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COVID-19, c’è poco tempo: luoghi comuni, pericoli reali e scenario in sardegna

COVID-19, c’è poco tempo: luoghi comuni, pericoli reali e scenario in Sardegna

PREMESSA. Le pagine che seguono sono scritte in base a diverse fonti informative che operano internamente a diversi ospedali presenti del nord Italia (e non solo) che stanno lavorando alacremente nell’emergenza COVID-19. Alcune informazioni ricevute e particolari non verranno divulgati per non rendere riconoscibili il contesto di provenienza e le diverse fonti specifiche. Chi opera in questo momento in quelle zone sa bene che deve pensare a lavorare e salvare più vite possibili, ma chi informa ha il dovere di rendere nota una situazione che, sostanzialmente, secondo il personale operante è molto più grave di quanto finora sia stato divulgato alla popolazione italiana e, si vedrà separatamente, a quella sarda. Consapevole della responsabilità assunta il sottoscritto spera veramente che le cose non vadano per il peggio. Ma le cose non andranno per il peggio se ci saranno determinate scelte individuali e collettive, non certo per magia.

Si procederà per punti, alcuni aspetti sono già stati resi noti nel mare di informazioni a vario titolo divulgate, altri aspetti sono ormai noti nelle ultime 12 ore e su altri si farà ordine e precisazioni.

A tutto il personale medico e sanitario impegnato va un caloroso ringraziamento.

Il COVID-19 è subdolo, molto subdolo.  Questo virus si confonde facilmente in una prima fase con la normale influenza stagionale. Questo ha portato molte persone nelle settimane precedenti ad andare al Pronto Soccorso. I medici stessi non hanno riconosciuto in molti casi il virus e l’attesa in corsia, o un successivo ritorno al PS una volta peggiorate le condizioni, ha infettato centinaia di persone.

Il personale medico sta lavorando come prevedibile con turni massacranti e, soprattutto, con scarsa quando non assente dotazione di dispositivi di protezione. Infatti essi stessi si ammalano. Mancano le note mascherine e mancano quelle più adatte a contenere la diffusione del virus, ovvero quelle di categorie FFP2-FFP3. È urgente dotare massicciamente di dispositivi adatti il personale impegnato e la popolazione civile.

Le terapie intensive sono al collasso, soprattutto in Lombardia che comunque dispone di un sistema sanitario robusto. L’aiuto che possono ricevere da regioni limitrofe è limitato (vista anche la situazione critica anche in queste) perché il trasporto di un soggetto in terapia intensiva da un ospedale all’altro non è operazione semplice: il rischio di decesso è alto. Per la Sardegna, come si vedrà, questa eventualità è logisticamente impossibile. Non si può ricevere aiuto da alcun sistema limitrofo.

In alcuni ospedali italiani si è già arrivati, dopo poco più di due settimane di epidemia, a dover scegliere. Scegliere tra chi intubare e assistere e chi no. Si sta già scegliendo a monte tra chi può avere una data possibilità di vita e chi precludergliela a prescindere per mancanza di risorse. Questo è un dato di fatto ed è dato dai numeri. Circa il 10-12% dei contagiati finisce in terapia intensiva. Se i contagiati aumentano nell’ordine di 1.000-1.500 al giorno (impennate simili si stanno verificando anche in Spagna, ad esempio) significa che ogni giorno vengono occupati anche più di 100 posti di terapia intensiva. Se non si liberano posti da malati precedenti, i nuovi non verranno assistiti adeguatamente. In alcune strutture ospedaliere dai prossimi giorni non verranno più intubati soggetti oltre i 60 anni. In Italia sono presenti circa 3.000 ventilatori.

Vaccino. L’unica reale soluzione ad un virus è la messa a punto e successiva somministrazione di un vaccino. Non è possibile somministrare antibiotici, essendo un virus. Si stanno facendo tentativi con cocktail di farmaci ma sono, per l’appunto, tentativi. La scienza procede per errori e non per decreti o scadenze. Il vaccino tecnicamente non arriverà prima di 10-12 mesi, con buona pace delle poche settimane annunciate e attribuite ai più disparati Stati nel mondo. Purtroppo, mettere a punto un vaccino non è una procedura così rapida come tutti vorremmo fosse. Il distanziamento sociale e il contenimento servono a non far non collassare un sistema sanitario e prendere tempo in vista della messa a punto del relativo vaccino il quale poi andrà distribuito, fase che richiede ulteriore tempo. Questo significa ulteriori contagi e morti. Il distanziamento previene i contagi e riduce i morti.

Il distanziamento sociale come misura di contenimento ha un preciso effetto. I casi si distribuiscono in un periodo più lungo rispetto al mancato intervento delle misure. Le misure di contenimento, però, riducono drasticamente l’entità del picco e con questo il numero di persone che muoiono semplicemente perché non possono ricevere cure a causa del congestionamento del sistema sanitario. Dunque, più in breve, una vita e una società condizionata per un lasso di tempo più lungo ma meno vite perse.

