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Estero. Roma, le elezioni che nessuno vuole vincere (di Marco Piccinelli)

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Estero. Le elezioni che nessuno vuole vincere (di Marco Piccinelli)

La domanda sembra essere necessaria: sicuri che le elezioni a Roma vuole vincerle qualcuno? Lapidaria e spietatamente cinica, se si vuole. Ma, a volte, il cinismo è necessario per inquadrare una situazione politica con la freddezza ed il distacco opportuno. La notizia del complotto contro i 5 stelle, come dichiarato ieri dalla On. Senatrice Paola Taverna, inizialmente fa contrarre il viso in una specie di sorriso«Ho pensato che potrebbe essere in corso un complotto per far vincere il Movimento Cinque Stelle a Roma». Continua la lettura di Estero. Roma, le elezioni che nessuno vuole vincere (di Marco Piccinelli)

Estero. Roma: il nuovo modello di gestione delle Città (III parte, di Marco Piccinelli)


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Il funerale

Qualche settimana fa, infine, il clan dei Casamonica inscena un funerale in pompa magna (kitsch, più che altro) di un suo congiunto defunto: Vittorio Casamonica. Alla chiesa di Don Bosco un poster gigante raffigura il boss vestito da Papa, accompagnato dalla frase che incoraggiava a prendersi anche il paradiso, un calesse aspettava la bara fuori dalla basilica, una folla di gente lanciava petali di rose per terra mentre una banda suonava la colonna sonora del Padrino, la celebre pellicola. Continua la lettura di Estero. Roma: il nuovo modello di gestione delle Città (III parte, di Marco Piccinelli)

Estero. Roma: il nuovo modello di gestione delle Città (II parte, di Marco Piccinelli)

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Il caso dei QRE – Quartieri Riuniti in Evoluzione

Le proteste si susseguivano rapide una dopo l’altra: Tor Sapienza, Corcolle, Alessandrino, le borgate del quadrante sud-est erano una polveriera pronta a scoppiare. A cavallo tra 2014 e 2015 nascono i QRE, un’organizzazione che mette insieme tutti i comitati di quartiere, associazioni di municipi e simili: tale federazione di comitati, per così dire, non possedevano un’unica ragion d’essere né delle azioni uniche dal momento che – per l’appunto – tale organizzazione rappresentava un raggruppamento di diverse realtà.
Perché usare l’imperfetto? Perché, in buona sostanza, la creazione dei QRE è stata, almeno a parere di chi scrive, funzionale al processo e alla volontà dei settori dissidenti delle organizzazioni politiche capitoline maggiori ad andare alle urne in tempi brevi. Incanalare disagio e problematiche territoriali in un’unica organizzazione, seppur federativa ma che riguardava la Capitale nella sua interezza, era pur sempre un segnale di cui il Sindaco doveva tener conto, politicamente e non; strumentalmente e non.

Tuttavia, il piano è saltato dal momento che Marino, tutto sommato, deve poter continuare agonizzante sotto commissariamento e gestioni straordinarie (come quella per il Giubileo) attraverso le quali far passare una serie di norme impopolari giustificate dall’eccezionalità/crucialità del momento. I QRE si sono sciolti come neve al sole, in men che non si dica, e hanno avuto caratteristiche diverse nei vari municipi in cui sono stati costituiti: in alcuni propugnando una linea di dialogo con l’amministrazione capitolina, in altri di contestazione, ma sempre su stampo delle proteste di Torre Angela, Corcolle e Tor Sapienza. Nelle borgate del quadrante sud-est, per ora, i QRE sono totalmente spariti.

    La protesta dei macchinisti, la municipalizzata per eccellenza

Ultimamente, le posizioni della della destra romana sono sintetizzabili negli slogan di contestazione al Sindaco riguardanti la mobilità e l’impossibilità di avere un servizio di trasporto pubblico degno della Capitale di uno Stato. Il punto – tralasciando le contestazioni di chi ha governato la città precedentemente – è che proprio sotto la giunta Alemanno sono sorti gli scandali delle assunzioni scriteriate nella municipalizzata dei trasporti (Atac) non dei macchinisti, ma di componenti la dirigenza della stessa azienda. Ricordare quanto avvenuto sotto la Giunta Alemanno sarebbe stato, sicuramente, utile ai più per la comprensione di una fase letteralmente impazzita, come scritto sopra, ma è molto più facile iniziare una campagna di attacco allo “sciopero bianco dei macchinisti che protestavano per il mancato raggiungimento dell’accordo con il Comune riguardo le ore di lavoro”, così com’è stato affermato da più parti nei media.

