Giulia Moi (M5S): dalla cura per il cancro ai Marò

Moi ambasciatore indiano

Da Cagliari a Nuova Delhi, questa la rapida ascesa di Giulia Moi, 43 anni, parlamentare europea eletta nelle fila del Movimento Cinque Stelle alle europee dello scorso maggio. Professione, ricercatrice con un dottorato in Scienze Biologiche. A dispetto di quanto dichiarato lo scorso anno – “Ho sempre avuto lo spirito del Movimento ancor prima che nascesse” – a metà del 2010 non risultava ancora iscritta al M5S. O meglio, non poteva esserlo: alle provinciali di Cagliari è in lista con l’Unione Popolare Cristiana di Antonio Satta. Anche per questo, la sua discussa candidatura a cavallo tra 2013 e 2014, ha fatto il paio con l’altrettanto discussa costituzione da parte del M5S – con Farage e altri – dell’eurogruppo Europa della Libertà e della Democrazia Diretta (Europe of Freedom and Direct Democracy Group, EFDD).

Recentemente la Moi ha partecipato “come rappresentante in Europa della delegazione-India, a un incontro organizzato dall’ambasciatore indiano a Bruxelles per la celebrazione del 66esimo anno dalla nascita della Repubblica indiana“. L’europarlamentare ha definito quella indiana “una grande cultura che vediamo spesso lontana anni luce dalla nostra ma che sta primeggiando in ogni ambito, dall’hi-tech all’ingegneria, dalla manifattura alle tecnologie più avanzate“.

In realtà, la situazione indiana – al pari di molte altre nel mondo – la si vede benissimo: ovunque si studia e se ne discute. A proposito di scienza e ricerca, va detto che, probabilmente, qualche ambasciatore indiano potrebbe finalmente riuscire a scoprire l’arcano sulla cura per il cancro che la Dottoressa Moi afferma di aver contribuito a realizzare, nonostante non vi siano mai state conferme circa le importanti credenziali del suo curriculum vitae. La vicenda parla della ricercatrice che non può fornire precisazioni ulteriori in quanto le ricerche sono coperte da vincoli contrattuali legati al finanziamento di studi e progetti seguiti.

Ad ogni modo, quelli sulla società indiana paiono giudizi alquanto approssimativi, anche se comprensibilmente forzati dalla riverenza e dalla diplomazia. Non è facile utilizzare l’occasione per parlare pubblicamente dell’altra faccia dell’India e delle conseguenze sociali del “primeggiare”. Diverso è, però, fare apologia della povertà e dello sfruttamento, a fronte di uno Stato nucleare che ospita un terzo di tutti i poveri del mondo, soprattutto se si considera che la parlamentare stessa parlava, tra i valori che animano la sua politica, di denunciare le ingiustizie e difendere i più deboli. Orwelliana.

Ma la Moi non ci sta a fare la turista della politica, imbonendo gli ambasciatori indiani e raccontando al suo elettorato la versione per le telecamere. La parlamentare italiana eletta in Sardegna esce fuori dai convenevoli e affronta un tema spinoso: la vicenda dei due marò italiani Salvatore Girone e Massimiliano Latorre.

Come portavoce del M5S, come cittadina italiana ed europea, richiama l’attenzione sul piano umano della vicenda, in modo diametralmente opposto alla crescita indiana nella quale non rileva alcuna problematica sociale o aspetti umani.

Segue il consueto attacco agli altri (partiti, “media e giornali”) che a dire della Moi si occupano degli aspetti “strumentali” della vicenda tralasciando quelli prettamente umani. Seguono richiami al dolore dove acrobaticamente si equiparano le famiglie italiane (che attendono il ritorno dei loro cari in Patria) e quelle indiane dei pescatori uccisi.

Informa che in Europa “il M5S ha votato favorevolmente una risoluzione che acceleri i tempi del rientro a casa dei due marò sollecitando le autorità indiane a garantire loro un giusto processo così come previsto dalle convenzioni internazionali. Nell’attesa che qualcosa si muova, in Italia come in Europa, il M5S continuerà a impegnarsi e a mantenere sempre alta l’attenzione su questo caso” – conclude la parlamentare.

Parafrasando la chiusura della Moi, rimane il dubbio che nell’attesa gli ambasciatori indiani scoprano che la parlamentare europea, amante del capitalismo indiano e dei diritti dei poveri, allo stato attuale ritiene implicitamente che i suoi cari fucilieri stiano subendo un ingiusto processo e un’ingiusta detenzione.

Teorema Pisanu e Arcadia entrano nel vivo: parti civili di peso ed eccezioni di costituzionalità

arcadiaEntra nel vivo il processo “Arcadia”. Dopo il rinvio a giudizio del dicembre 2013 e il rinvio dell’ultima udienza (20 ottobre scorso), in Corte d’Assise a Sassari si è tenuta la prima udienza dibattimentale.
Alla sbarra diciotto imputati, dai comunisti indipendentisti di A Manca pro s’Indipendentzia e non, ad individualità non collegate direttamente ai partiti indipendentisti sardi. Per gli imputati ex 270-bis c.p., “associazioni con finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione dell’ordine democratico”, il primo fatto contestato risale addirittura al febbraio del 2001. Secondo il castello accusatorio del Pm Paolo De Angelis (DDA di Cagliari), la rapina a mano armata di Luras, costituì l’elemento prodromico nella nascita dell’associazione eversiva, essendone stata la prima fonte di finanziamento, funzionale ad organizzare e realizzare, negli anni seguenti, gli ulteriori reati contestati.