“Alcuni potrebbero aver preso il COVID-19 e averlo superato senza rendersene conto convinti fosse un’influenza”. È vero, ma sono necessarie precisazioni. Innanzitutto, il soggetto potrebbe comunque aver infettato altri mentre lo superava e questi altri potrebbero essere persone che non supereranno l’infezione e moriranno. In ogni caso appesantiranno il sistema sanitario. Altro aspetto: chi lo ha superato in modo silente non necessariamente matura velocemente tutti gli anticorpi che evitano di riprenderlo. Un già ammalato potrebbe riprendere il COVID-19. Oltretutto, per molti che passano il COVID-19 senza accorgersene, ci sono molti, anche giovani, che subiscono quella che tecnicamente è una polmonite interstiziale bilaterale, molto aggressiva, che ha bisogno di ventilazione continua e in casi gravi terapia intensiva. In molti ospedali non sono presenti ventilatori per tutti quelli che ne necessitano.

“Il virus uccide solo anziani” – “L’età media del decesso è alta”. Senza entrare in ragioni morali (anche la vita di un 70-80enne va quanto possibile preservata) questo è vero solo in una prima fase. Già ora, dopo un paio di settimane o poco più, con l’aumento del numero dei contagi si stanno registrando numerosi casi di infezioni polmonari acute su soggetti giovani (anche under 40) che finiscono nei reparti di terapia intensiva. Alcuni muoiono, ne moriranno ancor più se il distanziamento sociale non sarà ferreo. I dati riguardo le fasce d’età delle terapie intensive da COVID-19 in Lombardia sono le seguenti:

22%, 75+ anni

– 37%, 65-74 anni

– 33%, 50-64 anni

– 8%, 25-49 anni

Quindi quasi un posto di terapia intensiva su due viene dedicato a soggetti dai 64 anni in giù. Questo dimostra la forte pericolosità del CODIV-19 anche su fasce giovani.

La letalità del COVID-19 al momento è intorno al 3% (dato OMS). Nei giorni scorsi il rapporto in Italia tra guariti (recovered) e morti (death) era quasi 3 a 1. Per ogni decesso quasi 3 soggetti guarivano. Ora questo rapporto si sta assottigliando velocemente ed è al momento 1,56 a 1 (724 guariti e 463 decessi). Solo ieri era a 1,7 a 1.

Sono gli stessi morti di un’influenza stagionale”. Non è vero. O meglio, lo sono al momento, in questo momento preciso, ma l’influenza stagionale non porta in terapia intensiva tutte queste persone. Pensare che ciò che è stato proietti esattamente cosa sarà è una leggerezza enorme. Non è assolutamente detto che sarà così fra un mese come fra due settimane o ancora prima.

Il COVID-19 ha totalizzato in Italia al momento 9.172 contagi e 463 morti. Questo non significa assolutamente che, ad esempio, nelle prossime 2-3 settimane si registreranno sempre circa 9.000 contagi e meno di 500 morti. La proiezione non è per forza lineare ma potrebbe essere esponenziale. Il virus possiamo dire che corra e, più passa il tempo, più correrà velocemente e i danni saranno sempre maggiori anche perché non c’è il noto “effetto gregge” dato dalla vaccinazione che nelle influenze stagionali esiste ed è raccomandata per determinate categorie.

Rispetto ai giorni scorsi, dove si registravano nuovi contagi al giorno nell’ordine delle centinaia, i contagi ora viaggiano con valori di gran lunga superiori a 1.000 nuovi casi al giorno. L’8 marzo mentre iniziava la scrittura di questo pezzo l’aggiornamento diceva che in Italia si avevano 1.492 nuovi casi e 133 nuovi morti. Al 9 marzo si registrano 1.797 nuovi casi e 97 nuovi decessi (il dato della Protezione Civile è inferiore e si attesta a 1.598 nuovi casi) https://www.worldometers.info/coronavirus/

Per avere un’idea della gravità della situazione, la metà dei decessi totali si sono verificati solo nelle ultime 24-48 ore circa. Che questo sia un picco e ora si andrà a scendere è tutto da vedere e non c’è alcuna indicazione in tal senso. Potrebbe essere anche la fase iniziale di un’impennata ancora più forte.

In Italia si registrano all’8 marzo 122 casi ogni milione di abitanti. Solo la Korea del Sud fa peggio con 144. Al 9 marzo il rapporto per l’Italia è salito a 151 casi ogni milione abitanti, mentre la Korea incrementa a 145,9.

