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Bauladu, domenica assemblea plenaria di Caminera Noa

Dopo due anni di lotte, l’Assemblea Plenaria di Caminera Noa è convocata per domenica 31 Marzo 2019, a partire dalle ore 10 nei locali della Biblioteca Comunale di Bauladu (Piazza Emilio Lussu).

Numerosi i temi affrontati in questi due anni di lavoro politico, lotte sulle quali verrà fatto un bilancio alla luce dell’attuale fase politica in Sardegna nel corso di una intensa giornata di lavori. Dalla difesa della Sanità pubblica alle attività riguardo la politica linguistica, passando per l’analisi e denuncia dello sfruttamento del lavoro con il progetto Telèfonu Ruju. L’azione di Caminera Noa si è occupata della condizione lavorativa e riproduttiva delle donne in Sardegna – indagata con opportuno questionario – e, più in generale, delle pratiche scorrette nel mondo del lavoro con l’uso selvaggio dello strumento dei tirocini regionali.

Il programma proposto è il seguente:
– ore 10:30 – 13 ❙ Discussione su fase politica in Sardegna
– ore 13 – 15 ❙ Pausa pranzo
– ore 15 – 19 ❙ Nuovi strumenti per: democrazia, partecipazione, pratica

Secondo Caminera Noa “abbiamo dimostrato che è possibile riconnettere le varie anime anticapitaliste, anticolonialiste, antirazziste, ecologiste, presenti in Sardegna, partendo dalle lotte reali, mettendole in piedi o stando dentro ai conflitti già esistenti, sporcandoci le mani, con rispetto reciproco. Possiamo dunque immaginare una fase avanzata? Una fase che permetta una migliore saldatura di tutti i conflitti presenti in Sardegna?”

Evento facebook della plenaria di Caminera Noa: https://www.facebook.com/events/648346242269162/

Atobios Caminera Noa: Tàtari 24 de Santandrìa

Atobios Caminera Noa: Tàtari 24 de Santandrìa

 

La scorsa estate, in un giorno di fine Luglio a Santa Cristina di Paulilatino, un centinaio di militanti e attivisti di diversa provenienza, dalla difesa del territorio dalla speculazione energetica alle lotte contro lo sfruttamento del lavoro (voucher, tirocini, flessibilità, lavoro nero, ecc..), in una prospettiva di l’autodeterminazione della natzione sarda e tutela del suo patrimonio linguistico e culturale, hanno deciso di iniziare a progettare insieme un nuovo percorso. Questo sarà presentato pubblicamente nelle prime tre assemblee territoriali di Sassari (24 novembre), Terralba  (2 dicembre) e Bosa (9 dicembre).

Ecco, intanto, le prime tappe della nuova strada, gli obiettivi e le mobilitazioni concordate nell’assemblea di Bauladu del 17 settembre:

– adesione allo sciopero generale del sindacalismo di base dello scorso 27 ottobre avanzando una vertenza propria sull’inserimento della lingua sarda nel curricolo scolastico;
– richiesta alla Regione Autonoma della Sardegna di cambiare le regole sui tirocini – visto che ne ha competenza – disattendendo completamente le nuove linee guida della Conferenza Stato-Regioni e formulando delle linee guida regionali migliorative per i tirocinanti;
 inizio di un percorso di libera discussione sui territori dell’Isola per continuare il dibattito iniziato la scorsa estate a S. Cristina.

Il nuovo percorso. Una strada veramente nuova per una esperienza politica che non ha una segreteria, un portavoce e diramazioni organizzative, ma che procede per assemblee plenarie, comitati volontari e valorizzazione delle singole competenze e la cui unica finalità è coordinare in maniera efficace delle lotte importanti per difendere la Sardegna dal saccheggio e i lavoratori dallo sfruttamento capitalista. Così la tabella di marcia stabilita a S. Cristina lo scorso luglio è stata pienamente rispettata ed entro Natale si terranno le prime tre assemblee territoriali.

