Estero. Roma: il nuovo modello di gestione delle Città (I parte, di Marco Piccinelli)

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Roma: il nuovo modello di gestione delle Città

Nel novembre scorso si era nel pieno dell’escalation che stava coinvolgendo la periferia romana: la situazione che si andava producendo giorno dopo giorno fra Torre Angela e Corcolle (VI municipio) era ormai fuori controllo. Tra notizie false fatte circolare ad hoc e il clima conseguente, manifestazioni contro i clandestini e proteste notturne fra Casilina e Prenestina, la situazione era ben rappresentata da una bomba a mano a cui era stata appena tolta la spoletta e, anziché essere gettata contro il nemico, veniva scagliata contro commilitoni dello stesso esercito. La situazione che ne viene fuori è, sostanzialmente, la stessa: irrazionalità, imprecisione totale nel riportare dati e fatti, convincimenti del tutto fallaci dovuti dalla circostanza e dall’immanenza della fase che si sta vivendo. Nel corso della vita della Giunta Marino, la quale non si può dire abbia goduto di buona salute, le notizie capitoline e dei disagi legati alla Capitale d’Italia diventano sempre più motivazioni per esporre Roma al pubblico ludibrio o indignazione sterile di buona parte della stampa romana e nazionale. In un quadro in cui la città è immobile, pur tuttavia ogni mattina sembra che abbia trovato il briciolo di forza disperata per arrivare fino a sera, e la politica romana conta pochissimo nei fatti; nella fase politica in cui i vari decreti legge del Governo Renzi si abbattono su ogni amministrazione locale rendendo il parere della stessa assimilabile allo zero, risiede l’esperimento di azzeramento della coscienza sociale comune tramite la diffusione di notizie impazzite ed incontrollate (e incontrollabili), di direzione dell’opinione pubblica, di azzeramento delle sparute e mal gestite “lotte sociali” presenti nella Capitale. In tal senso, dunque, l’episodio dei funerali di Vittorio Casamonica (su cui si è versata una quantità enorme di inchiostro e per cui si sono stampate un numero eccessivamente imponente di pagine di quotidiani, settimanali e rotocalchi) va in quadrato nell’ottica di destabilizzazione di una città tramite un momento di lutto che – in ogni caso – avrebbe destinato scalpore e che si sarebbe comunque svolto, tanto che un episodio simile per poco non avvenne nel 2012 proprio a Tor Bella Monaca in cui non si bloccò il traffico ma ci fu lo stesso calesse fuori dalla chiesa. La situazione, in ogni caso, agli occhi di un non-romano è quella della completa irrazionalità e del capovolgimento di ogni convincimento: Roma è, al momento, soggetto di un esperimento politico/sociale di azzeramento della coscienza dell’opinione pubblica, direzione e instradamento su determinati temi. Ed è importante tener presente che a cavallo tra il 2014 e il 2015 è venuto a galla il sistema di gestione che ha cooptato Roma per anni: mafia, clientelismo e liberismo hanno interpretato il ruolo principale sul proscenio della Capitale e la risultate è stata la paralisi e la corruzione. La situazione, dunque, non è normale (o normalmente preoccupante) anche se si vorrebbe far passare come tale.

Torre Angela, Corcolle (2014) – Casale San Nicola (2015)

Iniziava, nel pieno dello scorso anno, una vasta campagna mediatica e politica sull’arrivo incontrollato di varie migliaia di clandestini in determinate zone della capitale che avrebbe portato sulla cronaca nazionale quartieri sconosciuti ai più che non fossero romani: Corcolle, Torre Angela e – nel corso dell’estate di quest’anno – anche una zona della roma bene come Casale san Nicola. Per quest’ultima “protesta” è bene rimandare a quanto scritto da Adriano Manna su Sinistraineuropa.it: <Italiani indifesi contro l’invasione straniera. Uno Stato complice, che ignora le condizioni materiali di onesti cittadini senza servizi. Una piccola comunità di 400 onesti lavoratori a cui viene scaricata, da una classe politica corrotta e asservita al multiculturalismo forzato di una sinistra (?) antitaliana, una mandria di migranti che non dovrebbero neanche essere qui. E ancora, la problematicità di una accoglienza che sa tanto di parassitismo e clientelismo, che nulla ha a che vedere con il rispetto delle norme internazionali sui rifugiati>.