In apertura dell’udienza, dopo l’appello delle parti, è intervenuta l’Avvocatura dello Stato, rappresentata da Francesco Caput, la quale ha presentato istanza per la costituzione di parte civile della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Ministero degli Interni. Mossa questa anticipata già negli scorsi mesi: la ratio è che il reato contestato coinvolga lo Stato nella sua interezza, nella sua unitarietà, il quale, inoltre, vuole trovare ristoro sia per le ingenti risorse profuse durante le indagini condotte per “Arcadia”, sia per la sua presunta lesa immagine. Posizioni queste fortemente contestate da tutti i legali intervenuti successivamente, i quali sottolineano, in particolar modo – al pari nell’udienza del giugno scorso – l’insussistenza di ragioni per la costituzione di parte civile della Pdcm e degli Interni, in quanto gli stessi rappresentano parti del potere esecutivo nella triplice suddivisione, parimenti con quello legislativo e giudiziario, nell’ambito dell’esercizio della sovranità dello Stato. L’opposizione è trasversale: Pdcm e Interni non sono “lo Stato a 360°”. Consequenzialmente, seguendo la logica dell’Avvocatura, nell’interesse primario dello Stato, sarebbe coerente costituire parte civile la Presidenza della Repubblica.

Oltretutto, le questioni concernenti la lesione dell’immagine dello Stato e quelle economiche riguardanti l’onerosità del procedimento penale in corso, sarebbero rintracciabili in svariati e complessi procedimenti, causando la costituzione di parte civile dello Stato in ognuno di essi, e per tale ragione sono state aspramente contestate dalle difese.

Da sottolineare che Caput riveste il medesimo ruolo, con altri colleghi, nel controverso processo di Lanusei che vede imputati otto generali della Difesa italiana e comandanti del Poligono Interforze del Salto di Quirra. L’avvocato dello Stato recentemente ha contestato l’ammissibilità di tutte le nuove richieste di parte civile avvenute, oltre alle 40 parti civili già ammesse dal Gup. Le nuove richieste – tra cui quella avanzata dalla Regione – mancano a vario titolo di quel diritto soggettivo richiesto per la costituzione nel processo.

Circa le intercettazioni, uniche prove in esame, le difese contestano il fatto che la Procura non le abbia messe a disposizione delle parti, depositandole in segreteria una volta terminata l’attività di indagine. Altri legali hanno chiesto la nullità della fase dibattimentale, ritenendo sussistano i presupposti per la nullità del decreto che dispone il rinvio a giudizio. Questo è stato notificato nel dicembre del 2013, ben 12 anni dopo il primo fatto contestato e a quasi nove dal famoso blitz del luglio 2006 a Sassari. Oltretutto il fatto prodromico, la rapina del 2001 a Luras, ha visto quattro condannati in via definitiva di cui solo uno solo risulta imputato in Arcadia. Tale sentenza non rileva riferimenti ad una qualsivoglia struttura o collegamento organico tra i rapinatori o più ampie finalità politiche di eversione all’interno di organizzazioni clandestine che, secondo l’accusa di De Angelis, operavano “schermate” dalla immagine pubblica di A Manca pro s’Indipendentzia.

Il capo di imputazione mancherebbe di chiarezza, esaustività, di riferimenti circostanziati sugli imputati, sulle relative condotte e sui tempi delle stesse, nonché di elementi riguardo l’azione, all’interno della struttura associativa, di ciascuno degli imputati. A quest’ultimi , a causa di un capo di imputazione così poco circostanziato, non è permesso conoscere le responsabilità personali ascrittegli e riguardanti gli stessi e i rispettivi consociati. Tutti elementi mancanti come a più riprese sottolineato. Secondo i legali, il capo di imputazione verrebbe integrato in modo sostanziale e ampio con informative delle ff.oo impegnate nelle indagini, in particolare la Digos di Nuoro. Inoltre, i richiamati “indici di sussistenza” dell’accusa nei confronti degli imputati e degli atti contestati palesano, secondo le difese, un approccio poco rigoroso, soprattutto alla luce della gravità dell’imputazione, del numero dei reati specifici e delle parti civili in causa.

