A Foras! Prima parte: La Piattaforma Pigliaru (di Scida).

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Iniziamo da oggi a pubblicare un Focus in quattro parti in cui spiegheremo chi, come e perché ha intenzione di mantenere attiva in Sardegna l’occupazione militare, i metodi utilizzati dalla politica isolana per mantenere le proprie posizioni di rendita agendo per una risoluzione reazionaria del conflitto in atto tra Popolo sardo e Stato italiano e la nostra idea di risoluzione dello stesso nell’ambito della lotta di liberazione della nostra nazione.

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Tempio Pausania. Sanità: zero aborti, zero nascite

punto nasciteNella mattinata di lunedì 15 dicembre, a Nuoro, si è tenuto un incontro tra l’assessore alla Sanità, Luigi Arru, e una delegazione di cittadini capeggiata dall’assessore alle Attività Produttive, Nicola Luciano (PdCi), uno degli artefici nelle scorse settimane della sigla “Popolo dei lucchetti” in seguito alle prospettive poco rassicuranti, note però da tempo, sul futuro dell’ospedale gallurese.

Nonostante Luciano sia stato eletto nella coalizione di maggioranza per il comune tempiese, nonché suo assessore, e nonostante incontri assessori regionali rappresentando le legittime istanze addirittura per l’Alta Gallura, continua a ritenere fieramente l’apoliticità e l’apartiticità del proprio operato. Dopo l’incontro “con la politica” sarà appunto quest’ultima ad avere una responsabilità sugli atti che nei prossimi mesi verranno adottati.

L’assessore Luciano riferisce il “successo” politico “che si deve alla lotta intrapresa col Popolo dei Lucchetti”. Queste affermazioni sono molto forti e l’assessore parla di successo ottenuto, nonostante il Paolo Dettori non avrà più un Punto nascite. Rispetto agli entusiasmi, è opportuno riflettere sull’atteggiamento al ribasso della “lotta” portata avanti e su ciò che attende il territorio, sia nel futuro più immediato che nei prossimi due/tre anni.

Si fa riferimento così alla Conferenza Unificata del dicembre 2010, “Linee di indirizzo per la promozione ed il miglioramento della qualità della sicurezza e dell’appropriatezza degli interventi assistenziali nel percorso nascita e per la riduzione del taglio cesareo“. Il cuore della questione è che nelle premesse si individua un problema ben preciso: “i punti nascita con un numero di parti inferiori a 500, privi di una copertura di guardia medico-ostetrica, anestesiologica e medico-pediatrica attiva h. 24, rappresentano ancora una quota intorno al 30% del totale“.

Tra le misure individuate nell’ambito dell’accordo, si rileva la “razionalizzazione/riduzione progressiva dei punti nascita con numero di parti inferiore a 1000/anno, prevedendo l’abbinamento per pari complessità di attività delle U.U.O.O. ostetrico-ginecologiche con quelle neonatologiche/pediatriche, riconducendo a due i precedenti tre livelli assistenziali; attivazione, completamento e messa a regime del sistema di trasposto assistito materno (STAM) e neonatale d’urgenza (STEN)”.

Questa previsione non è mai stata applicata nel caso del Paolo Dettori (circa 350 nascite l’anno) e le ragioni sono riconducibili alla morfologia del territorio, la particolare demografia dell’Alta Gallura e della Sardegna in generale, nonché la condizione infrastrutturale, tristemente peggiorata in seguito all’alluvione di novembre 2013. Questi elementi hanno impedito in passato un’organizzazione basata sul mero rapporto nascite per anno, prevalendo tutta una serie di peculiarità della regione.

Accanto a questi dati dobbiamo però aggiungere che nel corso degli anni il Punto Nascite del Paolo Dettori è stato sede di innovazioni – tra queste: il parto indolore e il parto in acqua-, con dotazioni all’avanguardia, che ne hanno fatto un punto di riferimento per un bacino importante il quale, non va dimenticato, coincide con l’Unione dei Comuni (Alta Gallura). Non trascurabile anche il fatto che il livello del reparto e dei servizi erogati nel tempo ha raggiunto un livello tale da garantire, per l’ambito in questione, un credito per l’ASL grazie alla forza attrattiva dagli altri distretti della Sardegna.

