Solidarietà tutta. Violenza, no grazie.

Foto: Ansa.

Ci mancava solo Buffon. Sarebbe ora di finirla con queste stronzate all’italiana. Non ritengo sia utile alla causa la solidarietà e l’esposizione mediatica di un nazista. A costo di apparire velenoso, dico che l’odore dello sciacallaggio si sente eccome. Non sarebbe ne il primo ne l’ultimo. Nel frattempo, cosa ben più rilevante, l’esercito israeliano distribuisce volantini per informare la popolazione che deve abbandonare le proprie case. Si teme un bagno di sangue come per Piombo Fuso nel 2008-2009.

La stranezza di oggi non è tanto Buffon che cerca il suo minuto di celebrità dopo un mese passato a prendere insulti dal sottosviluppato popolo italiano calcistico. Piuttosto colpisce come colui che più volte ha esibito croci celtiche e saluti romani venga socialmente riabilitato, per essersi messo addosso una sciarpa palestinese. I popoli in lotta non hanno bisogno di gente come questa. I popoli oppressi hanno bisogno di organizzarsi, questo è il punto focale.

Armare i palestinesi, armare la resistenza popolare, come sta invocando il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina da Damasco. Altro che nazisti solidali e scatti patinati per il mondo occidentale, di questo si dovrebbe discutere. Si trovano tutte le ragioni del mondo pur di non dire chiaramente o, almeno discuterne lucidamente, che non solo è possibile, ma doveroso, utilizzare la violenza. Se un popolo subisce delle sistematiche brutalità, questo ha dovere di resistere e contrattaccare. Il fatto che le rivoluzioni e le resistenze armate nella Storia abbiano implicato oscenità e violenze (anche) gratuite in misura differente a seconda delle circostanze, non costituisce una buona ragione affinché le generazioni successive debbano deporre le armi qualsiasi cosa accada loro. Qualsiasi. Se Israele non è (ancora) entrata a Gaza non è per la nostra solidarietà o informazione, per quanto importante su altri aspetti collegati, ma è dovuto principalmente alle brigate al-Qassam e altre componenti della Resistenza che sventagliano mitragliate sul confine. Bisognerebbe, in modo pacato, ragionare sul fatto che gli ettari di territorio in Palestina fanno la differenza. In una fase di Resistenza, non arretrare è già un punto a proprio favore. Non arretrare in Palestina significa, letteralmente, non arretrare. Non perdere ulteriore terreno, risorse economiche, sostentamento più di quanto già non sia accaduto a causa del 16° Stato più sviluppato al mondo, ovvero Israele, è una differenza vitale. Così l’ONU classifica Israele, anche se l’ho sempre vista come l’ipocrisia delle ipocrisie.

Più in generale, non si può essere solidali con i Palestinesi e deplorare chi si fabbrica razzi rudimentali a casa. Siamo seri. Non possiamo pensare che la Resistenza armata sia errata di fronte a ospedali e orfanotrofi bombardati, oppure di fronte all’acqua che viene sottratta alla popolazione per poi rivenderla contingentata. Ci stiamo rendendo conto che raffronti così superficiali non hanno valide ragioni, intellettuali e storiche, per esistere? Evitiamo teorie patetiche sulle presunte forniture di origine iraniana o siriana, perché il giorno in cui l’Iran interverrà seriamente non sarà per portare razzetti che causano 10 morti in 10 anni. Sarebbe opportuno uscire dal pantano del buonismo che, paradossalmente, legittima e struttura ancor più ferocia e intolleranza, perché slega la violenza dal ragionamento e la rende un elemento esistenziale perenne negli individui. Fa molti più danni l’ignoranza sulla violenza che la violenza manifesta.

Capita di sentire gente discutere circa missili (??) Qassam con occhi allucinati, come se glieli stessero per tirare addosso da un momento all’altro, come se sapessero cosa siano. Sono davvero convinti che si tratti di un’arma tecnologicamente evoluta. Frutti della propaganda. Che piaccia o meno, che si possa essere più o meno pacifisti, i razzi Qassam rappresentano l’emblema di uno Stato tirato su senza alcuna legittimazione popolare, dotatosi nel tempo di armamenti nucleari in continua proliferazione, che applica una sistematica pulizia etnica su un popolo rinchiuso nella più grande galera a cielo aperto del mondo. Contro l’11° esercito più potente al mondo, da questa gabbia ci si difende con ciò che l’ingegno e la forza permettono, compresi rapimenti e comprese le contraddizioni sociali e politiche che derivano da una situazione così estrema.

La violenza è deplorevole? Vero. Ma è bene sapere che chi si volta ostentatamente di fronte alle peggiori manifestazione di odio e violenza è, oltreché violento, anche vigliacco.

Con il perbenismo i Palestinesi sotterrano bambini. Ma non evitano che muoiano.