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“Darsena dei Veleni”, un anno ai dirigenti Syndial. Pilisio (C.a.p.s.a): ora basta autorizzazioni nei SIN

Porto Torres
“Darsena dei Veleni”, un anno ai dirigenti Syndial. Pilisio (C.a.p.s.a): ora basta autorizzazioni nei SIN

Al Tribunale di Sassari si é concluso nella mattinata di ieri il Processo, meglio noto come “Darsena dei veleni“, che vedeva imputati i dirigenti della Syndial (società Eni) per lo sversamento in mare di sostanze inquinanti che ha cagionato un disastro ambientale di notevoli proporzioni e conseguenze nel mare di Porto Torres. Condanna dei 7 imputati ad un anno di reclusione ciascuno, oltre al pagamento delle spese processuali e al risarcimento del danno riportato dalle parti civili costituite.

Al c.a.p.s.a. (comitato di azione protezione e sostenibilità ambientale per il nord-ovest della Sardegna) noto come No Chimica Verde-No Inceneritore é stato riconosciuto il risarcimento del danno morale liquidato in 10.000 euro. “Il comitato che si occupa da anni del SIN di Porto Torres – dichiara la Presidente, Paola Pilisio – ha deciso di destinare l’intera somma per la costituzione  di un fondo a sostegno delle spese mediche e logistiche a beneficio delle  persone malate di tumore residenti a Porto Torres e dintorni”.

“Per questo il comitato “No Chimica Verde” – prosegue in una nota il Capsa – invita le altre parti civili di questo processo, in particolare il Ministero dell’Ambiente, la Regione Sardegna e il comune di Porto Torres a contribuire a questo fondo di solidarietà. Nello specifico si chiede agli enti sopracitati di non continuare a rilasciare autorizzazioni per impianti altamente inquinanti all’interno del SIN di Porto Torres”.

Il riferimento è chiaro ed è materia di questi giorni: con la delibera n° 43/23 del 19.07.2016, la Regione Sardegna autorizza la costruzione della centrale a biomasse di Matrica. Oppure l’AIA ministeriale rilasciata dal Ministero dell’Ambiente a beneficio della centrale termoelettrica di Versalis (società Eni) a regime dal gennaio 2014. L’Autorizzazione Integrata Ambientale in esame è finalizzata allo smaltimento di 50 mila tonnellate l’anno di FOK (Fuel of craking, residuato della lavorazione dell’etilene) tra i derivati dell’industria petrolifera più cancerogeni e inquinanti.

Vogliamo la scuola sarda, non militari italiani (di Scida*). Seconda parte.

borntokillita3*Originariamente pubblicato su Scida – Giovunus Indipendentistas, l’01/10/2013.  http://scida.altervista.org/

Un mito da sfatare: le missioni di pace.

Uno dei punti forti della propaganda militarista italica sarebbe la “meritoria” attività delle truppe tricolori per mantenere la pace in Iraq e Afghanistan, per difendere la democrazia in questi paesi. Punto forte dell’antimilitarismo unionista, invece, è quello dei soldati italiani in servizio per interessi di altri.