Oltretutto le difese hanno contestato il mancato avviso della chiusura delle indagini preliminari in violazione dell’art. 415 bis 1° co. c.p.p. e dell’art. 407 c.p.p in tema di durata delle indagini preliminari. E a tal proposito si sono concentrate la difese di Anghelu Marras, rappresentato da Franca Leddaro e Rita Vallebelle. La difesa ha sollevato l’eccezione di costituzionalità circa l’art. 415-bis c.p.p, ossia l’avviso all’indagato della conclusione delle indagini preliminari. Secondo la difesa, il dato normativo consente al pm, allorquando non adempia a notificare l’avviso di conclusione delle indagini preliminari all’indagato, di non andare incontro ad alcuna sanzione, mentre, dal punto di vista difensivo, questo comporta una compressione irrimediabile del diritto di difesa ex art. 111 co.3 Cost. L’accusa ritiene non vi sia spazio per un’eccezione di costituzionalità, in quanto la Legge Gasparri (cosiddetta processo breve) rende coerente l’impianto del 415-bis autorizzando, in tal modo, la compressione del diritto alla difesa.
Nel caso la corte accolga la richiesta di nullità del decreto di rinvio a giudizio, si ritornerebbe al momento della conclusione delle indagini, verrebbe rinnovata la conclusione delle stesse, e un nuovo decreto che dispone il giudizio segnerebbe l’inizio di una nuova fase dibattimentale.

Sulle eccezioni sollevate dalle difese e la richiesta di costituzione di parte civile da parte della Presidenza del Consiglio dei Ministri e Ministero degli Interni si deciderà il prossimo 9 febbraio. Nel caso la corte accolga la richiesta di nullità del decreto di rinvio a giudizio, si ritornerebbe al momento della conclusione delle indagini, verrebbe rinnovata la conclusione delle stesse, e un nuovo decreto che dispone il giudizio segnerebbe l’inizio di una nuova fase dibattimentale.

Inchiesta “Darsena dei veleni”. No Chimica Verde tra le parti civili. Prossima udienza, 3 febbraio

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Foto: Paola Rizzu.

Si è tenuta ieri a Sassari l’udienza preliminare del processo “darsena dei veleni” che vede indagati per disastro ambientale colposo e deturpamento delle bellezze naturali otto dirigenti di Syndial (ex Enichem, oggi bad company del gruppo Eni) e, sempre gruppo ENI,  Versalis (ex Polimeri Europa). Continua la lettura di Inchiesta “Darsena dei veleni”. No Chimica Verde tra le parti civili. Prossima udienza, 3 febbraio

A Foras! Quarta parte: lotta contro l’occupazione militare e lotta di liberazione nazionale (di Scida).

liberazione nazionale http://scida.altervista.org/aforas-cap-iv-lotta-contro-loccupazione-militare-e-lotta-di-liberazione-nazionale/

Le organizzazioni indipendentiste coerenti, il movimento studentesco (nella sua migliore espressione del Comitato Studentesco contro l’Occupazione Militare), le organizzazioni antagoniste ed i movimenti pacifisti e antimilitaristi della società civile sono gli unici che hanno preso una posizione netta contro la riqualificazione militarista di Quirra – condotta dal PD e da Pigliaru – e dunque gli unici che possono condurre una lotta coerente – fino alla vittoria – contro i poligoni militari, contro ogni esercitazione bellica, per la bonifica ed il riuso produttivo di tutti i siti militari dismessi?

Non si tratta di romantiche rivendicazioni di purezza ideologica o di rettitudine morale; anzi, si tratta di una questione prettamente materiale: tutti questi movimenti (e tutti gli individui che in essi militano) non hanno dei privilegi da difendere entro lo stato di cose presente.

Chi sostiene la Giunta Pigliaru non può essere considerato contrario all’occupazione militare. Ne consegue che questo Consiglio Regionale è un nemico della Nazione sarda ed il movimento antimilitarista dovrebbe chiederne le dimissioni e quindi nuove elezioni al fine di portare se stesso al governo della nostra isola. Fare affidamento sulla Giunta del Partito Democratico, sugli unionisti e sui collaborazionisti suoi alleati significherebbe solo giungere ad una risoluzione in senso reazionario del conflitto tra la nostra Nazione e lo Stato italiano, in favore di quest’ultimo e contro il nostro Popolo. La “Piattaforma Pigliaru” – che prevede come obiettivo massimo la chiusura di circa 9000 ettari di servitù su un totale di 35000, rifiutandosi di chiudere i 13000 del PISQ) rappresenterebbe un tradimento di tutti coloro (militanti dei partiti, simpatizzanti, semplici famiglie ed individui sensibilizzati alla questione delle servitù militari) che hanno partecipato alle mobilitazioni popolari e di tutti quei ragazzi che hanno rischiato seri problemi con la Giustizia con l’occupazione della Facoltà di Lettere e degli stessi poligoni di Capo Frasca e Teulada, al fine di impedire ogni tentativo di strumentalizzazione da parte delle forze di sistema; infine la delusione per la mancata soluzione, potrebbe provocare l’abbandono dalla lotta politica di diverse individualità sensibili, una grave perdita di autostima – e quindi di coscienza nazionale – da parte del nostro Popolo, che penserebbe di non poter ottenere nulla attraverso la propria azione autonoma dai centri di potere da sempre suoi nemici.

Il 17 novembre scorso, a Okinawa, si sono svolte le elezioni per il nuovo governatore. Queste sono state trasformate in una sorta di referendum sulla presenza militare statunitense nell’isola, portando alla vittoria il candidato più intransigente contro l’occupazione: Takeshi Onaga, il quale si è opposto con tenacia al tentativo di risolvere il problema con la ricollocazione della marina a stelle strisce in un’altra parte del territorio. Qualcosa di simile potrebbe avvenire in Sardegna, tenendo conto della crescita della sensibilità intorno al tema delle servitù, quanto alla crescita di consapevolezza di sé nel nostro popolo ed il suo rifiuto dell’attuale classe politica al potere (48% di astensione alle ultime Regionali).

