegno organizzato e programmatico da parte delle componenti più sensibili della società sarda, atto a costruire le prerogative democratiche e popolari che porti alla soluzione definitiva del problema occupazione militare in Sardigna: lo smantellamento delle strutture presenti sul nostro territorio nazionale, su cui deve esercitare sovranità solo il Popolo Sardo.

Fronte Indipendentista Unidu

Comunicato FIU. Indipendentismo: il punto sulla situazione

occupazione militare

Non c’è lotta contro l’occupazione militare senza lotta per l’indipendenza. La grande manifestazione di Capo Frasca ha dimostrato il carattere indipendentista della mobilitazione, almeno nella sua direzione. Fare un passo indietro rispetto a questo significa fare un grosso regalo allo Stato italiano e al suo esercito. La mobilitazione contro l’occupazione militare deve ovviamente restare aperta a tutte le istanze pacifiste, democratiche e di base anche se non esplicitamente indipendentiste, ma è necessario fare chiarezza su un punto fondamentale. Senza una chiara direzione indipendentista non è pensabile ottenere lo smantellamento dell’occupazione militare. Parlare di trasversalità e rimuovere il carattere indipendentista della mobilitazione significa automutilarsi e privarsi dello strumento più importante in questa battaglia contro lo Stato coloniale. Bisogna spiegare alla nostra gente che finché ci sarà l’Italia ci saranno i poligoni militari, lottare contro questi ultimi significa lottare per l’indipendenza.

Contro l’occupazione militare serve un progetto di governo della nazione sarda, quindi una prospettiva di convergenza indipendentista e nazionale sarda. La mistica delle manifestazioni o bagni di folla trasversali non è sufficiente per smantellare una presenza che evidentemente non è solo militare ma è anche politica e culturale. Serve creare un blocco storico che sia capace di proporre una alternativa di sistema alla presenza militare nella nostra isola. Serve una campagna paese per paese, porta a porta, capace di mobilitare ampie energie e serve soprattutto una rete di referenti territoriali che sappiano entrare nei posti di lavoro, nelle scuole, nelle università, nei quartieri. Come è possibile ottenere tutto questo senza disporre di una rete politica organizzata ed operativa? Per questo motivo il Fronte Indipendentista Unidu aderisce e promuove la Rete Pesa Sardigna, frutto di un confronto democratico e paritario su questo tema, e di cui fanno parte indipendentisti e associazioni di base. Pesa Sardigna invita quindi tutte le forze antimilitariste ad aderire all’iniziativa in programma per il 29 ottobre prossimo a Lanusei.

È altamente inutile individuare nella Giunta Pigliaru un interlocutore potenziale per la risoluzione di questa vertenza. La posizione della Giunta è chiara e non lascia spazio ad ambiguità. Nel documento di Programmazione, bilancio, credito e assetto del territorio scritto dal Centro Regionale di Programmazione e firmato 22 luglio 2014 viene affermato quanto segue: “non si può sottacere l’importanza delle infrastrutture, quali ad esempio i poligoni e gli aeroporti militari in Sardegna, per un armonioso sviluppo delle politiche industriali in materia di spazio a livello regionale”

(http://www.sardegnaprogrammazione.it/documenti/35_84_20140724090653.pdf)

Il Fronte Indipendentista Unidu aderirà a tutte le mobilitazioni, che chiaramente e senza ambiguità si schierino non soltanto contro l’occupazione militare della Sardegna, ma che siano anche finalizzate alla polarizzazione delle forze sane della Nazione Sarda e alla marginalizzazione e all’isolamento di chi ha oggettive complicità nel governo coloniale, sia attuale che trascorso.

Il Fronte Indipendentista Unidu ritiene fondamentale e prioritario costituire un polo indipendentista aperto alla società civile e alle istanze di base capace di fare chiarezza. Detto questo, se la lotta indipendentista sta attraendo a sé individui e organizzazioni che in passato hanno militato in formazioni italiane, noi riteniamo che sia doveroso analizzare la coerenza e la trasparenza del loro avvicinamento all’indipendentismo. La gestione di questo processo storico e politico si presenta pressoché impossibile, attraverso grandi manifestazioni di popolo slegate da una visione politica indipendentista sul territorio. I lavori di Pesa Sardigna vedono una pratica paritaria tra le organizzazioni aderenti e una condivisione totale dei contenuti e delle decisioni organizzative sullo sviluppo della Rete stessa. Le tematiche che Pesa Sardigna porta avanti sono in totale rottura con l’apparato statale. I documenti e le posizioni espresse sono ineccepibili, sul processo di Quirra, sull’occupazione militare e sulla lotta di liberazione nazionale. Chi aderisce a Pesa Sardigna sposa una linea politica indipendentista che permea ogni battaglia che viene affrontata attualmente e che lo sarà in futuro. Asciugare dalle lotte di popolo dal carattere marcatamente indipendentista, significa ghettizzarsi. E’ un suicidio politico che implica un ritorno all’oscurantismo e alla stigmatizzazione dell’indipendentismo, a livello politico quanto intellettuale, fase dalla quale si è faticosamente usciti nel corso dell’ultimo decennio. O forse – a veder parlare di trasversalità e ad avere tanto a cuore far sparire la connotazione indipendentista dall’agire politico – c’è da chiedersi se questa fase sia tutto, tranne che superata.

Il Fronte Indipendentista Unidu ritiene prioritario concentrarsi sulla costruzione di una significativa mobilitazione in occasione della prima udienza al processo contro i generali del Poligono Interforze del Salto di Quirra, prevista il 29 ottobre davanti al tribunale di Lanusei. Abbiamo molto chiaro il fatto che per l’Esercito italiano il poligono di Quirra sia irrinunciabile e che costituisca il vero interesse strategico su cui puntano l’Esercito, le multinazionali delle armi, lo Stato italiano e la stessa giunta Pigliaru. Per questo motivo rilanciamo con forza l’appuntamento, promosso dalla Rete Pesa Sardigna, per il 29 ottobre davanti al tribunale di Lanusei in occasione della prima udienza del processo Quirra.