La realtà che emerge, da quanto ci dicono alcune inchieste giornalistiche è, invece, molto diversa. Innanzitutto, gli italiani hanno combattuto e combattono. Ovviamente, ci vien da dire, giacché un esercito serve a fare la guerra e dal momento che, tra gli italiani a saltare in aria, non vi è stato certo Gino Strada! Innanzitutto, sappiamo dell’impegno italiano nella “Battaglia dei Ponti”, nei pressi di Nassiriya il 6 aprile 2004, contro i miliziani sciiti di Moqtada al Sadr che – giorni prima- aveva occupato tre ponti sull’Eufrate, dividenti in due la città. Durante i combattimenti, gli italiani sparano 30000 proiettili e uccidono – a detta del comando militare italiano – 15 persone. Miliziani o civili? Di certo sappiamo che gli italiani hanno ucciso una donna incinta ed altre tre persone (madre, sorella e marito, secondo i testimoni), facendo fuoco contro un’ambulanza. Ad ammettere ciò è lo stesso caporalmaggiore Raffaele Allocca, il quale – ritrattando la prima versione, secondo cui, il mezzo fosse un’autobomba, non fermatasi al check-point, e le persone all’interno avessero fatto fuoco contro gli italiani – ha dichiarato di aver sparato delle raffiche su ordine del maresciallo Stival, senza vedere delle persone sporgersi fuori dal veicolo. Il giornalista statunitense Micah Garen, che si trovava nel luogo in quel momento e fu anche rapito dagli uomini di al Sadr, fece un filmato da cui si nota che il mezzo era un’ambulanza che stava trasportava una donna incinta all’Ospedale di Nassiriya. Anche per questo, i miliziani sciiti avevano liberato il corrispondente americano. Ci dice Geran: L’ambulanza n.12 era stata inviata alle ore tre di venerdì mattina per trasferire una donna incinta, che aveva un travaglio difficoltoso, e la sua famiglia, dall’ospedale generale situato nella zona nord della città all’ospedale per le maternità nella zona sud, attraversando il fiume. L’esercito italiano, dislocato al lato sud del ponte, sparò contro l’ambulanza mentre essa lo attraversava. L’ambulanza prese fuoco e quattro dei passeggeri all’interno rimasero uccisi. L’autista e due persone con lui sedute sul davanti riuscirono a salvarsi. I resoconti dell’esercito statunitense, resi noti da Wikileaks recentemente (2010), hanno confermato che dal veicolo colpito non vi fu nessuna offesa. Allocca e Stival furono messi sotto processo dal Tribunale Militare e, infine, assolti nel maggio 2007 perché persone non punibili per aver ritenuto di agire in stato di necessità militare. Infatti, è stato riconosciuto l’”errore” commesso ma anche che il mezzo, in quelle condizioni, potesse rappresentare un pericolo grave ed attuale. Ci chiediamo se un tribunale iracheno avesse emesso una sentenza analoga e se – in condizioni di serio calo di consensi popolari nei riguardi delle missioni- l’Esercito avesse potuto condannare i due imputati, senza pensare alle conseguenze politiche di tale gesto.

Pare che in Afghanistan i “nostri ragazzi” si siano molto dilettati nel combattere i patrioti afghani. Basta fare qualche ricerca negli archivi giornalistici per notare ciò che scrivono i corrispondenti: andando a caccia di talebani, gli italiani hanno preso parte a scontri a fuoco in diversi luoghi del paese: nel distretto di Jawand, sul fronte nord dello schieramento italiano in Afghanistan occidentale; a Surobi, settanta chilometri a sudest di Kabul; a Bala Murghab (la Brigata Sassari, fra Natale e Capodanno 2009 ha combattuto per 72 ore); nel fronte sud di Farah.

L’Italia partecipa – o ha partecipato, nel caso iracheno – come truppa di occupazione ma anche come belligerante. Non solo per assolvere ai suoi doveri di vassallo degli Stati Uniti d’America, ma anche in difesa di suoi precisi interessi economici entro l’area. Infatti, sappiamo che l’Italia, con la multinazionale statale ENI, ha guadagnato qualcosa dai conflitti e dalla consequente “spartizione del bottino” con i suoi compari atlantici: nel 2009, la multinazionale si è aggiudicata per 20 anni il giacimento di Zubair – tra i più grandi del paese, con produzione pari a circa 195 mila barili di olio al giorno e, oggi, progetta nuovi affari nello Stato fantoccio. Ad esempio, è ancora in piedi il progetto di assicurarsi lo sfruttamento del pozzo di Nassiriya, addocchiato fin dagli anni ’90 e che, forse, si pensava di poterlo ricevere con il sangue degli 11 soldati italiani morti nello stesso luogo nel novembre 2003. Gli italiani, però, nel 2009 furono beffati – nella gara d’appalto – da una multinazionale giapponese. I giacimenti afghani di petrolio e gas sono sempre stati tra gli obiettivi dichiarati dell’ENI, che nel paese si sta dando da fare nella scoperta di questi tesori.

Insomma, l’idea di un’Italia mera vassalla – tanto cara agli estremisti dell’unionismo – è senz’altro da ridimensionare: la Repubblica Italiana sta agendo chiaramente da paese imperialista; i suoi soldati non fanno altro che servire gli interessi di questo Stato, offrendo un indubbio servizio agli Usa.