Si inizia da Sassari, il prossimo venerdì (24 novembre) alle ore 18:30 nell’auditorium del Carmelo, in Viale Umberto (poco più su dell’ex mercato civico). Il 2 dicembre sarà la volta di Terralba, alle ore 18:00, presso la sede della USB in Via Roma 27 e infine il 9 dicembre a Bosa presso la Casa del Popolo in via Cugia n° 14.

Le assemblee saranno l’occasione per fare il punto sullo stato dei lavori e per recepire nuove idee e proposte in vista della prossima plenaria che si terrà  a gennaio.

Riforma costituzionale ed inerzia regionale (di Andrìa Pili*)

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Foto: Vito Biolchini

Il governo Renzi è l’artefice di una grande riforma della Costituzione Repubblicana. Si tratta di una riforma in senso reazionario, specie per quanto riguarda il Titolo V, sulle autonomie regionali, con delle conseguenze negative anche su Regioni a Statuto Speciale come la Sardegna.

Infatti, il ddl Boschi ha abolito la potestà legislativa concorrente- inserita nella precedente riforma del 2001- riportando così allo Stato la competenza esclusiva su istruzione, Università (in precedenza non citata),  programmazione strategica della ricerca scientifica e tecnologica, “politiche attive del lavoro” (prima non citate e divenute oggetto di conflitto tra lo Stato e le Regioni), “tutela e sicurezza del lavoro” (dal 2001 era legislazione concorrente Stato e Regione). Lo Statuto Autonomo della Sardegna non prevedeva tali competenze e perciò la nostra Regione le ha assunte soltanto con la riforma delle regioni ordinarie; ad esempio, la legge 7/2007 sulla promozione della ricerca scientifica e l’innovazione tecnologica nell’isola si appella proprio all’articolo 117 della Costituzione. Insomma, la controriforma renziana colpisce duramente l’autonomia negli ambiti- lavoro ed istruzione- più importanti per combattere il disagio giovanile.

Mentre questo processo era in atto, i nostri massimi organi si sono distinti per la propria inerzia. Perché Consiglio e Giunta non si sono inseriti, non solo per conservare competenze acquisite nel 2001 ma anche per ampliare le competenze del nostro Statuto Speciale? In un momento in cui si discute con lo Stato centrale sopra una lunga serie di vertenze, questo atteggiamento mostra non solo quanto la nostra classe politica sia incapace di difendere i nostri interessi ma anche quanto il suo “scontro con lo Stato” sia in realtà una burletta. Prova di ciò anche la recente nomina a Ministro per gli Affari Regionali di Enrico Costa (NCD), nemico delle autonomie speciali.

L’assessore all’istruzione Claudia Firino ha ben rappresentato questa mancanza di reattività e di larghe vedute dell’attuale classe dirigente. Tardiva la sua reazione alla riforma della scuola e su provvedimenti lesivi del diritto allo studio (ISEE, decreto regionale sul fitto casa); emblematico il piano di ridimensionamento scolastico 2015, pianificante la chiusura di circa 40 istituti con pluriclassi; un atto di accompagnamento alla legge Gelmini, anziché l’elaborazione di un progetto formativo per i docenti operanti in queste realtà. Il progetto Iscol@ è stato presentato come progetto di “nuova scuola”, di “cambiamento profondo” che contrasterà la dispersione scolastica. Non mancano le cose positive (edilizia, nuove tecnologie, potenziamento della matematica) ma è assente è un progetto educativo di costruzione di una Sardegna nuova. Impossibile fare ciò senza poter intervenire in modo sovrano sulla didattica e senza un progetto per la lingua sarda, che sia utilizzata come lingua veicolare normalmente e non più con progetti a discrezione dei genitori, spesso non informati adeguatamente su tale opportunità.

Lo studio sociolinguistico più recente ha rivelato come il 61.5% dei ragazzi ed il 45.8% delle ragazze tra 15 e 24 anni parli il sardo; la dispersione scolastica può essere collegata anche all’impossibilità per i ragazzi sardofoni di poter ricevere una formazione nella propria prima lingua e di potersi esprimere in essa. Inoltre, i dati del master and back ci dicono qualcosa sull’alta formazione; infatti, non solo la maggioranza dei sardi formatisi all’estero con questo progetto non fa rientro nell’isola ma chi rimane in essa ha meno probabilità di trovare lavoro nel lungo periodo. Perciò, oltre ad un ambiente sviluppato e pronto ad assorbire le intelligenze, serve anche una formazione volta alla conoscenza ed all’applicazione delle competenze acquisite nella propria terra.