Alla luce degli ultimi fatti, ci domandiamo dunque come sia possibile considerare “soddisfacente” la perdita di un servizio che non era mai venuto meno proprio perché si erano fatte valere appieno precise esigenze e caratteristiche del sistema socio-economico gallurese. Per capirlo è allora necessario fare qualche passo indietro e precisare che il futuro del Paolo Dettori è strettamente legato alla ricca partita della Qatar Foundation e del Mater di Olbia (ex San Raffaele), dunque al piano di riorganizzazione delle ASL che vedrà probabilmente un’unica azienda denominata Nord-Est cui faranno capo ben 300.000 residenti.

Già a luglio, quando la sigla “popolo dei lucchetti” ancora non era sulla scena, l’assessore Luciano contribuì ad organizzare a Tempio un incontro sul futuro della Sanità nell’Alta Gallura. Il tutto alla presenza di due consiglieri regionali di maggioranza e componenti della Commissione Sanità, Cherchi e Anedda, rispettivamente Partito dei Sardi e Partito dei Comunisti Italiani. Mentre per l’assessore i consiglieri fornivano ampie e soddisfacenti rassicurazioni per Tempio e la Gallura tutta, proseguiva la maratona di votazioni a favore in diverse sedi istituzionali per l’operazione QF. In realtà, come si vedrà anche in seguito, molto è stato sconfessato a breve giro di vite, e alcuni aspetti dell’operazione, nonostante gli entusiasmi del senatore Gianpiero Scano, rimangono a dir poco oscuri. Su tutti gli effetti sul territorio e la riorganizzazione sanitaria. Su questo punto Cherchi fu però piuttosto eloquente: “la questione Qatar si sarebbe dovuta affrontare alla coda e non nel capo di un più ampio processo di riorganizzazione sanitaria. Avviene esattamente il contrario. Ma va bene lo stesso“.

Più recentemente, il caso della valutazione del tribunale sulla struttura, perizia non gradita alla QF che offriva quasi 20 milioni in meno. Immediatamente la politica locale è intervenuta per trovare nuovi terreni sui quali costruire una struttura ex-novo, rassicurando un po’ tutti, soprattutto gli investitori che alzavano la voce. Poi il balletto sul (presunto) finanziamento CIPE per 129 milioni di euro, ovvero l’accompagnamento dell’operazione secondo il governo regionale e italiano. Dopo pochi giorni arrivò la smentita da Pierpaolo Vargiu, deputato montiano dei Riformatori, che parlò di un errore materiale del governo italiano che stanziava somme, in realtà, già revocate. Ma dove è la verità? Ancora non è dato saperlo. A più di un mese dal botta e risposta su giornali e web, non è infatti stato reso pubblico il documento del CIPE che illustra tutti i dettagli e le innumerevoli destinazioni dei finanziamenti.

Per quanto si continui a voler far finta di non sapere, gli interessi dei signori del QF, Monte Tabor, amici di Don Verzè e banche creditrici toccano inevitabilmente la città di Tempio; sarebbe piuttosto ingenuo ritenere che un investimento complessivo così ingente in un settore come la Sanità e in una regione come la Gallura non influisca sul destino della città in questione, all’interno dell’omonimo distretto della ASL n. 2.

La portata degli effetti dell’affaire Qatar sul Paolo Dettori di Tempio non è immediata. Il regime in deroga concesso dal governo italiano, enorme successo rivendicato dal PD e alleati, si farà sentire alla scadenza. Non domani, ma neanche fra dieci anni. La ministra della Salute italiana, Beatrice Lorenzin, ha specificato più volte come le ampie deroghe concesse per l’operazione Ex-San Raffaele e sistemare la patata bollente (al Bambin Gesù, s’intende) non saranno infinite. Quel numero di posti letto e quella spesa autorizzata eccezionalmente, dovranno rientrare successivamente. Che piaccia o meno, è così. E il Patto della Salute di Renzi non aiuta.

