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Nazioni senza Stato, di Laura Gargiulo e Igor Ninu

Guerin
Daniel Guérin (1904-1988), storico e politico francese, teorico e   militante del Marxismo Libertario.

 
Suggerisco la lettura di un articolo pubblicato originariamente su  –-n. 390, giugno 2014. In “Nazioni senza Stato” si presentano innanzitutto dei chiarimenti terminologici introduttivi al dibattito sulle nazioni senza stato, sul riconoscimento nazionale, sul concetto di “nazionalismo” e la lotta politica di matrice socialista, tra cui libertaria e anarchica. Nell’immaginario comune –  “nazionalismo” e “anarchismo” – rimandano a un conflitto a priori, una rotta di collisione teorica ancorché pratica. Riprendendo le parole utilizzate dagli autori, c’è da chiedersi chi si prende la responsabilità di liquidare il patrimonio culturale e la conoscenza dei meccanismi sociali emersi dalle lotte di liberazione nazionale come “un pezzo di antiquariato politico o un retaggio della destra fascistoide”.
 
In un’epoca pervasa dal vacuo “né di destra né di sinistra”, un’ulteriore confusione etimologica non favorisce la maturazione di processi sociali di rivendicazione e di sviluppo socioeconomico. Appare quanto meno doveroso porre un punto di domanda circa una sempre più frequente semplificazione che restringe il campo di analisi, creando così uno stereotipo. Nel sistema di istruzione e nei mass-media il termine “nazionalismo” rimanda a un’idea di governo autoritario, con una struttura istituzionale particolarmente verticistica e caratterizzata da un ceto militare influente, istituzioni che operano in e con un’organizzazione economica di tipo corporativista. In pratica, il Fascismo. Ma questa non è un’uguaglianza ovvia, va provata caso per caso, per ciascun movimento di liberazione e, a sua volta, all’interno di ciascuno nel confronto tra differenti approcci ideologici e pratici.
L’appartenenza ad una comunità o nazione da parte dell’individuo urta implicitamente l’idea libertaria di un mondo intero come patria?Ecco, quindi, alcuni spunti di riflessione per un dibattito su “ismi” apparentemente inconciliabili.

Non solo Hamas, c’è anche il Capitalismo. C’è anche il FPLP

fplp (1)

Non esiste unicamente Hamas in Palestina. Nonostante la Rai la citi ossessivamente e spesso a sproposito, è opportuno metabolizzare una volta per tutte come la questione socio-politica sia nettamente più complessa. Svariate organizzazioni lanciano razzi e resistono militarmente in Palestina, come avvenuto in altri luoghi e in altri tempi. Dunque, bando alla retorica. Continua la lettura di Non solo Hamas, c’è anche il Capitalismo. C’è anche il FPLP

Civili in trappola e medici a rischio. Oltre 60.000 gli sfollati nella Striscia.

bombing gaza city

Aggiornamenti da Gaza. Situazione di particolare emergenza nella zona orientale (Shajaiyeh) e settentrionale (Beit Hanoun) della Striscia di Gaza. Raids incessanti e colpi di artiglieria. Il Ministero della Salute ha condannato l’attacco alle ambulanze nell’area di Shajaiyeh.

Il Ministero fa appello alle organizzazioni internazionali e soprattutto al Comitato Internazionale della Croce Rossa perché obblighino immediatamente Israele a rispettare la legge internazionale e non colpire lo staff medico, chiede una protezione per gli staff che in caso contrario non possono evacuare i feriti dalle zone orientali da cui stanno arrivando un gran numero di richieste di aiuto dalla popolazione. Da fonti locali purtroppo si apprendono molte richieste di aiuto alle quali non si riesce a far fronte. La Croce Rossa non sta rispondendo alle richieste della popolazione, ci sarebbero feriti, donne, giovani, bambini che hanno bisogno di assistenza e le ambulanze non riescono a raggiungere le aree interessate a causa degli attacchi. Anche nel nord della Striscia la popolazione ha difficoltà a ricevere aiuto.  

Nel frattempo, i soldati egiziani di Al-Sisi al confine tra Gaza e Egitto hanno impedito a 500 attivisti internazionali a bordo di 11 bus di raggiungere il valico di Gaza per portare aiuti umanitari. Secondo le autorità egiziane, sono stati bloccati per motivi di sicurezza, perché il Sinai sarebbe attualmente un luogo insicuro.

Ieri sono rimasti uccisi 47 palestinesi, 2 soldati governativi e un beduino israeliano. In totale, solo dall’8 luglio, sono morti 343 palestinesi e 5 israeliani. Gli sfollati sono 61.000, accolti in 49 centri dell’UNRWA.

Un mese da Al Khalil (Hebron) a Gaza. Propaganda “false-flag”?

soldati israeliani

Questo accadeva circa un mese fa.
https://www.zinzula.it/ultimo-saluto-al-martire-mahmoud/

Chi parla di razzi e “reazione israeliana” dopo aver ascoltato un qualsiasi tg che cita ossessivamente Hamas, è necessario faccia un passo indietro, a circa 5 settimane fa. Quando rastrellavano i quartieri a Hebron devastando più di 3.000 abitazioni, quando si sparava ai ragazzini di 13 anni e si facevano morire bambine di 6 mesi in arresto cardiaco perché i soldati occupanti non fanno superare i ceck-point.