RIFERIMENTI ESSENZIALI

“Battaglia dei ponti: 30 mila proiettili, forse più morti
Sarzanini Fiorenza, Corriere della Sera (26 maggio 2004)

“Sì, abbiamo sparato contro l’ambulanza”
Sara Menafra, Il Manifesto (7 febbraio 2006)


“Un’ambulanza il veicolo colpito dai soldati.
Sentenza militare conferma Wikileaks”
la Repubblica (26 dicembre 2010)

 “Sent. G.U.P. Tribunale militare di Roma, 9 maggio 2007, n. 33″
processo penale a carico di Allocca Raffaele e Stival Fabio

“Ma gli italiani in Afghanistan preferiscono l’attacco alle azioni difensive”
Fausto Biloslavo, Il Foglio, 12-10-2010

“Forze speciali italiane all’attacco in Afghanistan. Le forze speciali italiane sono protagoniste del conflitto afghano 
Fausto Biloslavo, Panorama, 19-07-2010

“Afghanistan: diario di guerra dall’ultimo avamposto italiano”
Fausto Biloslavo, Panorama, 31-08-2008

“2 maggio 2013 –  Herat, Afghanistan: duro colpo inflitto dai militari italiani alle comunicazioni degli insorti”
da www.difesa.it

“Isaf all’attacco nella zona italiana
Manlio Dinucci, Il Manifesto (5 ottobre 2006)

 “Eni si aggiudica il giacimento ‘giant’ di Zubair, in Iraq”
da www.eni.com

“Afghanistan: Eni ‘seriously considering’ investing in northern Afghanistan says minister”
da www.adnkronos.com

“Eni, scoperto nuovo giacimento petrolifero in Afghanistan”
da www.milanofinanza.it

“Eni, attività in Iraq”
da www.eni.com

http://scida.altervista.org/vogliamo-la-scuola-sarda-non-militari-italiani/#sthash.ZBwoaWnO.dpuf

Sassari. ENI e “bioeconomia”. Per “Darsena dei Veleni” prossima udienza 14 aprile

eni paola rizzuDopo l’udienza dello scorso 20 gennaio e le dodici parti civili ammesse,  si è tenuta lo scorso 3 febbraio l’ennesima udienza per l’inchiesta Darsena dei Veleni a carico di otto dirigenti del Gruppo ENI, nello specifico Syndial e Polimeri Europa, quest’ultima attualmente Versalis. Oltre le parti istituzionali (Ministero dell’Ambiente e Assessorato all’Ambiente della RAS) anche comitati come quello “No Chimica Verde“, assistito dall’Avv. Pina Zappetto.

Situazione disastrosa quella di Porto Torres e Sassari. In un incontro dello scorso 10 novembre, Francesco Pigliaru aveva dato appuntamento al successivo 3 dicembre per un importante incontro con ENI e una serie di stakeholders: Enti Locali, Novamont, Università. Pigliaru parlò con buoni auspici di un territorio in difficoltà con “un passato che pesa”  per il quale “si deve chiamare immediatamente ENI e chiedergli conto di investimenti per le bonifiche e nuovi investimenti produttivi“. Più ampiamente e a più voci si parlò di possibilità di sviluppo legate alla fantomatica “bioeconomia“.

Negli ultimi mesi si è parlato dei 150 milioni di euro e i 70 occupati del “Progetto Nuraghe” in capo ad una delle aziende, Syndial, al centro sia del processo sassarese che nuovi affari a Porto Torres. Il progetto riguarda la bonifica di 35 ettari utilizzati dalla Sir sino al 1982 come deposito di stoccaggio dei residui industriali (Minciaredda). La bioeconomia, termine molto di moda recentemente, non fa riferimento come si potrebbe pensare a progetti di  bonifica, ma alla “raffinazione chimica di terza generazione” con ricadute su filiere agricola, minori costi e rispetto della biodiversità. Insomma, alcuna controindicazione, solo da guadagnare.

Intanto sul territorio la Darsena è più dei Veleni che mai e Benzene e Dicloretano mietono vittime giorno dopo giorno spopolando il territorio. Oltretutto, come dichiarato da Paola Pilisio, portavoce del Comitato No Chimica Verde, sono necessarie vere e complete bonifiche, “non come quelle realizzate sino ad oggi, che hanno interessato solo la superficie dei terreni dove sono stati realizzati gli impianti Matrìca“.