La perdita del punto nascite si aggiunge ad un generale deterioramento dei servizi sul territorio che rischia di rafforzare le preoccupanti dinamiche di spopolamento che stanno investendo la città di Tempio e l’Alta Gallura in generale; tendenze sconosciute sino a pochi anni fa che potrebbero, in un circolo vizioso, contribuire ad un ulteriore tagli dei servizi in ragione di una sempre minor popolazione sul territorio. Per questo si ritiene ci sia poco del quale felicitarsi e le prospettive appaiono meno ottimistiche di quanto non si creda.

Oltretutto, non meno importante, al 2017 la città di Tempio potrà festeggiare un invidiabile primato: un decennio senza aborti. E’ dal 2007, difatti, che nelle strutture del Paolo Dettori non viene praticata l’IVG (Interruzione Volontaria di Gravidanza): tutto il personale risulta obiettore di coscienza. I dati, ad esempio del 2011, parlano di 277 IVG all’ospedale Giovanni Paolo II di Olbia e 46 al Paolo Merlo di La Maddalena, per un totale di 323 IVG in tutto il territorio ex-provinciale. Il tema riguarda strettamente le donne delle comunità dell’Alta Gallura ed è praticamente scomparso dal dibattito pubblico. Sulla stessa linea di impoverimento sociale si pone lo smantellamento dell’intero reparto, alla faccia della “sanità più vicina ai cittadini” annunciata tanto nella scorsa campagna elettorale, quanto nelle ultime settimane. Che si tratti di mancate nascite, o di nascite da compiere, il livello di servizi e la qualità della vita nell’Alta Gallura sono sempre più preoccupanti.

http://www.ilminuto.info/2014/12/lo-strano-caso-della-perdita-del-punto-nascite-dellospedale-paolo-dettori-e-la-ricca-partita-della-quatar-foundation/#more-35729

Movimento Cinque Sbirri. Tra marketing, idiozia e feticismo della divisa

evento-poliziaLa Polizia e tutte le nostre forze di sicurezza sono al servizio dei cittadini. Ma non è mai accaduto che i cittadini potessero fare domande direttamente agli addetti delle Forze dell’Ordine, né che queste ultime avessero l’opportunità di parlare liberamente del proprio lavoro con gli italiani”. Continua la lettura di Movimento Cinque Sbirri. Tra marketing, idiozia e feticismo della divisa

Ucciso ministro palestinese a Ramallah. Il FPLP: escalation di resistenza unica via possibile

abu zinIl Ministro dell’Autorità Nazionale Palestinese, Ziyad Abu Ain, è deceduto ieri durante il trasporto all’ospedale di Ramallah, in seguito agli scontri con l’esercito israeliano. Nelle ultime ore il presidente dell’ANP e leader di Fatah, Abu Mazen, ha annunciato l’accordo con il governo israeliano per le indagini sulla morte del Ministro Ziyad Abu Ain, posizione – questa come altre negli ultimi mesi – ritenuta al ribasso e controproducente per la Resistenza palestinese.

Ziyad, 55 anni, è stato il direttore del comitato di informazione Jamil al Barghouti e Ministro dei prigionieri. Attualmente era responsabile del dicastero che monitora l’Occupazione. Era, inoltre, membro del Consiglio Rivoluzionario di Fatah e presidente della commissione dell’Anp contro il muro e le colonie. L’azione di protesta infatti era scoppiata nel villaggio di Turmus Aya (nord di Ramallah) contro la confisca delle terre palestinesi  e il ministro era in prima linea.

Il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina ha diffuso un comunicato nel quale parla di “una esclalation di resistenza in tutte le sue forme” come unica risposta possibile alla violenza sionista.

http://pflp.ps/english/2014/12/10/pflp-in-response-to-murder-of-abu-ein-escalate-resistance-in-all-forms/

Otto per mille ed edilizia scolastica: che qualcosa cambi affinché nulla cambi

crocifisso

Nella politica italiana, tra retate fascio-mafiose a Roma e casi di cronaca nera, trova spazio una scadenza importante. Da quest’anno, entro il 15 dicembre, gli istituti scolastici hanno la possibilità di richiedere la partecipazione all’otto per mille.