L’indipendentismo è l’unico orientamento politico capace di collegare la questione delle servitù militari con la questione sociale e la questione studentesca entro un progetto di emancipazione reale del nostro popolo. Rappresenta, cioè, l’unica forza capace di condurre in maniera coerente e costante la lotta contro l’occupazione militare senza tendere al compromesso, senza scivolare nello spontaneismo ma facendone una questione nazionale e dunque capace di attirare a sé la maggioranza dei sardi, oppressi dalla Dipendenza coloniale e cioè dallo stesso Stato e dagli stessi interessi imperialistici cui si deve la presenza militare sulla nostra isola.

Ad esempio, nell’ambito studentesco, la mancata potestà legislativa in ambito d’istruzione trasformerà – con la riforma della scuola di Renzi e Giannini – la Vitrociset da principale collaboratore dell’IPSIA di Perdasdefogu a suo azionista di maggioranza. Una piattaforma nazionale, anticolonialista e antimilitarista al governo della Regione lottando per una Scuola ed Università sarda porrebbe fine alla ignominiosa compromissione dei nostri atenei e scongiurerebbe la pericolosa penetrazione di capitale privato nei nostri istituti scolastici.

Non è più tempo di aspettare. Ogni conflitto può essere risolto in senso reazionario o in senso rivoluzionario. Durante la Sarda Rivoluzione, il timore per il radicalismo condusse la fazione più reazionaria del movimento riformatore ad accettare la soluzione del problema feudale in senso favorevole alla dominazione piemontese, contro le masse sarde: introduzione del capitalismo e Fusione Perfetta. Oggi come tre secoli fa, i collaborazionisti, i reazionari, i conservatori, i privilegiati hanno come nemico principale il popolo sardo in rivolta e lo Stato colonizzatore ed occupante come alleato. Radicalizzare il conflitto sulle servitù militari è l’unico modo per giungere ad una soluzione favorevole alla nazione sarda. Riprendiamoci la nostra terra! Rifiuto di ogni compromesso! Il vero irresponsabile è chi invoca soluzioni parziali o invita alla collaborazione con la classe dirigente coloniale!

Scida, Giovunus Indipendentistashttp://scida.altervista.org/

Tempio Pausania. Dai morti di Parigi alla 194/78 la strada è molto lunga

pro lifeDopo i dodici morti di Parigi prosegue il festival dei rigurgiti e della strumentalizzazione, spesso all’insegna del predominio culturale occidentale. A Sassari il clima di intolleranza si è fatto subito sentire a colpi di piccone contro un piccolo ristorante gestito da una coppia marocchina. A Bonorva, come noto, l’assessora alla cultura ormai dimissionaria nella sua pagina facebook si è lasciata andare ad uno “sfogo” nel quale ha persino invocato Adolf Hitler.

A Tempio Pausania, la situazione è più controversa. Nel pensiero domenicale apparso sul popolare social network nella pagina dell’Oratorio Don Mureddu, struttura che fa capo al parroco di San Pietro, Antonio Tamponi, è apparso lo sfogo che riportiamo di seguito: “La vita è ragionevole, la morte non è ragionevole…Ecco il pensiero del nostro Dio…Non uccidere…Chi ha fatto o fa diversamente non è cristiano. Ma è scritto anche non fare agli altri ciò che non vuoi sia fatto a te: liberi di pensare in altro modo, non liberi di offendere il pensiero altrui. Nel mondo, all’anno, ci sono 44 milioni di aborti…Illacrimati…Molto di più dei morti di fanatismo…Vorrei sapere perché una vita vale e l’altra no???”.

Va precisato che in seguito alle follie mass-mediatiche di questi giorni questa situazione era già ampiamente prevedibile. Il chiedersi perché “una vita vale e l’altra no” è infatti un leitmotiv scontato, che può essere utilizzato in vari modi: può avere un’utilità nell’evitare di continuare ad ignorare atrocità tanto quotidiane quanto non conosciute, ma può essere altrettanto utile anche per riportare le persone alla lucidità, evitando, da qui alle prossime settimane, lo scatenarsi di vere e proprie ondate di odio e intolleranza che hanno come bersaglio le comunità bombardate televisivamente e in modo scientifico. Al riguardo la lista è lunga e va dai 2000 morti in Nigeria al Donbass a ferro e fuoco, dai 7 milioni di profughi siriani ai Palestinesi con poche ore di corrente elettrica proprio mentre il primo ministro israeliano, Benjiamin Netanyahu, sfila in nome della pace e della tolleranza a Parigi, fino ad arrivare alla Francia stessa che meno di quattro anni fa bombardava Tripoli. Tutto rientra quindi in un dibattito dove ognuno, ovviamente, vede il mondo dalla propria prospettiva.