La Cina grazie al contenimento straordinario avviato da tempo (quarantena rigida su oltre 11 milioni di persone) nelle ultime ore ha avuto solo 40 nuovi casi e 22 nuovi morti. In Italia la misura, tardiva, della quarantena su circa 16 milioni di persone (da valutare contenuti specifici e applicazione concreta) è stata prevista al 16° giorno dall’inizio dell’epidemia. Il numero di infettati nel frattempo crescerà per fughe e perché ancora molti infetti sono a spasso asintomatici.

Questo è dato da un abbassamento di attenzione clamoroso dopo un primo, positivo, schock. Il contenimento era dato proprio dalle prime misure in atto e l’opinione pubblica turbata. Invertendo il nesso causale, qualcuno ha pensato bene che il COVID-19 stesse rallentando da solo, come per magia. Ma il rallentamento era dato semplicemente dal contenimento e da una prima, forte, paura. In una seconda fase, nel momento in cui il contenimento si allenta, in mancanza di un vaccino, l’attenzione scende e il contagio corre inevitabilmente. Esempi ne sono “l’acquavite che ci salverà” nel bar in Veneto, i vari casi di fuggitivi dalle zone rosse verso altri luoghi o i Navigli a Milano ancora in questi ultimi giorni colmi di gente intenta a fare aperitivi e ballare incoscientemente.

Il panico gioca brutti scherzi, ma una razionale paura tiene vivi e previene. La fobia è un problema, ma l’incoscienza e la superficialità aumentano la diffusione. Il contagio non si arresta magicamente perché “si pensa positivo” o “ci credo forte forte” o “non facciamoci condizionare”. Il nostro pensiero non è più forte di un virus. Quella è magia e religione, con tutto il rispetto per le idee personali di ognuno. Ad azioni precise corrispondono conseguenze precise: se non si dispone di un vaccino e le persone non si distanziano, il virus corre e lo farà sempre più velocemente. È semplice ed è mortale, soprattutto per alcuni ma se il sistema sanitario collasserà questo avrà conseguenze su tanti, anche giovani e in buona salute.

Anche alcuni medici e persino virologi hanno dovuto fare il percorso inverso. Da incalliti anti-allarmisti preoccupati per esagerazioni di “poco più che un’influenza”, in 10-12 giorni sono passati ad ammettere che non se ne sa molto, che il COVID-19 è molto contagioso e che è il caso di seguire strettamente alcuni comportamenti. L’influenza stagionale non è neanche lontanamente paragonabile alle polmoniti gravi che stanno riempendo interi reparti e che continueranno a riempierli sempre più se non si contiene la diffusione del virus.

Un altro aspetto riguarda la capacità di mutazione del COVID-19. Ogni virus muta e lo fa con velocità diverse. Sicuramente il CODIV-19 rispetto alla SARS muta con un tasso nell’ordine delle decine di volte superiore. Questo, però, non significa granché. Il virus può mutare “in male”, più aggressivo e letale, o “in bene” essere meno aggressivo e virulento. Non ci sono chiare evidenze in tal senso.

SARDEGNA. L’insularità è un elemento che in una prima fase gioca a favore del contenimento. Il perché è intuitivo. Se il virus non è presente, e nessuno lo porta dall’esterno in alcun modo, esso non può logicamente diffondersi. Nel momento che, per un qualsiasi motivo, il virus infetta il contesto isolano e si diffonde l’essere Isola gioca un ruolo opposto.

Le persone scappate indebitamente nell’Isola da zone rosse, in larga parte residenti italiani ma anche sardi studenti-lavoratori, sono un numero indefinito. Non abbiamo al momento dati certi ma sarebbero ricavabili da traffico aeroportuale che le istituzioni sarde e l’opinione pubblica hanno il dovere di reperire e sistematizzare il prima possibile. Se si hanno i nominativi di chi è entrato, si può sapere (in parte) quali proprietà gli stessi abbiano nell’Isola e dove, presumibilmente, si trovino. È impossibile ricostruire tutto in tempi rapidi, lo si può fare solo in parte. In termini di contagio bisogna sapere che quanto accaduto avrà effetti non del tutto rimediabili. È possibile solo attenuare ma bisogna farlo subito.

Pensare che queste persone arrivate negli ultimi giorni (prima del Decreto) dicano tutto ciò che c’è da dire in autonomia è un’ingenuità. È certo che queste persone stanno già aumentando la velocità di diffusione del virus. Senza un vaccino, mettere persone infette vicino a persone sane fa ammalare le seconde. Mettere più persone infette vicino a persone sane fa ammalare più velocemente l’intera collettività. È inevitabile. La condizione del sistema sanitario sardo poi potrebbe fare il resto causando molti più morti di quanto le stesse istituzioni sanitarie potessero pensare per la Lombardia alcune settimane fa. Anche il periodo di incubazione di 2-11 o max 14 giorni potrebbe col tempo subire rialzi perché da quanto riportato dalle fonti in queste settimane ci sono stati casi di incubazione anche maggiore. Anche su questo fronte non si hanno letture scientifiche definitive.