Via, dunque, con video amatoriali che raccontano dell’indignazione totale nei confronti dei macchinisti che viaggiano con le porte aperte della metro; via con le sassaiole al vetro del primo vagone della Roma-Lido, blocchi di binari etc etc. E’ bene, però, non soffermarsi sulla cronaca spicciola dal momento che è stata riportata e fatta rimbalzare su internet dai network con poco seguito fino all’Huffington Post, dal Corriere della Sera fino al Piccolo di Trieste. E’ più che doveroso, invece, far luce su quello che avviene dopo tali proteste (per cui ‘i cittadini’ – avviati verso il grado zero della coscienza sociale – hanno iniziato ad additare i macchinisti come causa di tutti i mali e non, al contrario, l’azienda e il sistema di gestione clientelare che l’ha cooptata per anni): Ignazio Marino afferma che non c’è possibilità di trovare un accordo con le parti sociali e quindi c’è la necessità di «trovare un nuovo partner per Atac».

«Ho deciso di cambiare il cda dando mandato al dg Francesco Micheli di rinnovare profondamente il management aziendale allontanando tutti i dirigenti responsabili delle inefficienze” L’alternativa era portare oggi (25 luglio 2015, data della conferenza stampa in cui annuncia la privatizzazione de facto di Atac nda) i libri in tribunale: sarebbe stata la soluzione più facile ma penso che possiamo farcela senza procedere a un finale così drammatico».

Partner industriale e municipalizzata è un binomio che porta dritto ad una privatizzazione, attraversando una fase di gestione straordinaria dell’azienda in cui i suoi vertici contino estremamente poco. Il comune, dunque, nella figura di Marino dichiara che l’azienda del trasporto romano non può uscire dalla crisi economica e organizzativa senza trovare un partner industriale e anticipare la privatizzazione prevista definitivamente entro il 2019.

Il trasporto pubblico, dunque, è una sorta di scalpo da mostrare all’opinione pubblica, sempre più rappresentabile attraverso il corpo del Cristo morente fra le braccia di Maria della Pietà e, finalmente, le varie amministrazioni sono riuscite nell’operazione di rendere così scadente il trasporto pubblico al punto di far passare il messaggio che solo svendendolo ad un privato si potrà migliorare la situazione. La privatizzazione, in sostanza, è la panacea di tutti i mali: il trasporto pubblico è scadente, i macchinisti non svolgono il loro lavoro, “la metrro non ppasa mai!!1!1!” ed è indecente che rimanga così, in fondo i termini di paragone nelle chiacchiere da bar (Berlino, Madrid, Parigi) non reggono il confronto con le due metro e mezza di Roma.

Ancora una svendita, in sostanza, e all’annuncio di Marino i grandi gruppi industriali, il Capitale, la stampa che conta, non ha battuto ciglio sulla decisione del Primo cittadino e- per la prima volta – ha avuto il ‘placet’ sui titoli delle cronache romane piuttosto che gli attacchi a 360°. La crisi di Atac (ed il suo fallimento) non va certo ricercata nella mancanza di fondi o professionalità da parte dei lavoratori, ma solo nell’inettitudine dell’amministrazione e nell’interesse dello Stato nella svendita di pezzi di res publica.

Tor Sapienza, Torre Angela, Corcolle. Viaggio nella periferia romana (di Marco Piccinelli).

Tor Sapienza, Torre Angela, Corcolle. Viaggio nella periferia romana

Considerazioni a margine di un abitante della periferia romana (Quadrante sud-est, Casilino, VI municipio. Torre Maura, a voler essere ancora più precisi).

Chi scrive non abita molto distante dai blocchi di case popolari di Via Morandi, ormai sulla bocca del Paese intero per i recenti fatti di cronaca che si sono susseguiti. C’è chi dice che le proteste e gli scontri dei giorni scorsi siano partite, in realtà, da una (falsa) dislocazione di rifugiati politici* in quel luogo; altri (ed è la versione più accreditata) per i recenti fatti di aggressioni da parte di stranieri sugli abitanti del luogo ma non mi soffermerò tanto sulle notizie quanto sul dopo, cioè sul dibattito. Che è, poi, il cosiddetto nocciolo della questione.
Le manifestazioni di intolleranza e razzismo che si sono verificate, sono state cavalcate dalla destra neofascista e dalla Lega Nord, ormai sulla cresta dell’onda dell’opinione pubblica perché in procinto di creare un progetto politico nazionale di stampo lepenista.
Gli slogan che più erano in voga – durante le giornate di protesta – erano quelli generici e propri dell’intolleranza: “Roma ai romani”, “Basta negri” etc etc.
Andando per flash si potrebbero così scadenzare gli avvenimenti di Via Morandi: 1) gli scontri della sera dell’11; 2) le ripetute manifestazioni contro i negri; 3) la chiusura e il «trasferimento forzoso» dei minorenni ospitati dal Centro di prima accoglienza, collocato in una struttura che include anche uno Sprar (Servizio protezione richiedentiasilo e rifugiati); 4) la Lega che accorre in difesa dei manifestanti contro i clandestini; 5) il sindaco Marino che si ricorda dell’esistenza delle periferie solo il 15 novembre 2014.