Nel caso di Tempio vediamo però il “peggior omaggio” alle vittime dell’attentato parigino. Di certo non si gettano solide basi per la convivenza civile tra fedeli di varie religioni e tra questi e i non credenti. Equiparare i morti per fanatismo religioso all’interruzione di gravidanza da parte delle donne non fa altro che proseguire sulla scia dell’oppressione, delle discriminazioni e del conservatorismo più retrogado; in questo caso a scapito diretto del genere femminile, ad onor del vero da sempre inviso alle tre principali religioni monoteistiche e non solo. Insomma, quella che vorremo fosse una boutade cattolica è tutto fuorché una battuta di satira.

Nei commenti alle esternazioni antiabortiste, preoccupa l’incoraggiamento e il supporto espresso da rappresentanti dei cittadini – teoricamente laici e responsabili dell’applicazione sostanziale della 194/78. Il sacerdote dal canto suo chiosa in modo altrettanto incomprensibile richiamando l’attenzione sulla necessità di assicurare “non solo i diritti laicisti, tutti i diritti”.

Certo che, da una sparatoria con 12 morti se ne sta facendo di strada.

http://www.ilminuto.info/2015/01/dai-morti-di-parigi-alla-19488-la-strada-e-molto-lunga/

Sviluppo Umano e municipalità della Sardegna. Uno studio di base (di Alberto Tidu).

copertina-page0001Tesi di laurea per il corso di Scienze Politiche (L-36), Università degli Studi di Cagliari. L’indice di Sviluppo Umano nei comuni della Sardegna. The Human Development Index in Sardinian municipalities.

Alberto Tidu – Sviluppo Umano municipalità sarde

Sardegna e Italia, quando due tratti coincidono (di Marco Piccinelli).

nonukleDa un po’ di giorni, in Sardegna, è tornata a far parlare di sé una questione che sarebbe dovuta essere chiusa, per la verità, già da qualche tempo. E invece torna prepotentemente agli onori delle cronache giornalistiche, riempiendo pagine su pagine.

Le organizzazioni indipendentiste si iniziano a mobilitare nuovamente per quella lotta già vinta tramite referendum popolare del 2011, un anno prima di quello, più famoso a livello statale, che aveva come quesito cardine “l’acqua pubblica”. La questione delle scorie nucleari in Sardegna, però, è di una lampante semplicità perché molto simile a quella dell’acqua pubblica sopracitata: in entrambi i casi si sono tenuti due referendum popolari che hanno avuto come esito non la diserzione dalle urne, bensì il superamento del quorum. Quel 50+1% che fa tremare i propositi di qualsivoglia quesito referendario.

Le due questioni, quella delle scorie e quella dell’acqua, sono molto simili, se non addirittura speculari: in entrambi i casi si è tenuto un referendum che ha rappresentato un’importante affermazione della volontà popolare. In altre parole: il popolo ha deciso. Come non ricordare, infatti, le vicende tra il consorzio Acqualatina e Dondi: gli esiti della privatizzazione erano sotto gli occhi di tutti, così come i servizi erogati del tutto scadenti. Per usare un eufemismo.

Ma se c’è una cosa che accomuna le due questioni, quella del nucleare e quella dell’acqua pubblica, è il fatto per cui la volontà popolare viene assunta e tirata in ballo come tornaconto per un proprio fine, come grimaldello per una legittimazione forzosa per poter essere sventolata come arazzo davanti alla stampa. L’esempio più lampante è rappresentato dal famigerato 40% del Partito Democratico alle elezioni europee: 40% degli aventi diritto, non della totalità del corpo elettorale. Ma, in fondo, la strozzatura della post democrazia è anche questo: autolegittimarsi di fronte ad una mancanza palese di consenso e far passare il tutto come ampio successo.

A Foras! Terza parte: i falsi amici della lotta popolare (di Scida)

a foras terza parte

http://scida.altervista.org/aforas-cap-iii-falsi-amici-della-lotta-popolare/ Continua la lettura di A Foras! Terza parte: i falsi amici della lotta popolare (di Scida)

A Foras! Seconda parte. Il PD e il distretto aerospaziale: salvare il PISQ! (di Scida).

distretto aerospazialehttp://scida.altervista.org/aforas-cap-ii/#sthash.YFuDmbMF.dpuf

Il secondo capitolo del Focus in quattro parti in cui spiegheremo chi, come e perché ha intenzione di mantenere attiva in Sardegna l’occupazione militare, i metodi utilizzati dalla politica isolana per mantenere le proprie posizioni di rendita agendo per una risoluzione reazionaria del conflitto in atto tra Popolo sardo e Stato italiano e la nostra idea di risoluzione dello stesso nell’ambito della lotta di liberazione della nostra nazione.

Partito Democratico è il più grande artefice e sostenitore della riqualificazione in senso militarista del Poligono Interforze di Perdasdefogu. I suoi esponenti sardi hanno svolto, quindi, il ruolo principale nella ricerca di una soluzione di compromesso tra le ragioni popolari contro le servitù e le ragioni della Difesa. Ciò accade da anni, praticamente da quando il PD esiste: già il 26 settembre 2008 i parlamentari piddini Caterina Pes, Paolo Fadda, Siro Marrocu, Guido Melis, Amalia Schirru, Giulio Calvisi, Andrea Lulli chiesero il mantenimento di sperimentazioni degli aerei senza pilota nel PISQ oltre all’ampliamento della stessa area militare.