Riguardo la marginalizzazione delle Università sarde, la Firino si è espressa guardando a questa quasi come ad un’incomprensione del governo centrale riguardo i nostri problemi. Manca del tutto, dunque, la coscienza di uno scontro e della necessità di combattere per la potestà legislativa sarda in materia di istruzione. Una politica sovrana in materia d’istruzione e lavoro potrebbe considerare la lingua sarda come una risorsa: il 68.4% dei sardi parlerebbe in sardo mentre la percentuale salirebbe sino al 97% prendendo in considerazione anche chi, pur non parlando in sardo, è in grado di comprenderlo. Da qui sorge il diritto democratico di ogni cittadino a ricevere una formazione in sardo ed a pretendere l’obbligo della sua conoscenza in tutti i luoghi pubblici (posti di lavoro). Ciò avrebbe migliorato la condizione dei nostri docenti, ponendoli al riparo dal rischio emigrazione ed avrebbe impedito l’assegnazione di posti, nell’isola, a docenti privi di conoscenze specifiche riguardo la nostra isola.

Non mancano gli esempi esteri di politiche sovrane- o di importanti conquiste di competenze condivise- su lavoro ed istruzione entro altri Stati plurinazionali. Lo Scotland Act (1997) ha reso la Scozia sovrana in materia d’istruzione, consentendole di garantire un sistema d’istruzione pubblico. La Catalogna ha la competenza esclusiva sulla programmazione ed il coordinamento del sistema universitario, l’approvazione degli statuti degli atenei pubblici, la formazione dei docenti e competenza condivisa su valutazione e garanzia della qualità dell’insegnamento universitario; inoltre, il catalano è la lingua da utilizzare per l’apprendimento scolastico.

Entro il dominio francese, la Nuova Caledonia con gli accordi di Noumea del 1998 ha ottenuto lo statuto di cittadinanza per i propri abitanti, con l’obiettivo esplicito di proteggere l’impiego locale; inoltre, con la legge 99-209 del 1999 ha ottenuto la competenza nell’insegnamento primario, secondario e superiore oltre che nel diritto sindacale e del lavoro. La Corsica, con la legge 92/2002 ha ottenuto l’insegnamento della lingua corsa nella scuola primaria ed elementare. Si potrebbero citare tanti altri casi, anche in  Italia, specialmente per quanto riguarda l’insegnamento linguistico per le minoranze nella provincia di Bolzano, Valle d’Aosta e Friuli citate esplicitamente nella legge 107/2015 sulla Buona Scuola per proteggerle dalle norme di ripartizione e assunzione dell’organico dei docenti nel resto dello Stato.

Cosa ci differenzia da queste esperienze? La debolezza della nostra coscienza nazionale e del nostro  sardismo politico. La classe dirigente sarda attuale è incapace, contraria e disincentivata a pensare in modo autonomo dall’Italia la condizione giovanile e le politiche su lavoro ed istruzione.  Ad aggravare la situazione è l’idea reazionaria che la questione sarda debba essere oggetto esclusivo di una discussione e contrattazione tutta interna alle élite statali e sarde; solo un forte movimento popolare può  ottenere una revisione del rapporto tra la Sardegna e lo Stato italiano, essenziale per pensare a qualsiasi miglioramento.

*Pubblicato originariamente per Il Manifesto Sardo:

http://www.manifestosardo.org/riforma-costituzionale-ed-inerzia-regionale/

Occupazione militare. Ecco il dialogo di Pigliaru con lo Stato: esercitazioni fino 30-06-2016

occupazione militare

Calendario esercitazioni militari in Sardegna – I semestre 2016

Nel gennaio del 2015, sulla scia delle manifestazioni indipendentiste e antimilitariste successive all’incendio di Capo Frasca, Francesco Pigliaru affermava: “La sospensione delle esercitazioni nei poligoni, compreso Capo Frasca, dal primo giugno al 30 settembre è il primo, incoraggiante, segnale dell’avvio di un dialogo concreto tra la Regione Sardegna e il Ministero della Difesa, così come previsto dall’accordo che abbiamo sottoscritto ieri“.

