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Giulia Moi (M5S): dalla cura per il cancro ai Marò

Moi ambasciatore indiano

Da Cagliari a Nuova Delhi, questa la rapida ascesa di Giulia Moi, 43 anni, parlamentare europea eletta nelle fila del Movimento Cinque Stelle alle europee dello scorso maggio. Professione, ricercatrice con un dottorato in Scienze Biologiche. A dispetto di quanto dichiarato lo scorso anno – “Ho sempre avuto lo spirito del Movimento ancor prima che nascesse” – a metà del 2010 non risultava ancora iscritta al M5S. O meglio, non poteva esserlo: alle provinciali di Cagliari è in lista con l’Unione Popolare Cristiana di Antonio Satta. Anche per questo, la sua discussa candidatura a cavallo tra 2013 e 2014, ha fatto il paio con l’altrettanto discussa costituzione da parte del M5S – con Farage e altri – dell’eurogruppo Europa della Libertà e della Democrazia Diretta (Europe of Freedom and Direct Democracy Group, EFDD).

Recentemente la Moi ha partecipato “come rappresentante in Europa della delegazione-India, a un incontro organizzato dall’ambasciatore indiano a Bruxelles per la celebrazione del 66esimo anno dalla nascita della Repubblica indiana“. L’europarlamentare ha definito quella indiana “una grande cultura che vediamo spesso lontana anni luce dalla nostra ma che sta primeggiando in ogni ambito, dall’hi-tech all’ingegneria, dalla manifattura alle tecnologie più avanzate“.

In realtà, la situazione indiana – al pari di molte altre nel mondo – la si vede benissimo: ovunque si studia e se ne discute. A proposito di scienza e ricerca, va detto che, probabilmente, qualche ambasciatore indiano potrebbe finalmente riuscire a scoprire l’arcano sulla cura per il cancro che la Dottoressa Moi afferma di aver contribuito a realizzare, nonostante non vi siano mai state conferme circa le importanti credenziali del suo curriculum vitae. La vicenda parla della ricercatrice che non può fornire precisazioni ulteriori in quanto le ricerche sono coperte da vincoli contrattuali legati al finanziamento di studi e progetti seguiti.

Ad ogni modo, quelli sulla società indiana paiono giudizi alquanto approssimativi, anche se comprensibilmente forzati dalla riverenza e dalla diplomazia. Non è facile utilizzare l’occasione per parlare pubblicamente dell’altra faccia dell’India e delle conseguenze sociali del “primeggiare”. Diverso è, però, fare apologia della povertà e dello sfruttamento, a fronte di uno Stato nucleare che ospita un terzo di tutti i poveri del mondo, soprattutto se si considera che la parlamentare stessa parlava, tra i valori che animano la sua politica, di denunciare le ingiustizie e difendere i più deboli. Orwelliana.

Ma la Moi non ci sta a fare la turista della politica, imbonendo gli ambasciatori indiani e raccontando al suo elettorato la versione per le telecamere. La parlamentare italiana eletta in Sardegna esce fuori dai convenevoli e affronta un tema spinoso: la vicenda dei due marò italiani Salvatore Girone e Massimiliano Latorre.

Come portavoce del M5S, come cittadina italiana ed europea, richiama l’attenzione sul piano umano della vicenda, in modo diametralmente opposto alla crescita indiana nella quale non rileva alcuna problematica sociale o aspetti umani.

Segue il consueto attacco agli altri (partiti, “media e giornali”) che a dire della Moi si occupano degli aspetti “strumentali” della vicenda tralasciando quelli prettamente umani. Seguono richiami al dolore dove acrobaticamente si equiparano le famiglie italiane (che attendono il ritorno dei loro cari in Patria) e quelle indiane dei pescatori uccisi.

Informa che in Europa “il M5S ha votato favorevolmente una risoluzione che acceleri i tempi del rientro a casa dei due marò sollecitando le autorità indiane a garantire loro un giusto processo così come previsto dalle convenzioni internazionali. Nell’attesa che qualcosa si muova, in Italia come in Europa, il M5S continuerà a impegnarsi e a mantenere sempre alta l’attenzione su questo caso” – conclude la parlamentare.