Negli ultimi tre anni, la funzione degli esponenti sardi del Partito Democratico è emersa in modo palese: la volontà di rivedere – in senso reazionario – l’occupazione militare della nostra isola, nasce al fine di impedire una vittoria popolare tale da eliminare ogni servitù ed ogni esercitazione, in particolare capace di travolgere il PISQ. Nel gennaio 2011 il procuratore Fiordalisi aprì l’inchiesta sulle attività del poligono di Quirra, poste in relazione con oltre un centinaio di morti sospette nell’area, riportando alla ribalta – per l’ennesima volta – il problema delle servitù militari in Sardegna. Un anno dopo, il senatore del PD Gian Piero Scanu presentò la sua proposta di chiusura di Capo Frasca e Teulada e riconversione di Quirra, ponendo l’accento proprio su questa palese volontà di non opporsi all’occupazione militare della Sardegna per prendere le distanze dal “filone antagonista e ribellista”. L’area del PISQ dovrebbe essere riconvertita “per l’addestramento degli uomini della Protezione civile, per attività di ricerca aerospaziale, robotica, microelettronica” ma anche per la “sperimentazione di aerei UAV, la ricerca per il miglioramento delle condizioni di sicurezza dei militari impegnati nelle missioni internazionali”; ovviamente non espone nessun rifiuto di ogni esercitazione militare tout court, bensì di ogni attività lesiva della salute umana e animale. Ciò perché al PD interessa la vita dei sardi finché stanno nell’isola, se poi le attività svolte nel poligono sono funzionali ad uccidere- o ad essere uccisi- altrove sembrano bene accette.

Al di là del processo legislativo, il progetto Scanu è proseguito incontrando la collaborazione delle Università di Cagliari e Sassari nella costituzione del Distretto Aerospaziale della Sardegna (DASS) nell’ottobre 2013 – con il beneplacito dell’attuale presidente della Regione Francesco Pigliaru, in precedenza pro-rettore dell’ateneo cagliaritano con delega alla ricerca scientifica. Tra i soci del DASS figurano aziende implicate nelle attività belliche come l’Alenia Aermacchi del gruppo Finmeccanica, la Piaggio Aero e ovviamente la Vitrociset già attiva nel PISQ. A ciò possiamo aggiungere il documento di programmazione regionale del 22 Luglio 2014 – Giunta Pigliaru – dal titolo “Strategia di specializzazione intelligente della Sardegna” in cui i poligoni militari nell’isola sono indicati come importanti per la realizzazione del suddetto distretto aerospaziale, i cui obiettivi sarebbero anche quelli della difesa aerea.

L’ordine del giorno approvato dal Consiglio Regionale il 17 giugno 2014 ha richiamato il suddetto documento della Commissione Difesa, per chiedere un “riequilibrio, la progressiva diminuzione delle aree soggette a vincoli militari e la dismissione dei poligoni e la destinazione, nell’ambito dei processi di riconversione delle attività svolte nei poligoni, di una quota degli investimenti statali in ricerca e innovazione, proporzionale al gravame militare”. Infine, il 22 dicembre 2014 durante una riunione con 9 rappresentanti di comuni sardi colpiti da servitù, e dopo mesi di tentennamenti e ambiguità, il presidente Pigliaru ha chiarito la posizione massima della sua Giunta e della sua maggioranza consiliare:la dismissione dei poligoni di Capo Frasca e Teulada e la riconversione in chiave di ricerca duale– cioè civile e militare- di quello di Quirra…”

Come abbiamo visto, la posizione del presidente Francesco Pigliaru non è altro che il progetto elaborato dal Partito Democratico da almeno tre anni. Perciò non può, per nessuna ragione, essere considerata una soluzione soddisfacente dal movimento sardo contro l’occupazione militare, che chiede la chiusura di tutti e tre i poligoni. Per questa ragione, movimenti e partiti politici in evidente compartecipazione di interessi con il PD – e quindi con l’attuale Giunta Regionale – non sono in grado di portare avanti una lotta coerente nel rispetto delle ragioni del 13S e quindi saranno i principali difensori di una risoluzione in chiave reazionaria di questo conflitto, proponendo al popolo sardo un progetto già pronto da anni. La mobilitazione popolare, insomma, non servirebbe a niente.

Perciò è doveroso che indipendentisti, studenti, movimenti della società civile sarda – la parte non compromessa della nostra Nazione – stiano in guardia contro questo pericolo, si tengano alla larga dagli imbucati e si pongano chiaramente contro l’attuale Consiglio Regionale, indisponibili ad ogni soluzione di compromesso.

Scida, Giovunus Indipendentistas. http://scida.altervista.org/

Sanità. Il Fronte Indipendentista Unidu su Punto Nascite e riorganizzazione sanitaria

ospedale paolo dettori tempioLa gestione della sanità in Sardigna continua a far parlare di sé e non per la sua efficienza.