Una spesa pubblica che interviene direttamente sulle necessità più diffuse che richiedono ingenti investimenti. Un passo importante, si potrebbe dire. Le cose sono leggermente più complesse, come sempre più spesso capita nel mondo dell’informazione e della politica via social dove tutto viene ridotto a slogan e propaganda di bassa lega.

La scadenza del 15 dicembre la fa da padrona in link, foto, status, tweet e quant’altro e, anche giustamente, i sostenitori ed eletti ai vari livelli del M5S rivendicano un risultato politico di tutto rispetto. Si informano e invitano gli istituti scolastici a farne domanda presso le opportune sedi ministeriali e, a caduta, lo stesso viene consigliato ai genitori per quanto riguarda gli istituti scolastici di riferimento, nel caso questi non sfruttino la possibilità fornita della Legge di Stabilità 2013.

La modifica riguarda la Legge n. 222 del 20 maggio 1985 ed è stata apportata dall’art. 206 della Legge 147/2013: lo Stato può destinare il proprio otto per mille anche a “ristrutturazione, miglioramento, messa in sicurezza, adeguamento sismico ed efficientamento energetico degli immobili di proprietà pubblica adibiti all’istruzione scolastica”. Non più solamente le quattro categorie sino ad oggi finanziate e maggiore attenzione alle condizioni dell’edilizia scolastica italiana. Le categorie già esistenti all’interno dell’8 per mille di pertinenza statale sono quattro e nel 2013 la ripartizione è avvenuta, come per tutta la disciplina, in base ai redditi 2009 dichiarati nel 2010, per un totale di 144,4 milioni di euro.

  • Conservazione beni culturali: 108,5 milioni;
  • Calamità naturali: 22,6 milioni;
  • Assistenza ai rifugiati: 7,9 milioni;
  • Interventi straordinari per la fame nel mondo: 5,4 milioni.

Questa è una minima parte di tutto il gettito derivante dall’8 per mille e, va chiarito, si tratta della parte di diretta pertinenza statale. Infatti, oltre lo Stato, la disciplina dell’otto per mille vede come beneficiari:

Inoltre, concorrono alla ripartizione dal 2013 l’Unione cristiana evangelica battista d’Italia, la Chiesa apostolica in Italia e la Sacra arcidiocesi ortodossa d’Italia ed esarcato per l’Europa meridionale. Concorrono alla ripartizione dal 2014: l’Unione buddhista italiana e l’Unione induista italiana.

In definitiva, sempre per l’anno 2010, le somme in valore assoluto spettanti ad ogni categoria beneficiaria risultano essere:

  • Stato:  169.899.025
  • Chiesa cattolica: 1.004.839.287
  • Unione italiana Chiese avventiste del 7° giorno: 2.328.002
  • Assemblee di Dio in Italia: 1.270.403
  • Unione delle Chiese metodiste valdesi:  37.738.142
  • Unione delle comunità ebraiche italiane: 5.268.637
  • Chiesa evangelica luterana in Italia: 3.920.846

Un totale di 1.225.264.342.

Ma non è tutto. Come riporta un dossier della Camera dei Deputati italiana, “va segnalato che la quota dell’otto per mille di pertinenza statale che verrà messa a ripartizione con lo schema di D.P.C.M. in esame è molto inferiore rispetto a quella di 169.899.025 euro teoricamente spettante allo Stato applicando la percentuale sopra indicata del 13,74 per cento sugli incassi Irpef 2009, integrata sulla base delle scelte non espresse, in ragione dei diversi interventi normativi che hanno ridotto nel corso degli ultimi anni la corrispondente autorizzazione di spesa”.

Si ritorna dunque all’annoso problema, anche in relazione all’applicazione del 5 per mille, ovvero lo storno di somme verso altri scopi. L’apice lo si è avuto nel 2011, anno in cui addirittura l’intera somma destinata allo Stato nelle dichiarazioni dei redditi del 2008, per mancanza di disponibilità finanziaria, è stata destinata a scopi estranei a quelli di cui alla legge n. 222/1985. L’ammontare superava i 145.000.000 di euro.