Per completezza, va detto che alla notizia dell’interruzione estiva -motivata con gli “interessi turistici”, insufficienti ragioni in vista di un reale sviluppo e destagionalizzazione del settore e una tutela imprescindibile della salute pubblica – si aggiungeva l’infima rassicurazione della costante presenza dei “presidi antincendio durante le esercitazioni“.

Di seguito il Calendario esercitazioni militari in Saldigna – 1° semestre 2016 dove si può notare come il fitto programma di esercitazioni nei Poligoni militari si protragga fino al 30 giugno.

Esercitazioni in Sardegna – primo semestre 2016

Nazioni senza Stato. Catalogna, domenica un voto sull’indipendenza (di Marco Piccinelli)

Catalogna

Le posizioni delle organizzazioni politiche delle Nazioni senza Stato: Fronte indipendentista Unidu (Sardegna), Frunti Nazziunali Sicilianu (Sicilia), Candidatura d’Unità Popolare CUP (Catalogna), Partito Comunista dei Popoli di Spagna PCPE (Spagna).  Articolo pubblicato originariamente su Sinistraineuropa.it Continua la lettura di Nazioni senza Stato. Catalogna, domenica un voto sull’indipendenza (di Marco Piccinelli)

La Rete Pesa Sardigna sul rinvio della prima udienza del processo di Quirra.

quirra

La Rete Pesa Sardigna prende atto dello spostamento della prima udienza del processo per disastro ambientale a carico di alcuni generali dell’Esercito Italiano che hanno diretto nel passato il Poligono Interforze del Salto di Quirra.

L’udienza è quindi fissata per il 29 ottobre e noi saremo davanti al Tribunale di Lanusei ad esigere con voce ferma verità e giustizia per le vittime del poligono.

La Rete Pesa Sardigna crede che l’occupazione militare della nostra isola possa essere smantellata soltanto da una forte e decisa leva popolare. La Rete Pesa Sardigna è aperta a tutti i sardi che si riconoscono nella rivendicazione minima dei seguenti diritti:

Chiusura immediata e senza condizioni dei tre poligoni di Capo Frasca, Capo Teulada e Quirra.

Bonifica dei territori a terra e a mare a spese dello Stato italiano.

Ogni passo indietro rispetto a questa piattaforma minima costituisce una offesa alla dignità di un popolo stanco e un abuso insopportabile alla sua proverbiale pazienza.

La Rete Pesa Sardigna chiama dunque i sardi davanti al tribunale di Lanusei il 29 ottobre alle ore 9:30. Saremo presenti in maniera significativa per lanciare un segnale forte e chiaro: è maturo il tempo per liberare la nostra terra dall’occupazione militare e per costruire un futuro di prosperità e libertà!

Sardegna. In dodicimila a Capo Frasca per la chiusura delle servitù militari (di Marco Piccinelli)

capo frasca

«Indipendentzia», «A Fora!» erano le espressioni più usate dai manifestanti di Capo Frasca nella giornata di ieri.
Le agenzie riportano i numeri, non ci sono scuse o letture doppie delle cifre: circa dodicimila manifestanti a portare la propria voce contro le basi militari. Continua la lettura di Sardegna. In dodicimila a Capo Frasca per la chiusura delle servitù militari (di Marco Piccinelli)

L’occupazione militare è sempre l’occupazione militare. Non dimentichiamolo

sorveglianza-armataHo sentito parlare nelle ultime ore della presunta adesione del Partito Democratico alla Manifestada Natzionale del 13 settembre a Capo Frasca. Ho letto di sfuggita le dichiarazioni di Irs e la posizione del consigliere Psd’Az, Orrù, in solidarietà con i militari italiani (!). Non andrò nello specifico delle singole dichiarazioni, perché vi anticipo che non lavoriamo quotidianamente per farci dettare una linea politica dai collaborazionisti dello Stato italiano sotto i fari dei media. Sul punto sarò chiaro, perché l’ambiguità non fa parte del mio patrimonio politico. Dichiararsi indipendentisti ha, sino a prova contraria, un valore. Un valore inestimabile. Abbiamo per questo sempre ritenuto che chi sostenesse i partiti italiani si ponesse automaticamente al di fuori del movimento indipendentista sardo.