Questa volta si parla della gestione dei punti nascite, o meglio della loro soppressione ed accorpamento in nome dell’applicazione della regolamentazione in tema di razionalizzazione dei servizi riferibile alla Conferenza Stato Regioni datata 8 luglio 2010. Punto preso in esame è la dichiarata volontà di accorpare i Punti Nascite che contano meno di 500 parti l’anno con la notizia della chiusura del Punto Nascite per l’ospedale Paolo Dettori di Tempio Pausania.
La disciplina italiana applicata è calibrata principalmente su parametri di una realtà socioeconomica, quella italiana appunto, profondamente differente da quella sarda.
I fattori demografici e territoriali (bassa densità di popolazione e morfologia irregolare) hanno spinto in questi anni a concedere numerose proroghe in quanto, all’atto pratico, le previsioni romane si mostravano totalmente fuori scala rispetto alla realtà e alle necessità sarde e creavano difficoltà evidenti nella gestione dei servizi.
Nel caso dell’ospedale Paolo Dettori, ad esempio, queste incongruenze emergono chiaramente. I 350 parti l’anno nella città di Tempio sono inferiori ai criteri italiani. La differenza è che Tempio Pausania, capoluogo dell’ex provincia Olbia-Tempio, rappresenta il centro dell’Alta Gallura e lo ha storicamente rappresentato per la funzione di fulcro sul quale ruota la vita delle comunità, dalle scuole alla sanità, dall’industria manifatturiera all’agroalimentare, dall’artigianato al turismo, consolidando nel corso dei decenni un alto livello di qualità della vita per un ambito esteso per quanto scarsamente popolato. L’area comprende infatti, oltre Tempio Pausania, le popolazioni di Luras, Calangianus, Aggius, Bortigiadas, Badesi, Luogosanto, Trinità d’Agultu, Aglientu. L’area, oltretutto, coincide per la quasi totalità con l’Unione dei Comuni Alta Gallura, l’Unione dei Comuni più estesa nell’attuale organizzazione italiana dell’associazionismo comunale.
Va ricordata la condizione infastrutturale nella quale versa l’Alta Gallura e il fatto che Tempio Pausania continua ad essere tra i primi 18 centri della Sardigna. In totale in Sardigna si contano circa 13.000 nati, di cui 350 circa a Tempio Pausania. Il distretto sanitario di Tempio, a sua volta, riunisce solamente 30.000 residenti su una popolazione totale di 1,6 milioni, attraendo, sul lato nascite, utenti da altre ASL, in particolare da quella sassarese.
Non è difficile notare come le dichiarate intenzioni di avvicinare la sanità e i servizi ai cittadini si stiano trasformando in un inquadramento della sanità alla stregua della politica industriale più disorganica. I propositi sui servizi nelle aree meno collegate, un’attenzione alle aree meno densamente popolate, quella ricchezza “del piccolo” e i territori a rischio spopolamento hanno lasciato spazio ad altre priorità: attrarre capitali a beneficio di un unico polo, trascurando le conseguenze sui territori limitrofi, meno popolati e meno rappresentati. D’altronde, come ricordato dallo stesso Pigliaru, la riorganizzazione della rete ospedaliera (in teoria preliminare all’operazione Qatar Foundation e non successiva) e gli investimenti della QF sono funzionali ad “attrarre pazienti dall’Italia, dall’Europa e dal Qatar”. Se intere zone della Sardegna, nel frattempo, si desertificano e la popolazione si sacrifica sull’altare dell’accentramento efficiente (efficiente chiaramente per chi accentra) poco conta.
Coerentemente con il governo romano di Matteo Renzi, prosegue un’opera di accentramento istituzionale e delle funzioni (neo-centralismo) nonché delle attività economiche sui territori. In quest’ottica le sperequazioni tra popolazioni di diverse aree sono destinate a crescere. Le tensioni sociali seguiranno a ruota. Il Fronte Indipendentista Unidu si oppone con forza all’applicazione di tale provvedimento sia a Tempio Pausania che nelle altre zone della Sardigna. Detto provvedimento porterebbe alla desertificazione dei territori e all’impoverimento delle nostre comunità, la cui importanza non è sicuramente quantificabile in termini di numero di abitanti rispetto al centro o meridione d’Italia. Ricordiamo inoltre che spostare servizi fondamentali come ospedali, centri di degenza, scuole e poste non fa che impoverire la realtà sociale e economica dei nostri centri, i quali nel corso del tempo stanno divenendo i dormitori di chi ancora riesce a spostarsi per questioni di lavoro. Il tutto danneggia irrimediabilmente quel rapporto tra popolazione e territorio che da sempre salvaguarda la nostra cultura e il nostro essere popolo.

È il caso di ragionare in Sardegna e per la Sardegna.

Fronte Indipendentista Unidu

Sa gestione de sa sanidade in Sardigna sighit a fàghere faeddare de issa, e non pro s’atòliu suo.