Già precedentemente, in estate e un pugno di mesi fa, sono accaduti episodi simili non tanto per la violenza, quanto di manifesta intolleranza. Mi riferisco a Torre Angela e Corcolle, borgate facenti parte del VI municipio e cioè uno tra i più grandi, estesi, popolati, meno irrorati di servizi e trasporti, meno alfabetizzati e con la più alta percentuale di centri di accoglienza di Roma. La questione che ha fatto insorgere Torre Angela, nell’agosto di quest’anno, è stata una falsa notizia della dislocazione di 500 immigrati clandestini  all’interno di un centro commerciale in disuso, il famoso Dima Shopping Center. Iniziano le manifestazioni, i sit-in di protesta ed elementi delle destre municipali cavalcano l’onda gridando al clandestino.

C’è poi da dire che i 500 immigrati clandestini, più passava il tempo e le persone che ne parlavano, più aumentavano di numero e di intensità: ad un secondo sit-in a Via Celio Caldo, addirittura, s’era arrivati a dire «NE ARRIVANO 5000», roba che neanche lo Stadio Olimpico. Si arriva, dunque, a bloccare la Casilina così come si bloccherà la Polense a Corcolle: alla seconda manifestazione nell’ultima borgata citata si presenterà anche il Presidente del Municipio Marco Scipioni (in quota PD) che urla “Via i Clandestini dal mio municipio”, in merito all’episodio che – anche quello – era stato citato da media nazionali riguardo episodi di intolleranza.

I casi sono diversi, tra loro, ma i quartieri in esame non lo sono poi così tanto: si parla di borgate con case popolari, borgate storiche e neo quartieri sorti ad un tiro di schioppo da Zagarolo e lontanissimi dalla parola Roma.  Sia come città che come concetto, verrebbe da dire.
Il minimo comune denominatore delle tre manifestazioni è stata la caccia all’immigrato visto che in tutte le dimostrazioni che si sono verificate ci sono stati atti di intolleranza (esplicita ed implicita) o violenza, unita alla diffusione di notizie senza alcun fondamento (la famosa storia del Lo Stato fornisce 50€ al giorno agli immigrati clandestini!!!11!1!1!) solo con lo scopo di avvalorare il proprio obiettivo.
Il punto però è che questi tre quartieri si trovano, letteralmente, ai margini della connessione sociale e cittadina del tessuto urbano di Roma, e chi ci vive ne è il testimone quotidiano di quanto appena scritto.
In questi quartieri mancano punti di riferimento sociali, assistenziali di prima necessità da cui scaturisce la mancanza – totale, che nel corso del tempo diventa endemica – di una stella polare  a livello politico. Quanti servizi sanitari e quanti tagli sono stati apportati a quelli che dovrebbero essere considerati basilari per una vita minimamente decorosa?

Porto un esempio che non è in merito ai tagli ai servizi sanitari ma a quelli del trasporto: il V e il VI municipio (rispettivamente ex VI/VII ed ex VIII) sono stati i più colpiti dai tagli delle linee ATAC. Si potrebbe dire che i mezzi d’informazione radiotelevisiva hanno trasmesso il taglio annunciandolo come necessaria razionalizzazione ed ottimizzazione del servizio pubblico. Usando un gioco linguistico che sembra quasi il cambiamento dei nomi in italiano durante il fascismo, in cui il cocktail diventava bevanda arlecchina.
Il punto è che non c’è niente di umoristico nel negare una vita dignitosa alle persone che creano ricchezza e producono lavoro per il cosiddetto Centro-Città, perché negando i diritti alla mobilità e alla salute si sta (più o meno implicitamente) svilendo la vita di migliaia di persone.

Il tema vero, che non è mai stato affrontato in questi giorni di sommossa, è che senza diritti e senza servizi i clandestini nei confronti della città siamo proprio noi: gli abitanti della periferia, delle borgate che popolano la Casilina, la Prenestina, la Polense, la Collatina, il quadrante sud-est tutto, senza distinzione tra gli italianigli altri. Se mancano dignità ed equità, mancano per tutti non per una parte circoscritta di popolazione, mentre l’altra vive nell’agiatezza.
Ovviamente, parlando di questo, c’è anche da porre la questione dell’equa redistribuzione della dislocazione dei Centri di Accoglienza: il VI municipio, e la periferia tutta, portano il fardello enorme di essere le parti della città che detengono il maggior numero di questi centri.
Roma, se è veramente accogliente, deve poter apportare un’equa redistribuzione dei Centri in tutti i quartieri: Parioli, Corso Trieste, Fleming, sono o non sono Roma? Oppure la periferia è considerata Roma solo quando arriva il momento della riscossione dei tributi, del taglio ai servizi e dello svilimento stesso dei quartieri ai margini della città?
Ecco, il punto – mai toccato (guai a farlo: altrimenti si sarebbe creato dibattito) – della questione di Tor Sapienza, cavalcata dai neofascisti e lepenisti in erba è – piaccia o non piaccia – la perdita di dignità scientifica nei confronti della periferia, dovuta da un sistema che si chiama neoliberismo. O se si preferisce, capitalismo.
Questo sistema, che oggi tutti esaltano come il migliore del mondo, ha portato una guerra fra miserie contrapposte tangibile nelle periferie romane. Tant’è che il cosiddetto welfare è stato definito, dal primo ministro di una Repubblica Baltica, l’insieme dei servizi in cui l’assistenza sanitaria e alla persona sarà sempre di più appannaggio di chi se lo potrà permettere.

