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Occupazione militare: accordo o capitolazione? (Pesa Sardigna)

 
Occupazione militare: accordo o capitolazione? (Pesa Sardigna)

Occupazione Militare: accordo o capitolazione?

La montagna ha partorito il topolino? A sfogliare la bozza del protocollo d’intesa “Per il coordinamento delle attività militari presenti nel territorio della Regione” illustrata nei giorni scorsi dal governatore Francesco Pigliaru (che ha avuto il via libera in aula con 34 voti a favore e 9 contrari) parrebbe che le cose stiano veramente così.

Negli ultimi anni il movimento contro l’occupazione militare è cresciuto parecchio fino ad arrivare a bloccare – se pur temporaneamente – lo svolgimento delle esercitazioni attraverso imponenti e determinate manifestazioni popolari nei pressi dei principali poligoni dell’isola. Il movimento, compattatosi intorno all’assemblea sarda contro l’occupazione militare (AForas), è anche riuscito a uscire dal cono d’ombra delle mobilitazioni e dei fisiologici riflussi, strutturandosi sul territorio e proponendosi come centro di riferimento per una fitta attività informativa, di analisi e anche di aggregazione sociale.

A fronte della montante insofferenza dei sardi verso l’occupazione militare è evidente che lo Stato italiano è alla ricerca di una narrazione capace di rendere più tollerabile la presenza militare nella nostra isola ed è altrettanto chiaro che la maggioranza che governa la Regione Autonoma di Sardegna (ad egemonia PD) è complice di tale tentativo.

Ma che cosa dovrebbe prevedere l’accordo su quella che Pigliaru ha definito una “graduale dismissione delle servitù militari nell’isola” e altri esponenti della maggioranza un “passo storico per la Sardegna”?

Vediamolo in breve:

  • Sospendere le esercitazioni in periodo estivo
  • La cessione della spiaggia di Portu Tramatzu nel poligono di capo Teulada
  • Concessioni temporanee di altre spiagge prima sempre interdette
  • L’istituzione di osservatori ambientali indipendenti per le attività esercitative che si svolgono presso poligoni basi militari e aree addestrative.

Questi i punti definiti positivi dal partito del governatore Pigliaru. In estrema sintesi l’apertura temporanea di un paio di spiaggette e la cessione delle attività belliche in periodo estivo per non spaventare i turisti. Ma fra i punti annoverati come “successi diplomatici” dalla giunta dei professori anche delle vere e proprie beffe come per esempio la cessione della caserma “Ederle”, «previa realizzazione di idonee strutture ove rilocare attività e funzioni attualmente ivi svolte, con oneri non a carico della Difesa» e la «piena operatività della Caserma di Pratosardo, attraverso anche il dislocamento di alcuni reparti». Insomma, lo stato italiano e il suo esercito da una parte aprono i cancelli di un paio di spiagge, dall’altro si fanno pagare dalla Regione la realizzazione di nuove strutture dove svolgere le attività ora svolte nella Ederle e sbandierano come positiva l’apertura di una nuova caserma a Nuoro (a suo tempo fortemente avversata dall’organizzazione A Manca pro s’Indipendentzia) annunciando il dislocamento di nuovi reparti, cioè un incremento della presenza militare italiana in Sardegna.

A parte le colorite dichiarazioni del capogruppo del Partito dei Sardi che ha annunciato di non “voler vivere in una colonia” (dimenticando di essere però solido e fedelissimo alleato dei colonizzatori), è sceso subito in campo il neonato polo dell’Autodeterminazione attraverso le dichiarazioni del suo portavoce Antony Muroni che ha chiesto al governatore Pigliaru di non firmare l’accordo: «Ogni passo compiuto verso la liberazione delle terre sarde occupate dalle servitù militari e sottoposte a invasive esercitazioni militari va salutato con soddisfazione. Detto questo, l’accordo di programma presentato ieri in Consiglio regionale dal presidente Pigliaru è tutt’altro che storico. E, quand’anche si concretizzasse, è anni luce lontano da quel che serve: il presidente Pigliaru è ancora in tempo a non firmarlo».

