Di Robert Turner, Responsabile delle operazioni per l’UNRWA nella Striscia di Gaza, Agenzia delle Nazioni Unite per il Soccorso e l’Occupazione dei profughi palestinesi. Continua la lettura di Robert Turner, responsabile operazioni UNRWA da Gaza.
Immagini
Per la verità, per la Palestina.
L’operazione israeliana “Brother’s Keeper” è purtroppo entrata nel vivo. I tre ragazzi israeliani recentemente scomparsi hanno dato vita ad un’immediata caccia all’uomo in tutta la Palestina da parte dell’esercito israeliano, persino con la presenza tra le truppe a Hebron del ministro della difesa, Moshe Yaalon. Netanyahu si dice sicuro delle responsabilità di Hamas.
Da subito i rastrellamenti si sono concentrati a Hebron, dove Israele ritiene vengano detenuti i tre giovani. Da subito le “ricerche” si sono trasformate in veri e propri rastrellamenti al di sopra di qualsiasi funzionamento minimo di uno Stato di diritto. Un’impressionante escalation di morti e feriti con il consueto accanimento gratuito verso i bambini: la vittima più giovane nelle ultime settimane avrebbe 6 mesi. Oltre a vandalismo, da parte dell’esercito si registrano furti nelle case, umiliazioni di ogni genere, occupazione in armi delle moschee. La situazione è precipitata nelle ultime 24 ore e il popolo palestinese sin’ora non ha messo a segno nessuna reazione consistente. Risulta ferito in modo non grave un solo soldato israeliano dall’inizio delle operazioni che hanno causato circa 500 arresti, il vandalismo su oltre 2000 abitazioni e famiglie e la distruzione intenzionale di derrate alimentari in un territorio già impoverito e sottomesso.
Con le ricerche dei rapiti Israele rastrella Hebron e, contemporaneamente, ha buoni motivi per bombardare Gaza in quanto roccaforte di Hamas. Ma non solo. Nablus, Ramallah, Rafah e altre città, tutte sotto attacco da giorni. La Palestina è sotto attacco ma ciò che sta accadendo non può configurarsi come un conflitto, bensì una pulizia etnica e una violazione dei diritti umani a 360°.
Tel Aviv minaccia l’interruzione di corrente durante il Ramadan mentre viene ulteriormente ristretto il regime carcerario per i prigionieri politici palestinesi: senza visite per due mesi. L’accanimento più brutale è però sui bambini: vengono arrestati, bendati, incatenati e malmenati da soldati israeliani sia durante il raid in senso stretto che in momenti di noia. Così, per le strade è in corso una caccia all’uomo o bambino, dipende dall’occasione, e colonne di soldati continuano ad arrivare a Hebron. Alcuni girano per le strade festanti esibendo la stella a 7 punte e data la sproporzione delle forze in campo e i metodi dell’esercito le operazioni poco hanno a che vedere con la ricerca di rapiti, ma si palesano per ciò che sono, ovvero atti di squadrismo e terrorismo sulla popolazione.
Feriti e danni imprecisati a Gaza dove l’aviazione bombarda nella notte.
Nel frattempo in Italia, dopo l’oscurantismo della stampa, l’intellighenzia e l’alta politica tricolore proseguono nel proprio disinteresse. Del resto, come aspettarsi solidarietà e prese di posizione da chi, come Roberto Saviano, più volte si è espresso positivamente circa le libertà sioniste e la democrazia israeliana. Nel 2010 partecipò in videoconferenza a Roma ad un convegno sionista “Per la verità, per Israele”.
Non più tardi di poche settimane fa in molte città italiane comparvero striscioni e vennero organizzate iniziative a favore del governo golpista di Kiev che sta seminando da settimane il terrore nel Donbass. Non a caso il primo ministro Matteo Renzi si è dichiarato favorevole alle “riforme” intraprese dal nuovo governo riformista ucraino. Oggi a Roma sull’operazione israeliana un’altra inquietante pagina italiana.