rifugiato politico è una cosa, immigrato clandestino un’altra. Precisazione superflua? Meglio specificare, nel periodo in cui si manda tutto all’ammasso.

Marco Piccinelli

‘Roma nun fa la stupida’… (di Marco Piccinelli).

Dal Nuovo Centrodestra alla Lega Nord: Marco Pomarici, voce storica della destra romana in quota Forza Italia da sempre, poi passato al Ncd di Angelino Alfano in seguito allo strappo con l’ex Cavaliere del lavoro, approva al lido di Matteo Salvini.

Matteo anche lui, ma segretario federale di un partito che, da mesi, sta attuando delle ‘prove tecniche di Lepenismo’ in Italia. Il tutto condito da un po’ di leghismo storico e qualche qualunquismo. Ma Pomarici, consigliere Capitolino e neo eletto nell’Assemblea Metropolitana di Roma, non è il solo a approdare alla Lega Nord di Salvini, con lui ci sarebbero: Luca Aubert e Simona Baldassarre – consiglieri del Municipio Roma I-Centro Storico -; Daniele Giannini, Raimondo Fabbri e Maria Gemma Di Trocchio, consiglieri del XIII Municipio Roma Aurelio.

A questo si aggiunge anche il consigliere, anch’egli Ncd, del municipio VI (ex VIII – Roma delle Torri) Massimiliano Lorenzotti. Quest’ultimo già presidente del municipio in quota Popolo della Libertà, detiene un record di assenze invidiabile: sia quando era presidente, sia ora da consigliere.
I sette, dunque, andranno a costituire quei gruppi consiliari che si andranno a chiamare Lega dei Popoli, così come scritto dallo stesso on. Pomarici su Facebook a seguito della separazione dal Ncd: «Da oggi, Amici, siamo con Matteo Salvini, unico vero leader del centro-destra italiano. Dobbiamo essere in tanti per difendere i nostri principi ed i nostri valori. Da ora in poi dovremo di nuovo scendere in strada (come d’altronde abbiamo sempre fatto) per far conoscere sempre di più il progetto della Lega dei Popoli con Salvini». La Roma-pro-Salvini pare stia prendendo piede e su Facebook nasce la pagina Roma con Salvini.

Ormai lontani, persi nella notte dei tempi i mantra leghisti-celhoduristi come Roma Ladrona o i cori di una remota Pontida del 2009 alzati dallo stesso segretario di oggi contro i napoletani. Napoletani che, a detta del coro, avrebbero emesso olezzi naturali causa del loro appartenere alla linea ideale di demarcazione tra Nord e mezzogiorno d’Italia.

Roma e Marine Le Pen, due orientamenti neo leghisti – verrebbe da dire – che stringono accordi elettorali con Casa Pound, Forza Nuova e la galassia neofascista romana per la classica battaglia delle preferenze alle europee; Roma e Le Pen – padre – che venivano sonoramente bollati come ‘fascisti’.

lega lombardaMa dalla Lega Lombarda nei primi anni ’90. Erano pur sempre altri tempiLa memoria storica si perde nel corso di generazioni e, se essa non viene rinfrescata, succede che essa venga tradotta, ad uso di chi ne tira i fili come le Parche: ecco, dunque, che la Lega diventa lepenista e punta alla creazione di un polo con altre destre, notoriamente ostili ai cosiddetti centrodestra che nel tempo si sono succeduti.

Capita, quindi, che Borghezio scenda a Roma per protestare contro l’invasione dei clandestini e venga pure fischiato una volta, a Tor Pignattara (Municipio V – ex VI&VII), uno dei quartieri con più alta densità di migranti della Capitale dopo Piazza Vittorio. Ma una seconda volta venga anche accolto: a Corcolle, dove l’intolleranza – recentemente – s’è materializzata in aggressioni.

Inizia solo ora, dunque, lo sconfinamento extraPadano della LegaNord/Lega dei Popoli.