Il segretario del partito indipendentista ProGreS ha invece stabilito una equazione politica fra servitù e PD ricordando che gli esponenti di tale partito in Parlamento nel 2008 avevano protestato chiedendo la realizzazione di un’ulteriore servitù all’interno del poligono di Quirra (per la cronaca: Andrea Lulli, Siro Marrocu, Amalia Schirru, Giulio Calvisi, Caterina Pes, Paolo Fadda e Guido Melis). Il PD – argomenta Gianluca Collu – «sostiene come ha sempre fatto che gli interessi dell’esercito italiano e dei suoi alleati, ma soprattutto gli interessi economici e politici di multinazionali belliche come Finmeccanica e dei partiti ad essa collegata, non si possono mettere in discussione né ora né mai. E se le popolazioni locali o l’intera nazione sarda non sono dello stesso avviso, poco importa, si continui a sparare e a bombardare».

Collu torna anche sulla questione degli osservatori ambientali “indipendenti” sbandierati da Pigliaru come uno dei punti forti dell’accordo, ricordando come il Governo Renzi abbia approvato un «decreto legge che aumenta di fatto i limiti di “inquinamento consentito delle aree militari per alcune sostanze fino a cento volte i valori attuali». Insomma, a che servono degli osservatori ambientali indipendenti se poi nei poligoni militari si può inquinare per decreto?

Dello stesso avviso l’Assemblea sarda contro l’occupazione militare Aforas che è uscita oggi con un articolato documento di analisi denunciando l’accordo Stato-Regione come una truffa. I pochi punti positivi presenti nell’accordo cioè lo stop alle esercitazioni dal 1 giugno al 30 settembre e l’apertura temporanea delle spiagge di Murtas e Spiagge Bianche – denunciano gli attivisti – «erano già in essere negli ultimi anni attraverso protocolli d’intesa tra Comuni e Difesa, che venivano ogni anno rinnovati».

Anche sugli osservatori ambientali gli attivisti svelano le carte giocate dalla Difesa e Pigliaru: «anche per questi non meglio precisati controlli ambientali ribadiamo quanto già scritto: avranno accesso e fondi per analisi approfondite? A tal proposito ricordiamo che, come riportato nel nostro ultimo dossier su Teulada, le uniche indagini su ambiente e salute sono state commissionate dalla Difesa e secretate. Per questo pretendiamo ricerche approfondite e condotte da enti terzi, non governativi e riconosciuti da tutte le parti». E, dulcis in fundo, la vera e propria mela avvelenata presente nell’accordo: a fronte di inconsistenti porzioni di territorio cedute all’uso pubblico i sardi dovranno acconsentire a nuove servitù militari «da una parte, il dislocamento di alcuni reparti nella caserma di Pratosardo (Nuoro), infrastruttura tra l’altro costruita su terre civiche, sclassificate e dichiarate edificabili con una legge del 2013. E dall’altra, l’implementazione del SIAT, Sistema Integrato per l’Addestramento Terrestre, e di altri sistemi duali. Abbiamo già sottolineato nel nostro dossier sul PISQ (Poligono Interforze del Salto di Quirra) a proposito del Distretto Aerospaziale della Sardegna (DASS) la pericolosità dell’uso civile e militare di infrastrutture tecnologiche finalizzate sempre ad un uso bellico. In particolare il SIAT, (citato nel nostro dossier su Teulada), è presentato come un nuovo modo di utilizzare il poligono, moderno, orientato alla ricerca scientifica e addirittura “green”. Ma, anche se si spara qualche cartuccia in meno del solito, si tratta pur sempre dell’ennesimo sistema di addestramento volto alla preparazione di guerre di aggressione (come dimostra la costruzione di due villaggi addestrativi riprodotti in stile medio orientale e dell’est Europa). E anche il coinvolgimento dell’Università rivela sempre lo stesso schema, già intravisto con il DASS: drenare fondi pubblici dalla ricerca verso l’industria bellica. In pratica, anziché porre le basi per la dismissione del Poligono di Teulada, l’accordo prepara il terreno per un suo nuovo utilizzo, sempre indirizzato al vecchio sfruttamento coloniale: della nostra terra da una parte e dei futuri scenari di guerra dall’altra».

Occupazione Militare: accordo o capitolazione?

Processo Quirra. La Rete Pesa Sardigna al popolo sardo.

querelaLa Rete Pesa Sardigna invita i cittadini a presentare questo esposto in carta semplice alla Procura della Repubblica più vicina, o anche in una caserma dei carabinieri o un comando di polizia. Occorrono due copie della lettera curata dall’avvocato Gianfranco Sollai. La prima copia verrà consegnata come esposto mentre per la seconda i cittadini sono invitati a richiederne l’autenticazione e conservare il documento.

