TAR Sardegna e antincendio nei Poligoni. Nelle Colonie non è necessario.

occupazione militareE’ arrivata nel tardo pomeriggio di ieri la decisione del TAR Sardegna sul ricorso dell’avvocatura di Stato contro il decreto 271/2014. Parere favorevole verso il Ministero della Difesa al quale non è andata giù l’estensione delle prescrizioni regionali antincendio ai Poligoni militari nell’Isola.

Ciò che emerge da questo fatto gravissimo è l’ennesimo – sfrontato – tentativo dello Stato italiano di disporre della Sardegna come meglio crede, in tutto e per tutto. Questa decisione susciterà sicuramente molte polemiche in vista del 29 ottobre a Lanusei e il Fronte Indipendentista Unidu in un duro comunicato rinnova l’invito ai cittadini sardi per la mobilitazione prevista mercoledì 29 ottobre davanti all’ingresso del tribunale di Lanusei.

Considerando il fatto che tra i capi di imputazione per gli otto generali e comandanti del PISQ vi sono omissioni dolose su precauzioni circa i rischi ai quali si esponevano civili e militari, non prevedere un dispositivo di sicurezza standard su tutto il territorio (ovvero un sistema antincendio) la dice lunga sull’atteggiamento dello Stato italiano, la sua presunta “leale collaborazione” e la determinazione che sta ponendo in campo al fine di non cedere un passo sul suo business più importante: il Vaso di Pandora della NATO e della Difesa italiana.

Il dato politico più rilevante, oltre ai pericolosi risvolti strettamente ambientali e sanitari, è la necessità di non arretrare la lotta indipendentista rispetto a quella contro l’occupazione militare.

Il decreto 271/2014 è tecnicamente ineccepibile da un punto parziale; politicamente è fortemente viziato se si analizza ad ampio raggio l’occupazione militare in Sardegna. L’obiettivo primario dovrebbe essere quello di non avere alcun sistema antincendio interno perché non vi sarà alcun interno di Poligoni in Sardegna. Questo implica una posizione indipendentista, senza se e senza ma.

La lotta contro i Poligoni mostra cosa intrinsecamente costituisce: lotta contro l’occupazione militare e lotta per l’Indipendenza. Se l’occupante non ha interesse a dotarsi di un piano antincendio come si può pensare che lo Stato e i suoi apparati siano interlocutori ragionevoli per una più ampia interruzione, dismissione, bonifica e riconversione?

Parlare di questi temi, oggi più che mai, ci pone di fronte all’unica conclusione possibile per il riscatto e lo sviluppo della Sardegna. La lotta contro i Poligoni in Sardegna colpisce gli interessi primari dello Stato italiano e di questo se ne deve essere consapevoli. Non si tratta “solo” di qualche trivella o qualche migliaio di metri cubi di cemento per le coste. Se si parla di NATO, di Finmeccanica, Oto Melara, Vitrociset, e molti altri, emergono degli interessi incommensurabilmente maggiori. Interessi per i quali lo Stato italiano ha sempre dimostrato come qualsiasi prezzo da far pagare fosse necessario e giusto, al fine di assicurare i propri interessi nazionali strettamente legati all’attività bellica “propria” e di intermediario a livello mondiale. Questo problema è Il Problema e si lega strettamente, che piaccia o no, alla permanenza dello Stato italiano in Sardegna. Gli interessi nazionali italiani sono e saranno sempre in contrasto con il benessere e lo sviluppo della Sardegna.

Solo a chi è chiaro questo potrà dare incisività alla propria rivendicazione, ambientale o pacifista che possa essere. Quegli interessi nel nome dei quali non vengono previsti piani antincendio allo stesso modo dei registri tumori, negando per questa via la presenza stessa della devastazione ambientale e culturale che l’occupazione militare causa.

L’indipendenza della Sardegna è l’emancipazione da questi interessi mortiferi, cuore dell’attività coloniale dello Stato italiano in Sardegna, e questa si pone come vitale. Lo scontro con lo Stato italiano è aperto e il suo atteggiamento conferma che la strada intrapresa è quella giusta. Quella è la strada dell’Indipendenza.

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