Seppur con le sue contraddizioni e i normali problemi di maturazione (come qualsiasi movimento di liberazione nazionale in ogni epoca e in ogni luogo) il movimento indipendentista si trova oggi di fronte ad un bivio. Dopo anni di giustificazioni, luoghi comuni e menzogne all’insegna del presunto benessere socioeconomico derivante dalle basi militari, il Popolo sardo sta acquisendo consapevolezza, andando al cuore dei problemi della nostra terra.

Questo processo in corso cresce numericamente e qualitativamente ogni giorno e questo pone davanti a militanti, dirigenti e sostenitori una grande responsabilità politica. E’ una prova di dignità di un intero popolo: scegliere se sostenere una lotta nei confronti di un problema sociale e politico in modo organizzato ed efficace, oppure se stringerci con gli artefici della nostra dipendenza e del sottosviluppo indotto. Ancora una volta. Sta a noi scegliere se incidere nella Storia una grande manifestazione di popolo, Indipendentista, o se ricadere ancora una volta nei soliti paradossi dei quali lo Stato italiano si giova nella sua opera di colonizzazione, con lo zuccherino della sospensione per…i turisti.

Alla luce dei recenti fatti e delle decisioni di sei mesi di governo Pigliaru in tema di “politiche militari”, questa maturazione si pone come vitale per la prosperità futura del nostro popolo. Questa svolta politica la dobbiamo a tutta la Sardegna e, in primis, alle vittime dell’occupazione e sperimentazione militare.

Dicono che non sappiamo organizzarci, che non potremo mai. Ora vengono a banchettare al nostro tavolo. Ricordiamo loro che una volta scavati certi solchi gli stessi diventano insormontabili a causa delle fortissime ragioni che ci hanno spinto a scavarlo, giorno dopo giorno. O anche solo pensare di farlo.

Continuiamo il nostro lavoro e teniamo bene a mente ciò che le organizzazioni politiche italiane e collaborazioniste attuano sul nostro territorio. Loro non ci sono nelle nostre comunità, se non per il peggio del peggio che si veda in tutta Europa e misconoscono i danni dell’occupazione militare. Spesso poi scherniscono le stesse organizzazioni che il 13 vorrebbero appoggiare. Ricordiamo bene i loro comunicati e le loro politiche sul territorio all’insegna delle opportunità di sviluppo, della sicurezza e del valore delle basi militari.

Ci indigniamo continuamente delle guerre imperialiste nel Mondo e sappiamo bene anche la posizione di quelle organizzazioni su quei conflitti, che nascono proprio qui da noi. Oggi più che mai, essere coerenti ci spetta come dovere nei confronti di interi popoli che soffrono atrocità inenarrabili, proprio in prima serata tv, anche grazie alla complicità determinante dello Stato italiano.

Noi oggi possiamo fare qualcosa, davvero, anche per i bambini di Falluja, di Homs, di Gaza. E lo avremo fatto perché per primi ci siamo presi cura dei nostri interessi vitali. Abbiamo la possibilità di delegittimare un’intera classe politica coloniale e, tramite essa, affermare davanti allo Stato italiano, alla pari, che noi non abbiamo bisogno della pacca sulla spalla delle segreterie di chi avvelena e devasta il nostro territorio e le nostre comunità. Tanto meno ne abbiamo bisogno per dare un segnale di civiltà e un aiuto concreto a livello internazionale, non dimenticando la recente l’involuzione sociale intrapresa dal governo Renzi sia a livello di politica interna che su un piano di diplomazia internazionale.

In un’epoca in cui in politica vale tutto e il contrario di tutto, Indipendentismo è ancora una parola pesante. Facciamo in modo rimanga tale.