Secondo la Corte dei Conti, difatti, “risulta grave che il patto tra Stato e cittadini venga sistematicamente violato, analogamente a quanto accade per la quota dell’8 per mille di competenza statale, che, sempre per motivi di bilancio, viene, spesso, dirottato su altre finalità rispetto a quelle stabilite dai contribuenti. La somma da ripartire per l’anno 2013 corrisponde allo stanziamento definitivo di competenza relativo alla quota dell’otto per mille di pertinenza statale, iscritto sul cap. 2780 dello stato di previsione del Ministero dell’economia (nell’ambito della Missione “Fondi da ripartire”). In base all’interrogazione della banca dati della Ragioneria generale dello Stato, al 20 gennaio 2013 lo stanziamento definitivo di competenza risulta, infatti, pari a 404.771 euro, corrispondente all’importo messo a riparto dallo schema in esame”.

Alla fine della fiera, tra accentramento delle risorse in capo alla Chiesa cattolica e storni più o meno emergenziali dal fondo statale, risultano effettivamente disponibili 404.771 euro. Un’inezia.

Al di là della propaganda e dell’edilizia scolastica che ultimamente sta a cuore ad un po’ tutti, va dunque sottolineata la questione principale, ovvero il ruolo tutt’altro che marginale della Chiesa cattolica. Nel complesso dell’8 per mille questa assorbe ben oltre l’80% delle risorse e le rimodulazioni – necessarie o meno possano essere (si sono difatti finanziati tanto la Protezione Civile quanto le guerre in Afghanistan) – gravano sempre sulla quota di diretta pertinenza statale. Il problema non è quindi tecnico-burocratico, ma puramente politico.

Nel prevedere l’inserimento di nuovi concorrenti nel riparto della quota statale, appunto l’edilizia scolastica, emerge che nuovi beneficiari e quelli preesistenti potranno contare su risorse sempre più marginali e, probabilmente, i costi transattivi supereranno i benefici netti, dal momento che “la polpa” dell’otto per mille continua ad incamerarla la Chiesa cattolica senza, ormai, alcun tipo di dibattito in materia.

Le ragioni sono molteplici. La pubblicità televisiva gioca un ruolo fondamentale; “lo Stato” non fa concorrenza alle confessioni religiose per far si che quanti più cittadini incrementino l’ammontare destinato alla diretta pertinenza statale, mentre la Chiesa cattolica investe tanto nella pubblicità per l’otto per mille. Nel 2008 sono stati ben 22 milioni, circa il 2,4% degli importi riconosciuti. Pubblicità eccessiva anche da un punto di vista “qualitativo”, a giudicare dalle varie accuse di pubblicità ingannevole che negli anni sono state mosse alla Chiesa italiana, rea di far intendere ai propri fedeli (e non) che tutto il ricavato dell’otto per mille verrà destinato a scopi di carità.

È dunque evidente che non migliorerà certo l’amministrazione italiana prevedere che migliaia e migliaia di istituti scolastici possano richiedere la partecipazione a somme che sull’aggregato otto per mille IRPEF risultano – eufemisticamente parlando – minime.

D’altro canto, dagli anni in cui il M5S e Beppe Grillo parlavano di revisione del Concordato e laicità paiono passati decenni. Oramai anch’essi sono messi a sistema. Anch’essi sono divenuti “casta” e per giunta quella peggiore.

Tempio Pausania. Abbanoa: conciliamo, conciliamo…

tempio-abbanoa 279x300Nuovi disagi a Tempio Pausania e dintorni nella fornitura del servizio idrico. La società Abbanoa SpA ha comunicato che nella giornata odierna, sino a tarda serata, si verificheranno disservizi a causa della sostituzione di un’apparecchiatura idraulica sulla condotta adduttrice Monte Muvri-Tempio. L’interruzione dell’approvvigionamento idrico riguarderà Tempio, Luras, Calangianus e Aggius, nonostante quest’ultimo non rientri nella gestione Abbanoa.

Prosegue l’esasperazione dei cittadini che da mesi apprendono periodicamente annunci di interruzione del servizio ma, più ampiamente, soffrono disservizi cronici anche in assenza di comunicati da parte dell’azienda. In molte zone della città, infatti, il servizio risulta assente o ridotto a pochissime ore al giorno, senza comunicazioni da parte di Abbanoa e il relativo servizio di autobotte per gli interventi emergenziali.