Che fare nell’Isola? Questo articolo non fornisce alcun indirizzo medico su come trattare infezioni polmonari ma “suggerisce” alcune soluzioni logistiche da predisporre IMMEDIATAMENTE:

  • adoperarsi per rintracciare retroattivamente tutti coloro che a vario titolo e con vari mezzi siano entrati in Sardegna nelle ultime settimane, isolarli-isolarsi e contattarli almeno due volte al giorno, dove possibile anche via chiamata video-web;
  • adoperarsi per tracciare tutti coloro che entrino in Sardegna da questo momento in poi (allo stato attuale delle previsioni di legge). A quanto si apprende in queste ore proseguono arrivi in massa e i controlli sono assenti. Il rischio di un ampio contagio in questo modo è una certezza, non un rischio;
  • considerare l’applicazione di una chiusura totale degli accessi all’Isola (richiesta anche dall’ANCI). Si tratta di una misura drastica ed evitabile fino a due settimane fa. Ora il problema è anche operativo: portare avanti con profitto le due attività (tracciatura e monitoraggio su già arrivati e monitoraggio su nuovi arrivi) renderebbe improba l’operazione in termini di poco tempo ed enormi risorse necessarie. Per rintracciare migliaia di già arrivati, controllare e gestire porti e aeroporti aperti e quarantene, sarebbero necessarie energie inquantificabili;
  • nella prospettiva di una inevitabile e massiccia diffusione del contagio, che ci sarà, è urgente pensare alle eventualità peggiori. Organizzare ospedali o affini su grandi imbarcazioni allo scopo adattate e attraccate nei porti sardi. Non si possono in breve costruire ospedali o campi medici (anche per motivi climatici) ma si possono adibire i locali delle imbarcazioni per quarantene, monitoraggio, reparti di pronto soccorso e reparti di rianimazione-terapia intensiva;
  • utilizzo laddove possibile di idonee strutture alberghiere e/o resort, in aree non urbane e dotate di ampi spazi esterni nei quali organizzare le quarantene;
  • allestire pre-triage in tenda fuori dal Pronto Soccorso in ogni ospedale dell’Isola;
  • predisporre i punti precedenti evitando da subito di convogliare contagiati e altri pazienti per altre patologie negli “ospedali classici”. Non ammassare persone negli stessi o comunque nei contesti urbani dove si trovano gli ospedali;
  • disporre di un numero massiccio di maschere e tamponi i quali hanno, oltretutto, un costo considerevole (90-100 euro). La RAS di quante unità dispone attualmente o può disporne nel futuro immediato? È fondamentale la qualità e quantità di dispositivi di protezione per il personale medico e sanitario per contenere il contagio tra gli stessi, cosa che farebbe collassare subito il sistema sanitario sardo. Per i civili, oltre maschere e dispositivi, il distanziamento sociale e le note norme igieniche rimangono priorità assolute.
  • i mezzi pubblici sono un aspetto problematico. Possono essere un veicolo del virus, ma paralizzare i trasporti potrebbe creare il caos soprattutto nell’area metropolitana di Cagliari. Il servizio pubblico potrebbe rimanere attivo osservando alcune condizioni imprescindibili. Distanze tra utenti, tratte dunque non affollate, e un’adeguata e costante sanificazione dei mezzi. Scientificamente, un mezzo pubblico così gestito e organizzato non è più pericoloso, ad esempio, di un negozio di alimentari;
  • gli anziani non devono uscire per nessuna ragione e devono ricevere visite solo se strettamente necessarie. Tutti gli altri, ugualmente. Non è una indicazione data a cuor leggero ma chiudere le scuole e poi ammassare, per esempio, persone in coda in uffici pubblici per una settimana non ha avuto alcun senso e avrà conseguenze. Il virus si diffonderà comunque. Rinviare l’inaugurazione di qualcosa ma andare al ristorante non ha alcun senso. Limitare ogni attività non strettamente necessaria. Per un periodo indefinito sforzarsi di vivere in modo monacale o quasi se semplicemente si vuole continuare a vivere. Non andare al cinema ma toccarsi e baciarsi con i propri parenti o affini non ha alcun senso.

Si è perso molto tempo per una settimana nel chiudere scuole ma non chiudere eventi sportivi, chiudere scuole ma far riunire i bambini nelle piazze a giocare e sudare assieme per poi tornare a casa da genitori e nonni anziani e debilitati. Non lo sappiamo ancora con precisione, ma questo ha comportato già dei contagi che si manifesteranno nelle prossime 2 settimane circa.

Non c’è molto tempo, attrezziamoci.