Medio Oriente: fondamentalismo islamico è imperialismo

Brutal infighting persists among Syria insurgents

Non solo Palestina nella polveriera mediorientale, mentre l’islamofobia dilaga alimentata dai soliti riferimenti al “terrorismo islamico”. Ma cosa c’è dietro o dentro all’idea di terrorismo islamico? Ovvero, come inquadrare questo termine? Dove finisce per l’Occidente il terrorismo e iniziano tolleranza, non ingerenza o, spesso, complicità e supporto?

Di Siria e Iraq si parla inevitabilmente. Nel primo, oltre sei milioni di profughi e un false-flag al nervino fallito lo scorso anno. Nel secondo, il paese degli stabilimenti mobili di produzione per armi chimiche (mai rinvenuti!), si muore più che sotto Saddam e a Falluja le donne non mettono più al mondo figli per l’altissima percentuale di malformazioni.

Le violenze settarie sono esplose definitivamente e il paese è sull’orlo del baratro con l’avanzata degli islamisti dell’ISI (Stato Islamico dell’Iraq) a volte citato come ISIL, ovvero Stato Islamico dell’Iraq e della Grande Siria o Stato Islamico dell’Iraq e del Levante date le intenzioni di fondere l’ISI con al-Nusra. Intenzioni queste sconfessate da Al-Zawahiri, nell’aprile del 2013, con l’ordine ignorato da Al-Baghdadi, autoproclamato califfo dell’ISIL, che ha dato vita così ad una spaccatura del Fronte al-Nusra in parte riluttante ad una visione islamista transnazionale nella guerra civile siriana.

In Siria, da oltre tre anni, l’Esercito Siriano Libero, foraggiato direttamente da Arabia Saudita, Qatar, USA e Turchia (in quest’ultima si trova la sede) costituisce la fazione belligerante più attrezzata e combattiva, la colonna portante della più ampia Coalizione nazionale siriana delle forze dell’opposizione e della rivoluzione, presieduta dal potente Ahmad Jarba. Jarba è il leader dell’influente tribù degli Shammar (al-Shammar) dalla quale tra le altre cose proviene Ghazi al-Yawar, il primo presidente dopo la caduta di Saddam, più comunemente noto in Occidente come Jawād al-Mālikī. I collegamenti tra alcune tribù mediorientali e i ricchi sauditi, passando per le normalizzazioni avvenute o in corso d’opera in vari Paesi, appaiono piuttosto inquietanti. A questo si aggiunge la storica comunanza di interessi tra USA e Sauds che rende la figura di questi ultimi a dir poco ambigua in tutto il mondo arabo.

In relazione all’Iraq e alle violenze settarie che stanno mettendo a ferro e fuoco il paese, gli USA ora appaiono particolarmente disinteressati, forse perché contano sul territorio molte basi militari USA/NATO, e Washington dichiara che gli iracheni dovranno vedersela da soli e risolvere i “conflitti interni” attraverso la loro “sovranità”. Solo questioni interne dunque. In dieci anni gli USA hanno dimostrato con l’Iraq come la sovranità dei Paesi sia un concetto a geometria variabile.

Al-Monitor, collegato all’IPI, International Press Institute, riporta:<Among the most prominent of these tribes are the al-Shammar, al-Anza and Dalim, all of whom have members in Saudi Arabia and Iraq. Abdullah al-Yawar, secretary-general of the Iraqi Justice and Reform Movement and a prominent elder among the Shammar, visited Riyadh in March. Saudi policy in Iraq and Syria is largely characterized by such tribal links.The first Iraqi president during the US occupation, Ghazi al-Yawar, for example, was a tribal leader close to Saudi Arabia, as is Ahmad al-Jarba, the current president of the Syrian National Coalition. The ability of these figures to face down the rise of jihadist forces is doubtful, however, without significant support>.

http://www.al-monitor.com/pulse/originals/2014/06/saudi-arabia-iraq-long-history-suspicion.html   

Sino allo scorso febbraio, circa due anni dopo l’inizio della cruenta guerra civile, l’Esercito Siriano Libero era sostenuto anche dall’ISIL. Negli ultimi mesi, forte anche dell’avanzata in Iraq, l’ISIL si può considerare una parte a se stante, belligerante con i lealisti di Assad, con lo stesso ESL, contro al-Nusra e con il “Fronte curdo”. Quest’ultimo mantiene rapporti tesi con la Coalizione Nazionale Siriana in quanto espressione laica con lo scopo di ottenere una forte autonomia del Kurdistan siriano in seguito al rovesciamento di Assad. Questo punto non rientra nel programma della Coalizione.

Tra la situazione siriana e, soprattutto, quella irachena emerge chiaramente come la presenza e il peso di Al-Qaeda e altre organizzazioni rientranti nell’onnicomprensiva definizione di “terrorismo islamico” sia stato bellamente esagerato, se non del tutto mitizzato, nella propaganda pro-invasione dei primi anni 2000. In primo luogo per le ragioni storiche che riconducono Al-Qaeda agli USA e il finanziamento dei secondi a favore dei primi durante gli anni ’80 in ragione anti-sovietica (si veda a tal proposito l’origine, anche etimologica, del termine Al-Qaeda). In secondo luogo, alcune fazioni si presentano, oltreché inedite, molto più potenti e sanguinarie rispetto al passato.

A questo si aggiungono gli intrecci tra Al-Baghdadi e il recente ISIL,  il duo USA-Mossad e la politica dell’Egitto con la giunta militare al potere presieduta dal generale Al-Sisi, uomo vicino a USA e Israele. Il generale è nettamente più congeniale rispetto a Morsi per l’influenza su un Paese che storicamente riveste un ruolo di primo piano nel panorama arabo e strategico da un punto di vista geopolitico (Canale di Suez e valico di Rafah).

Leaks revealed that ISIS leader and cleric Abu Bakr Al Baghdadi took intensive military training for a whole year in the hands of Mossad, besides courses in theology and the art of speech

http://www.globalresearch.ca/isis-leader-abu-bakr-al-baghdadi-trained-by-israeli-mossad-nsa-documents-reveal/5391593

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