La querela chiede si proceda penalmente nei confronti di tutti coloro che saranno ritenuti responsabili delle attività militari che si attuano all’interno delle basi e dei poligoni sperimentali, attività che – in quanto tali – possono porre in serio pericolo la salute della collettività tutta.

La Rete Pesa Sardigna sul rinvio della prima udienza del processo di Quirra.

quirra

La Rete Pesa Sardigna prende atto dello spostamento della prima udienza del processo per disastro ambientale a carico di alcuni generali dell’Esercito Italiano che hanno diretto nel passato il Poligono Interforze del Salto di Quirra.

L’udienza è quindi fissata per il 29 ottobre e noi saremo davanti al Tribunale di Lanusei ad esigere con voce ferma verità e giustizia per le vittime del poligono.

La Rete Pesa Sardigna crede che l’occupazione militare della nostra isola possa essere smantellata soltanto da una forte e decisa leva popolare. La Rete Pesa Sardigna è aperta a tutti i sardi che si riconoscono nella rivendicazione minima dei seguenti diritti:

Chiusura immediata e senza condizioni dei tre poligoni di Capo Frasca, Capo Teulada e Quirra.

Bonifica dei territori a terra e a mare a spese dello Stato italiano.

Ogni passo indietro rispetto a questa piattaforma minima costituisce una offesa alla dignità di un popolo stanco e un abuso insopportabile alla sua proverbiale pazienza.

La Rete Pesa Sardigna chiama dunque i sardi davanti al tribunale di Lanusei il 29 ottobre alle ore 9:30. Saremo presenti in maniera significativa per lanciare un segnale forte e chiaro: è maturo il tempo per liberare la nostra terra dall’occupazione militare e per costruire un futuro di prosperità e libertà!

Lanusei, processo di Quirra: l’udienza slitta al 29 ottobre.

quirra perdas

Si infiamma il dibattito sull’occupazione militare in Sardegna e per la prima volta dopo anni si assiste ad un’ampia risposta popolare e una consapevolezza sempre più diffusa. Dopo la grande Manifestada Natzionale di Capo Frasca, appuntamento successivo a Lanusei indetto dalla Rete “Pesa Sardigna” per la prima udienza del processo di Quirra che vede alla sbarra otto graduati della Difesa, comandanti del Poligono Interforze del Salto di Quirra nell’ultimo decennio.

L’udienza prevista per il 23 settembre è stata aggiornata dal giudice Nicola Caschili al 29 ottobre. Un segno inequivocabile che il dibattito e l’attenzione sul tema sono alti come non mai, tanto sull’occupazione militare e i tre Poligoni quanto su aspetti specifici come il caso di Quirra e il relativo processo.

Nessuna indagine di Stato può portare ad una vera giustizia senza l’adeguata attenzione popolare e un dibattito che sia quanto più incisivo possibile. In questo momento in Sardegna non vengono esplosi solo ordigni bellici, come negli ultimi sessant’anni, ma stanno deflagrando tutte le contraddizioni dello Stato italiano e i suoi interessi miliardari nell’Isola, coltivati per decenni sulla pelle delle popolazioni compromettendo e occultando gli enormi danni all’ambiente, alla salute e all’economia delle comunità.

Quirra e tutto il PISQ rappresentano probabilmente la pagina più vergognosa dell’occupazione militare italiana e le intenzioni dello Stato sono da tempo quelle di concentrare le attività di Capo Frasca e Teulada proprio nel PISQ, riuscendo a preservare il business più redditizio: la sperimentazione di armi per gli eserciti di tutto il mondo, l’expò permanente delle industrie belliche italiane rientranti spesso nell’orbita Finmeccanica.

Affari miliardari per lobbies legate a filo doppio a Stato italiano e NATO, oltre agli incassi diretti per la Difesa provenienti dall’affitto del Poligono per decine di migliaia di euro l’ora: ciò che accade a Quirra non può accadere da nessuna altra parte d’Europa. Con i suoi 14.000 ettari il PISQ è il Poligono più grande d’Europa, inserito in Sardegna, la Nazione più militarizzata d’Occidente.