Parafrasando la chiusura della Moi, rimane il dubbio che nell’attesa gli ambasciatori indiani scoprano che la parlamentare europea, amante del capitalismo indiano e dei diritti dei poveri, allo stato attuale ritiene implicitamente che i suoi cari fucilieri stiano subendo un ingiusto processo e un’ingiusta detenzione.

Otto per mille ed edilizia scolastica: che qualcosa cambi affinché nulla cambi

crocifisso

Nella politica italiana, tra retate fascio-mafiose a Roma e casi di cronaca nera, trova spazio una scadenza importante. Da quest’anno, entro il 15 dicembre, gli istituti scolastici hanno la possibilità di richiedere la partecipazione all’otto per mille.

Una spesa pubblica che interviene direttamente sulle necessità più diffuse che richiedono ingenti investimenti. Un passo importante, si potrebbe dire. Le cose sono leggermente più complesse, come sempre più spesso capita nel mondo dell’informazione e della politica via social dove tutto viene ridotto a slogan e propaganda di bassa lega.

La scadenza del 15 dicembre la fa da padrona in link, foto, status, tweet e quant’altro e, anche giustamente, i sostenitori ed eletti ai vari livelli del M5S rivendicano un risultato politico di tutto rispetto. Si informano e invitano gli istituti scolastici a farne domanda presso le opportune sedi ministeriali e, a caduta, lo stesso viene consigliato ai genitori per quanto riguarda gli istituti scolastici di riferimento, nel caso questi non sfruttino la possibilità fornita della Legge di Stabilità 2013.

La modifica riguarda la Legge n. 222 del 20 maggio 1985 ed è stata apportata dall’art. 206 della Legge 147/2013: lo Stato può destinare il proprio otto per mille anche a “ristrutturazione, miglioramento, messa in sicurezza, adeguamento sismico ed efficientamento energetico degli immobili di proprietà pubblica adibiti all’istruzione scolastica”. Non più solamente le quattro categorie sino ad oggi finanziate e maggiore attenzione alle condizioni dell’edilizia scolastica italiana. Le categorie già esistenti all’interno dell’8 per mille di pertinenza statale sono quattro e nel 2013 la ripartizione è avvenuta, come per tutta la disciplina, in base ai redditi 2009 dichiarati nel 2010, per un totale di 144,4 milioni di euro.

  • Conservazione beni culturali: 108,5 milioni;
  • Calamità naturali: 22,6 milioni;
  • Assistenza ai rifugiati: 7,9 milioni;
  • Interventi straordinari per la fame nel mondo: 5,4 milioni.

Questa è una minima parte di tutto il gettito derivante dall’8 per mille e, va chiarito, si tratta della parte di diretta pertinenza statale. Infatti, oltre lo Stato, la disciplina dell’otto per mille vede come beneficiari:

Inoltre, concorrono alla ripartizione dal 2013 l’Unione cristiana evangelica battista d’Italia, la Chiesa apostolica in Italia e la Sacra arcidiocesi ortodossa d’Italia ed esarcato per l’Europa meridionale. Concorrono alla ripartizione dal 2014: l’Unione buddhista italiana e l’Unione induista italiana.

In definitiva, sempre per l’anno 2010, le somme in valore assoluto spettanti ad ogni categoria beneficiaria risultano essere:

  • Stato:  169.899.025
  • Chiesa cattolica: 1.004.839.287
  • Unione italiana Chiese avventiste del 7° giorno: 2.328.002
  • Assemblee di Dio in Italia: 1.270.403
  • Unione delle Chiese metodiste valdesi:  37.738.142
  • Unione delle comunità ebraiche italiane: 5.268.637
  • Chiesa evangelica luterana in Italia: 3.920.846

Un totale di 1.225.264.342.

Ma non è tutto. Come riporta un dossier della Camera dei Deputati italiana, “va segnalato che la quota dell’otto per mille di pertinenza statale che verrà messa a ripartizione con lo schema di D.P.C.M. in esame è molto inferiore rispetto a quella di 169.899.025 euro teoricamente spettante allo Stato applicando la percentuale sopra indicata del 13,74 per cento sugli incassi Irpef 2009, integrata sulla base delle scelte non espresse, in ragione dei diversi interventi normativi che hanno ridotto nel corso degli ultimi anni la corrispondente autorizzazione di spesa”.