A differenza della guerra in Siria e della svolta neo-fascista in Ucraina, in questo caso complessivamente il governo e i media italiani preferiscono direttamente ignorare i crimini che l’esercito israeliano compie sulla popolazione palestinese. Papa Bergoglio, nell’ennesimo anatema della sua legislatura, si è scagliato contro la tortura, successivamente al suo ritorno proprio da un viaggio nei territori sotto occupazione. Evidentemente sarà giunta notizia delle torture dei medici israeliani sui prigionieri palestinesi in sciopero della fame che vengono sottoposti ad alimentazione forzata. Procedura a cui molto spesso fa seguito la morte.
Hamas non rivendica. A Hebron i rastrellamenti continuano.
Hebron (Cisgiordania).
George Orwell ha descritto una realtà ben precisa con “1984”.
Orwell ha parlato del giornalismo in modo piuttosto significativo: “La libertà di stampa è dire alla gente cosa non vorrebbe sentirsi dire“. In queste poche parole è contenuta l’essenza del messaggio orwelliano, la forza dell’informazione come motore di cambiamento. Oggi pochi scatti sono sufficienti a mostrare all’Occidente ciò che si ostina a non voler vedere. Nel terrore di questi giorni sulla popolazione, è grazie a giornalisti freelance e attivisti, oltreché al popolo palestinese che resiste e si riorganizza, che si hanno notizie non filtrate circa la situazione nei Territori Palestinesi
Hamas continua a negare qualsiasi coinvolgimento nel presunto rapimento di tre adolescenti israeliani – “è un onore rapire soldati israeliani, ma non siamo stati noi” – mentre in Italia prosegue un oscurantismo pressoché totale da parte delle principali reti di informazione. Hebron è sotto isolamento. Una volta entrati in West Bank dalla Giordania non si esce più.
Dopo le irruzioni nelle moschee, controlli a tappeto anche su personale medico e soccorritori.
Ultimo saluto al martire Mahmoud
Hebron (Cisgiordania).
Si sono tenuti nel pomeriggio i funerali del giovane Mahmoud, 13 anni, ferito mortalmente al petto dall’esercito israeliano nella notte tra giovedì e venerdì.
In decine di migliaia hanno accompagnato il feretro lungo le strade di Hebron urlando il loro sdegno per il giovane martire. Nel frattempo l’assedio su Hebron si fa sempre più stringente, continuano ad arrivare in città militari israeliani mentre i ceck-point hanno ormai isolato la città, dalla quale nessun palestinese può uscire.
Hebron, i martiri.
Hebron, (Cisgiordania).
Si chiama Mahmoud Jihad Muhammad Dudin, 13 anni, il martire palestinese di stamattina. E’ stato ucciso nel primo mattino con colpi di arma da fuoco al petto da parte dell’esercito israeliano durante un raid a Dura, città a 11 chilometri a sud-ovest di Hebron.
Silenzio tombale da parte dei principali media italiani, solo alcune notizie frammentarie ma nessun video o foto, soprattutto delle violenze sui bambini. A Gaza, secondo prime informazioni, ci sarebbero cinque morti tra i militanti di Hamas caduti durante un’incursione sul tunnel di Rafah da parte dell’aviazione israeliana.
La vittima più giovane, appena sei mesi, a causa di una crisi cardiaca. Le sue condizioni non sono state sufficienti ad ottenere il lasciapassare al ceckpoint israeliano che ne ha impedito il trasporto in ospedale.
Dal terrore di Hebron.
Hebron, (Cisgiordania).
Durissimi raid israeliani in Palestina. Assedio in molte città, da Hebron a Nablus; non si risparmiano campi profughi e bombe su Gaza.
I rastrellamenti proseguono ininterrottamente a Hebron da oltre tre giorni, incursioni anche nei campi profughi di Dheisheh e Jenin dove si ha notizia di un morto. Non si hanno informazioni più precise sulla situazione a Gaza. Hebron continua ad essere devastata, si registrano furti da parte dell’esercito, occupazione di attività che diventano ceck-point israeliani lungo le strade e incursioni con centinaia di rapimenti, specialmente su minori sottoposti in seguito a bendaggio e incatenamento.