Questa è, grosso modo, e forse l’abbiamo scritta anche in un italiano migliore di quanto farebbero loro, la costruzione narrativa che la destra romana (e non solo) prova a propinare a spron battuto sulle vicende di questi giorni a Casale San Nicola, zona residenziale a due passi dall’Olgiata, a pochi chilometri dal Grande Raccordo Anulare di Roma, dove è stata insediato negli anni un comprensorio di ville esclusive il cui prezzo di mercato varia dai 700.000 ai 2.500.000 euro.

[…] <La destra si è prestata ad una delle narrazioni più patetiche della sua storia recente, ergendosi a difensore di quella parte di micromondo borghese che “tanti sacrifici” aveva fatto per estraniarsi fisicamente dalle contraddizioni di quello stesso sistema a cui la crisi impedisce ormai di difendere anche le “zone franche” dei ceti più abbienti. La riscoperta della primazia degli interessi italiani si rispolvera quindi come bandiera dietro cui far confluire tutti, ricchi e poveri, sfruttati e sfruttatori. Ed ecco emergere nuovi direttori di orchestra, chiamati a dirigere un coro che si vorrebbe rivolgere in primis agli stati popolari delle periferie italiane, incitandoli alla battaglia contro l’invasore che minaccerebbe il benessere residuo di tutti, perché se il valore di una casa cala da 1.500.000 euro a 1.200.000 il problema riguarda tutti, ricchi e poveri, sfruttati e sfruttatori>.

Blocco stradale a Casale san Nicola, tra Ferrari e Porsche, bandiere italiane che garriscono al vento, Inno di Mameli che parte perché “gli italiani sono i meno tutelati”. Un anno fa, invece, in periferia accadeva più o meno la stessa cosa con, tuttavia, maggiore disorganizzazione e minor consapevolezza di ciò a cui si stava andando incontro: a Torre Angela si protestava a causa della circolazione di una <falsa notizia della dislocazione di 500 immigrati clandestini all’interno di un centro commerciale in disuso, il famoso Dima Shopping Center. Iniziano le manifestazioni, i sit-in di protesta ed elementi delle destre municipali cavalcano l’onda gridando al clandestino. C’è poi da dire che i 500 immigrati clandestini, più passava il tempo e le persone che ne parlavano, più aumentavano di numero e di intensità: ad un secondo sit-in a Via Celio Caldo, addirittura, s’era arrivati a dire «NE ARRIVANO 5000», roba che neanche lo Stadio Olimpico. Si arriva, dunque, a bloccare la Casilina così come si bloccherà la Polense a Corcolle: alla seconda manifestazione nell’ultima borgata citata si presenterà anche il Presidente del Municipio Marco Scipioni (in quota PD) che urla “Via i Clandestini dal mio municipio”, in merito all’episodio che – anche quello – era stato citato da media nazionali riguardo episodi di intolleranza>.

Da una parte, in sostanza, si ha il sottoproletariato che viene gestito ed incanalato in un sentimento-bolla che riesce ad esacerbarsi nel giro di un mese, lasciando pesanti strascichi all’interno del proprio sentimento personale e risentimento nei confronti dello straniero; dall’altra una protesta ben calibrata e ben giocata sul binomio “siamo cittadini per bene-ci siamo sudati la nostra ricchezza” dalla parte opposta alla Roma delle borgate prima citate. In entrambi i casi, la stampa romana più influente e le emittenti televisive hanno fatto sì che il tutto montasse ed impazzisse – come nel caso di una crema parzialmente irrecuperabile – nel giro di poco ma che il tutto lasciasse un sentimento di forte risentimento nei confronti di lettori od ascoltatori.

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