Si ritorna dunque all’annoso problema, anche in relazione all’applicazione del 5 per mille, ovvero lo storno di somme verso altri scopi. L’apice lo si è avuto nel 2011, anno in cui addirittura l’intera somma destinata allo Stato nelle dichiarazioni dei redditi del 2008, per mancanza di disponibilità finanziaria, è stata destinata a scopi estranei a quelli di cui alla legge n. 222/1985. L’ammontare superava i 145.000.000 di euro.

Secondo la Corte dei Conti, difatti, “risulta grave che il patto tra Stato e cittadini venga sistematicamente violato, analogamente a quanto accade per la quota dell’8 per mille di competenza statale, che, sempre per motivi di bilancio, viene, spesso, dirottato su altre finalità rispetto a quelle stabilite dai contribuenti. La somma da ripartire per l’anno 2013 corrisponde allo stanziamento definitivo di competenza relativo alla quota dell’otto per mille di pertinenza statale, iscritto sul cap. 2780 dello stato di previsione del Ministero dell’economia (nell’ambito della Missione “Fondi da ripartire”). In base all’interrogazione della banca dati della Ragioneria generale dello Stato, al 20 gennaio 2013 lo stanziamento definitivo di competenza risulta, infatti, pari a 404.771 euro, corrispondente all’importo messo a riparto dallo schema in esame”.

Alla fine della fiera, tra accentramento delle risorse in capo alla Chiesa cattolica e storni più o meno emergenziali dal fondo statale, risultano effettivamente disponibili 404.771 euro. Un’inezia.

Al di là della propaganda e dell’edilizia scolastica che ultimamente sta a cuore ad un po’ tutti, va dunque sottolineata la questione principale, ovvero il ruolo tutt’altro che marginale della Chiesa cattolica. Nel complesso dell’8 per mille questa assorbe ben oltre l’80% delle risorse e le rimodulazioni – necessarie o meno possano essere (si sono difatti finanziati tanto la Protezione Civile quanto le guerre in Afghanistan) – gravano sempre sulla quota di diretta pertinenza statale. Il problema non è quindi tecnico-burocratico, ma puramente politico.

Nel prevedere l’inserimento di nuovi concorrenti nel riparto della quota statale, appunto l’edilizia scolastica, emerge che nuovi beneficiari e quelli preesistenti potranno contare su risorse sempre più marginali e, probabilmente, i costi transattivi supereranno i benefici netti, dal momento che “la polpa” dell’otto per mille continua ad incamerarla la Chiesa cattolica senza, ormai, alcun tipo di dibattito in materia.

Le ragioni sono molteplici. La pubblicità televisiva gioca un ruolo fondamentale; “lo Stato” non fa concorrenza alle confessioni religiose per far si che quanti più cittadini incrementino l’ammontare destinato alla diretta pertinenza statale, mentre la Chiesa cattolica investe tanto nella pubblicità per l’otto per mille. Nel 2008 sono stati ben 22 milioni, circa il 2,4% degli importi riconosciuti. Pubblicità eccessiva anche da un punto di vista “qualitativo”, a giudicare dalle varie accuse di pubblicità ingannevole che negli anni sono state mosse alla Chiesa italiana, rea di far intendere ai propri fedeli (e non) che tutto il ricavato dell’otto per mille verrà destinato a scopi di carità.

È dunque evidente che non migliorerà certo l’amministrazione italiana prevedere che migliaia e migliaia di istituti scolastici possano richiedere la partecipazione a somme che sull’aggregato otto per mille IRPEF risultano – eufemisticamente parlando – minime.

D’altro canto, dagli anni in cui il M5S e Beppe Grillo parlavano di revisione del Concordato e laicità paiono passati decenni. Oramai anch’essi sono messi a sistema. Anch’essi sono divenuti “casta” e per giunta quella peggiore.