La bioeconomia è appunto quella verde della chimica, il progetto Matrìca dell’ex ad di Novamont (attualmente ad ENEL), Catia Bastoli, e il famoso cardo della joint venture per il “Mater-Bi”Non a caso lo scorso autunno i titoli furono eloquenti: “Matrìca, blitz di Pigliaru: chimica verde, ci crediamo“, riconfermando l’opinione di Pigliaru sul progetto della Green Valley che già in campagna elettorale definì positivo per riassorbire i lavoratori espulsi dal ciclo produttivo della chimica tradizionale.

Più recentemente, a riprova che quella del 2011 col cardo nelle vesti di oro nero sardo non era propriamente un’idea win-win, la stessa ENI – dopo le indiscrezioni dei mesi scorsi – ha tagliato i finanziamenti per la centrale a biomasse da 43.5 megawatt. Buona notizia per il territorio e la conferma dopo quattro anni che il Re è ormai nudo e il cardo era ed è fondamentalmente un bluff.

Il 3 dicembre, alla presenza degli ad di Syndial e Versalis, si era stabilito nuovo incontro tra Pigliaru e l’ad di ENI, De Scalzi, per metà gennaio. In occasione dell’incontro di fine 2014  furono significative le affermazioni dell’Assessora all’Industria, Maria Grazia Piras, che riconfermava l’obiettivo di “incoraggiare la nascita di aziende che completino la filiera bio avviata con il progetto Matrìca“. L’Assessora all’Ambiente – Donatella Spano – ha inizialmente posto l’accento sulle bonifiche riguardo le quali “la Regione eserciterà un forte coordinamento territoriale e monitorerà l’iter degli interventi” andando poi a parare nuovamente sulla “bioeconomia”, intesa come chimica verde e  non bonifiche

Siamo fortemente interessati a tutte le iniziative che riguardino la sostenibilità ambientale, auspichiamo che la filiera delle bio-produzioni crei le condizioni per la diffusione sempre maggiore di acquisti green“.

L’Assessora Spano è la stessa che difese strenuamente i parlamentari del Partito Democratico che votarono a favore dello Sblocca Italia e l’innalzamento delle soglie tollerate per i metalli pesanti. La sua idea di sostenibilità ambientale pone così ulteriori dubbi sui benefici accreditati alla presunta chimica verde, bioeconomia o green valley che dir si voglia.

Nel frattempo, sul versante processuale, il Gup Antonello Spanu, dopo brevi procedure di rito, ha fissato l’udienza successiva il 14 aprile. Le accuse – disastro ambientale colposo e deturpamento delle bellezze naturali – coinvolgono Alberto Chiarini e Daniele Ferrari (rappresentanti legali delle due società), Francesco Papate (gestione siti da bonificare), Oscar Cappellazzo, Gian Antonio Saggese e Francesco Leone (responsabili Taf), Paolo Zuccarini (direttore di stabilimento) e Daniele Rancati (responsabile della sezione salute, sicurezza, ambiente).

In attesa della prossima udienza si può osservare la significativa espressione del sindaco di Sassari, Nicola Sanna, durante il citato incontro con Novamont del 10 novembre, nel quale si annunciava l’imminente incontro con ENI.

http://lanuovasardegna.gelocal.it/sassari/cronaca/2014/11/10/news/pigliaru-il-3-dicembre-incontro-con-eni-su-porto-torres-1.10283324

Inchiesta “Darsena dei veleni”. No Chimica Verde tra le parti civili. Prossima udienza, 3 febbraio

eni paola rizzu
Foto: Paola Rizzu.

Si è tenuta ieri a Sassari l’udienza preliminare del processo “darsena dei veleni” che vede indagati per disastro ambientale colposo e deturpamento delle bellezze naturali otto dirigenti di Syndial (ex Enichem, oggi bad company del gruppo Eni) e, sempre gruppo ENI,  Versalis (ex Polimeri Europa). Continua la lettura di Inchiesta “Darsena dei veleni”. No Chimica Verde tra le parti civili. Prossima udienza, 3 febbraio