Questo elemento è stato sottolineato nell’esposto in Procura da parte dell’Assessore Roberto Cossu, ormai più di due mesi fa. Poco si è mosso nelle ultime settimane, se non l’intenzione di Abbanoa di conciliare con i cittadini di Tempio Pausania circa le fatture pluriennali, proponendo (con il Comune in veste di coordinatore e garante) un piano di rateizzazione degli importi “anomali”.

Nel frattempo proseguono le polemiche e i botta e risposta tra, da un lato, azienda e politica e, dall’altro, associazioni di consumatori, cittadini e amministrazioni locali. L’Assessore Maninchedda ha difeso apertamente l’azienda su varie questioni, in primis il deposito cauzionale, rivendicando una serie di miglioramenti della gestione aziendale, tra cui la chiusura in attivo dell’ultimo bilancio.

A più voci si chiedono chiarimenti sulle gravissime interruzioni del servizio pubblico, sulla mancata potabilità dell’acqua in molte comunità, sulla legittimità del deposito cauzionale (retroattivo e non dovuto per chi accede alla domiciliazione bancaria) oltre all’annunciato conguaglio su base familiare (80/100 euro).

Proprio sulle rateizzazioni in corso Abbanoa ha diffuso nei giorni scorsi un comunicato stampa dove si fa il punto sulle procedure di conciliazione in tutta la Sardegna: 26 assemblee pubbliche con oltre 5.000 partecipanti, 24 amministrazioni coinvolte con 17 accordi già sottoscritti.

A prescindere dal numero, probabilmente, propagandistico dei partecipanti (circa 200 cittadini ad assemblea) Abbanoa ribadisce il vantaggio per gli utenti e specifica che “i cittadini interessati possono fare richiesta di adesione alla proposta di conciliazione direttamente in Municipio e successivamente le richieste vengono gestite dagli uffici di Abbanoa. L’intera procedura è completamente gratuita per i cittadini che, in questo modo, possono evitare contenziosi legali costosi e di dubbia riuscita. Il prossimo passo è la formazione di conciliatori direttamente tra i dipendenti comunali: i primi accordi pilota sono in fase di definizione con alcuni enti locali”.  

La procedura, in realtà, non è gratuita in quanto alla rateizzazione verrà applicato un tasso di interesse. In secondo luogo, una delle tante criticità, è la figura del “conciliatore” da formare in capo al personale delle amministrazioni locali e nelle strutture dei comuni intermediari.

La Gallura è il cuore di queste procedure di negoziazione e, oltre Tempio Pausania, le conciliazioni coinvolgono numerosi comuni galluresi: Olbia, Budoni, Santa Teresa di Gallura, Bortigiadas, Palau, La Maddalena e Loiri Porto San Paolo.

http://www.ilminuto.info/2014/12/tempio-pausania-abbanoa-conciliamo-conciliamo-2/

Sulcis. Solidarietà del Fiu alla lotta delle lavoratrici in miniera.

Igea Sulcis
Fonte: Unione Sarda.

Il tempo delle proteste per le ex lavoratrici della Igea non è terminato, anzi, è arrivato purtroppo per loro il momento di scendere nelle gallerie ed occuparle. Un‘azione di protesta che nel Sulcis è già stata adottata diverse volte, e che riassume la drammatica situazione di questa “provincia”. 

Un territorio dove la disoccupazione giovanile è al 70% e le multinazionali operano senza controllo, dove il ricatto fra la morte di fame e la morte di “lavoro” è diventato una realtà implacabile. La RAS, che dovrebbe occuparsi dei territori da bonificare, istituisce una azienda che tutto fa meno che bonificare, e che addirittura fallisce.

Il Fronte Indipendentista Unidu non può che esprimere piena e totale solidarietà nei confronti di queste Lavoratrici in lotta, costrette a rifugiarsi sotto terra solamente per chiedere i legittimi stipendi arretrati e un rilancio della società come da patti a suo tempo stilati.

Fronte Indipendentista Unidu Sulcis.