Custa bia si faeddat de sa gestione de sos puntos nàschidas in Sardigna, o mègius de sa sopressione e acorpamentu issoro, in nùmene de s’aplicatzione de sa regulamentatzione in tema de ratzionalizatzione de sos servìtzios de sa Cunferèntzia Stato-Regioni in data 8 de trìulas 2010. Puntu picadu in esàmine est su declaradu voluntade de acorpare sos Puntos Nàschidas chi contant mancu de 500 illieròngios cada annu, cun sa noa de sa tancadura de su Puntu Nàschidas in s’ispidale Paolo Dettori de Tèmpiu.
Sa disciplina italiana aplicada est calibbrada principalmente subra paràmetros de una realidade socioeconòmica, cudda italiana, fungudamente diversa dae cudda sarda. Sos fatores demogràficos e territoriales (densidade bàscia de populatzione e morfologia irregulare) ant ispintu in custos annos a cuntzèdere paritzas dilatas, ca in s’atu pràticu, sas previsiones romanas s’ammustraiant totalmente a foras de proportzione respetu a sa realidade e a sas netzessidades sardas, e creaiant dificultades evidentes in sa gestione de sos servìtzios.
In su caso de s’ispidale Paolo Dettori, pro esèmpiu, custas assurdidades b’essint a campu de manera ladina. Sos 350 illieròngios cada annu in sa tzitade de Tèmpiu sunt prus minores de sos critèrios italianos.
Sa diferèntzia est chi s’ispidale de Tèmpiu, una de sas biddas principales de s’ex-provincia Olbia-Tempio, rapresentat su tzentru de s’Alta Gallura, e lu at rapresentadu istoricamente pro sa funtzione de ascieddasubra sa cale fùrriat sa vida de sas comunidades, dae s’iscola a sa sanidade, dae su maniestu as’agroalimentare, dae s’artesanadu a su turismu, comprobende in sos ùrtimos detzènnios un’artu livellu de calidade de vida pro unu sartu gasi mannu ma iscassamente populadu. S’àrea cumprendet difatis, addia de Tèmpiu, sas populatziones de Luras, Calanzanos, Àgios, Bortigiadas, Badesi, Locusantu, Trinidade e Binzola, Santu Franciscu d’Aglièntu. Su sartu, a pustis, abbògiat agiumai pro s’interesa sua cun s’Unione dei Comuni Alta Gallura, s’unione de comunes prus manna in s’organizatzione italiana contemporànea de s’associatzionismu comunale.
Cheret ammentada sa cunditzione infrastrutura in sa cale est s’Alta Gallura, e su fatu chi Tèmpiu sighit a èssere intro sos primos 18 tzentros de sa Sardigna. In Sardigna contamus agiumai 13.000 nàschidos cada annu, de sos cales 350 in Tèmpiu. Su distretu sanitàriu de Tèmpiu aunit solu 30.000 residentes subra una populatzione de 1,6 milliones, atraghende, a banda de sas nàschidas, usuàrios de àteras ASL, in particulare dae cussa tataresa.
No est difìtzile si abbigiare de sas intentziones declaradas de acurtziare sa sanidade e sos servìtzios a sostzitadinos si siant trasformende in un’incuadramentu de sa sanidade che sa polìtica industriale prusdisorgànica. Sos proponimentos subra sos servìtzios in sos sartos mancu collegados, un’atentzione a sos sartos mancudensamente populados, cudda richesa “de su minore” e sos logos a arriscu ispopolamentu, ant lassadu tretu a àteras prioridades: atràere capitales a benefìtziu de unu polu ùnicu, discoidende sascunseguèntzias subra sos logos lacanantes e mancu populados, e puru mancu rapresentados. Uschinde, comente ammentadu dae Pigliaru matessi, sa riorganizatzione de sa retza d’ispidales (in teoria chi benit in antis a s’operatzione Qatar Foundation, e no a pustis) e sos investimentos de sa QatarFoundation sunt funtzionales a “atràere malàidos dae s’Itàlia, dae s’Europa e dae su Qatar”.
Intertantu, si logos intreos de Sardigna si desertìficant e su pòpulu si sacrìficat subra s’altare de s’acentramentu atoliosu(atoliosu pro chi atzentrat), pagu importat!
Coerentemente cun su guvernu romanu de Matteo Renzi, sighit un’òpera de cuntzentramentu, siet istitutzionale, siat de rapresentàntzia, siat de sas funtziones (neo-centralismu), siat pro su chi pertocat sas atividades econòmicas in sos logos nostros.
Su Fronte Indipendentista Unidu s’aponet cun fortza a s’aprigu de custu provedimentu, siat in Tèmpiu e siatin àteros sartos nostros, e a custa desertificatzione de sos logos, e a s’impoberimentu de sas comunidades nostras. S’importàntzia issoro no est seguramente cuantificàbile in nùmeru de abitantes respetu a sutzentru o a su meridione d’Itàlia. Ammentende chi istregire sos servìtzios fundamentales che sos ispidales, sos tzentros ricòveru, sas iscolas, sas postas impoverit sa realidade sotziale e econòmica de sos tzentros nostros, chi sunt divenendecun su tempus domitòrios pro chi galu arrenescit a si mòere pro chistiones de traballu e àteru, e bisestrantchena remèdiu su raportu intro populatzione e logu, chi dae semper bardat sa cultura nostra e su nostru esser pòpulu.

Est su momentu de arresonare in Sardigna e pro sa Sardigna.

Fronte Indipendentista Unidu