Occupazione militare. Verso il 13 dicembre.

capo frascaIl Fronte Indipendentista Unidu sarà a Cagliari il 13 Dicembre per la manifestazione nazionale contro l’occupazione militare. Per organizzazione spostamenti da tutta la Sardigna, informazioni e conferme il recapito telefonico di riferimento è 349/0573528. Contatto Facebook: Lisandra Ruggiu.

Casteddu 13 dicembre. Una lotta, Tante lotte. Tante lotte, una lotta: Indipendenzia.

Foto FiuIl Fronte Indipendentista Unidu parteciperà alla seconda manifestazione nazionale del 13 dicembre contro l’occupazione militare. Sarà l’occasione per riaffermare che il nostro Popolo non vuole assolutamente la presenza di basi militari straniere nella sua terra, siano esse italiane o NATO.

Il Fronte reputa pertanto fondamentale l’adesione, la partecipazione e la mobilitazione in queste lotte. E ritiene che sia indispensabile sostenere tutte quelle iniziative che in questo momento fanno massa critica e unione popolare contro l’occupazione militare.

L’occupazione militare, che soffoca la nostra economia, devasta l’ambiente mettendo in pericolo la salute e spesso la vita di chi vive e lavora in Sardigna in prossimità dei poligoni e delle basi militari non piove certo dal cielo e non è frutto del caso, ma è uno dei pilastri del colonialismo italiano e del regime di dipendenza a cui la Nazione Sarda è sottoposta. Regime di dipendenza che tocca tutti i punti strategici della nostra economia, a partire dalla presenza militare.

Per questo riteniamo che la battaglia all’occupazione militare non possa essere slegata da un ragionamento più ampio, più organico a cui la stessa mobilitazione del 13 debba fare riferimento. La lotta contro l’occupazione militare ha necessità di rimarcare con forza il proprio carattere anticolonialista, di opposizione alla gestione scellerata che si fa della nostra terra e dei nostri beni da parte dei vecchi e nuovi governatori della Sardigna.

Riteniamo necessario che attorno a questa battaglia si aggreghi una piattaforma politica anticolonialista popolare, partecipata e attiva, che coinvolga le forze sane dell’indipendenza non prostituite al blocco coloniale, e tutte quelle forze sociali e civili che si oppongono senza se e senza ma all’occupazione militare italiana in Sardigna. Una forte e radicale mobilitazione popolare dunque, capace di radicarsi sui territori, di rendere realmente partecipe e attiva la nostra gente, protagonista primaria della decisione di vivere in una terra che non debba più subire alcun oltraggio da parte di terzi.

Dare forza capillare e diffusa alla mobilitazione ci permetterà un dibattito ampio e forte sulle alternative reali della gestione delle nostre risorse e della fattibilità di scelte diverse da quelle imposte dall’alto. È per questo che è necessario che gli indipendentisti si prendano la responsabilità politica di un più ampio ed organico progetto di convergenza indipendentista e anticolonialista, che sia capace di far compiere alla lotta contro l’occupazione militare quel salto di qualità verso una lotta di liberazione nazionale e sociale nel nostro Paese. Una lotta organica, organizzata e strutturata.

Senza questo salto, insieme politico e organizzativo, ogni mobilitazione risulterà non solo effimera ed inutile, ma anche controproducente, perché veicolerebbe il concetto che è possibile lottare contro “la militarizzazione” e/o contro “le servitù militari” senza portare avanti una seria ed organica lotta di liberazione nazionale. Per questo ci rendiamo disponibili con le nostre forze ad organizzare momenti di dibattito e di azione in ogni paese della nostra terra. Ci rendiamo disponibili a dibattere sulla possibilità di rendere duratura e proficua una lotta che può e deve essere vinta dal nostro popolo.

Una lotta, Tante lotte.
Tante lotte, una lotta.
Indipendenzia.

“Le vite e i corpi nell’economia”. Sviluppo Umano ed economia di genere (di Antonella Picchio*)

Picchio Antonella

Intervista originariamente pubblicata da Editrice Socialmente (numero 9 – Dicembre 2011).

http://www.editricesocialmente.it/

http://www.editricesocialmente.it/interviste/articolo_63.htm
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