Nel frattempo dei tre coloni rapiti e ritrovati cadavere non si parla più, è passato chiaramente in secondo piano. Indagini, prove, inchieste. Nulla. Cose che generalmente accadono nelle “democrazie”, figuriamoci nell’unica in Medio Oriente. In ogni caso, questo non legittima un’aggressione ad un popolo intero e pressoché inerme.

Hebron ha conosciuto tre settimane di rastrellamenti feroci, diurni e notturni, mostrando Israele un’ampia gamma di soprusi e vessazioni. Si contano almeno 10 morti e atti di squadrismo puro da parte dell’esercito e successivamente da parte di “coloni civili”. Questi ultimi, forti dell’aggressività del proprio governo e della benzina sul fuoco gettata da Netanyahu, hanno dato vita a sparatorie da auto in corsa e rapimenti, culminati con il ragazzo palestinese torturato e arso vivo.

Nessun Tg e nessun giornale ne parlava prima dello shock dato da un sedicenne picchiato, costretto a bere benzina e bruciato. L’attenzione era sino a quel momento focalizzata sui tre coloni mentre, anche prima del ritrovamento, i rastrellamenti erano in corso su larga scala, da Hebron, a Ramallah a Nablus, travestendo il tutto come Brother’s Keeper. Anche qualche missile SU Gaza, ma ancora non c’era abbastanza sangue per far partire la campagna di disinformazione.

Per queste ragioni le vittime, i feriti, gli sfollati, i danni economici sono sottostimati. La stampa italiana confeziona la disinformazione e l’Hamas è il focus di tutto. Poi ci si inizia ad impietosire, e a giustificare Israele, dai 20/30 morti in su, un po’ come per i migranti. Questo ultimo mese in Palestina è molto più complesso, spietato e strumentalizzato di quanto possa apparire. Tutto appare come scientificamente programmato, step dopo step, provocazione dopo provocazione. A mio parere, l’ipotesi false-flag israeliano sulla morte dei tre coloni, spiegherebbe molto bene tante contraddizioni mediatiche e l’ipocrisia israeliana che parla in conferenza stampa di operazione limitata quando colonne di migliaia di soldati chiudevano Hebron trasformandola in un carcere a cielo aperto. Si entrava, ma non si poteva uscire. Provate ad immaginare l’effetto che avrebbe su di voi essere richiusi in una città infestata da migliaia di militari che rastrellano a tappeto per 21 giorni di seguito.

Da Hebron attualmente giungono notizie secondo le quali l’esercito israeliano non sia ancora entrato nella Striscia: la Resistenza palestinese si sta organizzando in modo determinato e pronto a tutto per difendere Gaza.

Bahrein: una Rivoluzione vera, una Rivoluzione scomoda

donne del bahrein

Sono tanti i conflitti nel mondo dimenticati, spesso perché scomodi. Sono tanti i popoli oppressi in lotta. Alcune rivoluzioni non occupano nei media lo stesso spazio di altre. Alcune sono finte rivoluzioni, come dimostra il caso più recente dell’Ucraina nella quale la svolta neo-fascista e neo-nazista viene sponsorizzata da praticamente mezzo mondo. Unione Europea in testa, s’intende, e incluso, manco a dirlo, il governo Renzi che parla anche lì e non solo a Roma di incoraggiamento sulla via delle riforme. Continua la lettura di Bahrein: una Rivoluzione vera, una Rivoluzione scomoda

Solidarietà tutta. Violenza, no grazie.

Foto: Ansa.

Ci mancava solo Buffon. Sarebbe ora di finirla con queste stronzate all’italiana. Non ritengo sia utile alla causa la solidarietà e l’esposizione mediatica di un nazista. A costo di apparire velenoso, dico che l’odore dello sciacallaggio si sente eccome. Non sarebbe ne il primo ne l’ultimo. Nel frattempo, cosa ben più rilevante, l’esercito israeliano distribuisce volantini per informare la popolazione che deve abbandonare le proprie case. Si teme un bagno di sangue come per Piombo Fuso nel 2008-2009.
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Quel silenzio che dice tutto.

saviano sionista

Mi pare ovvio che mentre Israele dia il peggio di se a Gaza bombardando un orfanotrofio, l’eroe italiano degli ultimi anni promuova la propria carriera, Gomorra – La Serie. Tre danni sociali:

1. Complicità col sionismo israeliano e le sue atrocità. Non da oggi, sia chiaro. I rastrellamenti sono iniziati più di tre settimane fa e oltretutto si attende ancora la risposta al video-messaggio da Gaza di Vittorio Arrigoni. Era 10 ottobre 2010. Lui non c’è più e non può sentire perché dopo non c’è nulla, ma chi c’è ascolterebbe volentieri. Non si scopre certo oggi a tutto tondo il personaggio Saviano. Ciò non toglie sia sempre bene ricordarlo. Se i più sono rimasti col cervello inchiodato al 2006, anno di pubblicazione di Gomorra, non me ne posso fare una colpa.
2.  Il prossimo e i tanti che rivelano già oggi i marciumi dello Stato e i meccanismi delle criminalità organizzate subiscono atrocemente dall’opinione pubblica, mediamente disinformata e superficiale, lo stereotipo del “vuole far soldi, proprio come Saviano, non ricordi?”. Ottimo pretesto per aumentare la scarsa conoscenza delle criminalità organizzate. Queste ultime, sentitamente, ringraziano. Chi si è trovato nella mortificante situazione di aver poco credito a causa di deficienti o disonesti che “infangano” l’argomento sa bene di che sensazione parlo.
3. Sull’argomento Roberto Saviano sfugge sistematicamente al contraddittorio che, a ben vedere, è un elemento fondamentale per lo sviluppo della società, dunque anche per il raggiungimento di quella Pace (Perpetua) che tanti hanno sulla bocca. Meno nel cervello. Ancor meno nel conto in banca.

Ve la prendete voi la responsabilità di definirlo giornalista o, meglio ancora, eroe?

Quegli occhi parlano da soli.

https://www.youtube.com/watch?v=qFN49LdWXOw

Oltre cento morti in Palestina. La stampa italiana esalta Israele.

macerie morti gaza

Oltre 100 morti e più di 700 feriti è il bilancio degli ultimi tre giorni di bombardamenti su Gaza da parte dell’esercito israeliano. Netanyahu comunica che il “cessate il fuoco” non è nell’agenda del governo e che l’operazione di terra è ufficialmente iniziata “ma sarà limitata”. Intanto ai circa 100.000 palestinesi di Beit Lahia, Beit Hanoun (nord della Striscia) e Abasan al-Saghira (sud-est) è stato intimato di lasciare le loro case prima dell’offensiva.

Secondo le prime informazioni, la Resistenza palestinese avrebbe messo a segno un attacco nel quale risulta ucciso un soldato israeliano mentre si hanno notizie di un ferito grave ad Ashdod.

Il Segretario generale dell’ONU, Ban Ki-moon, due giorni fa parlava di  “lanci di razzi da Gaza contro Israele” mentre si contavano già 35 morti. Ha invitato di nuovo le due parti a “dimostrare la massima moderazione possibile” ma nelle ultime ore l’imbarazzo per le immagini dei raid hanno fatto timidamente parlare di “reazione esagerata” invocando un corridoio umanitario dall’Egitto tramite Rafah, lo stesso tunnel bombardato costantemente dall’esercito.

Yemen solidarietà
Yemen, imponente manifestazione di solidarietà per la Palestina.

Yemen solidarietà 2

Durante la semifinale mondiale Argentina-Olanda una nave da guerra ha colpito sulla costa, a est di Khan Yunis. Il missile ha centrato un chiosco affollato, causando 9 morti tra cui un numero imprecisato di bambini. Nelle ultime ore è morto Anas Abo Alkas, un giovane superstite che aveva perso i genitori nei raid del 2008 ed era l’ultimo componente della sua famiglia.

Mariam Almasre, 10 anni. Khan Younes è una delle zone più colpite dai raid.

Per la consueta vergogna italiana segnaliamo un articolo di Lorenzo Bianchi per l’Huffington Post di Lucia Annunziata. Lo stesso giornale, subito dopo l’esordio nel 2012, informò con toni entusiastici circa un programma israeliano da 5.000 posti di lavoro per palestinesi che quotidianamente avrebbero superato i ceck-point per lavorare da pendolari nelle terre loro occupate come manodopera a basso costo. Oggi si titola sull’Operazione che nel frattempo è passata da “Brother’s Keeper” a “Protective Edge” (margine di protezione). Si esaltano le capacità militari israeliane e ci si preoccupa che, nonostante il numero di morti in continuo aumento, la resistenza palestinese sia ancora attiva e si sottolinea che il freno per un’invasione da terra potrebbero essere gli ingenti costi militari, dopo i 760 milioni a settimana dell’operazione Piombo Fuso nel 2008.

La vergogna della stampa italiana. In Palestina 2+2=5.

bambini uccisi

Nelle due settimane di rastrellamenti e omicidi dell’esercito israeliano nell’operazione Brother’s Keeper la stampa italiana aveva pressoché ignorato la grande maggioranza degli avvenimenti. La crudeltà dei militari israeliani, guidati sul campo a Hebron dal ministro della difesa in persona è stata totalmente tacitata. Lo stesso vale per l’incatenamento e il bendaggio dei bambini, l’isolamento di Hebron, la minaccia di interruzione di acqua e corrente, le irruzioni e le violazioni delle moschee. Per non parlare delle abitazioni rastrellate, oltre 2.500 in tutta Hebron.  L’elemento più significativo, e più di tutti ignorato, è stata l’assenza di reazione in West Bank: la popolazione completamente inerme viene rastrellata, picchiata e uccisa, non reagisce, non può reagire, ma questa non è una notizia degna di nota per le agenzia stampa occidentali. Come non sono degni i bambini morenti ai ceck-point che non autorizzano il passaggio, le derrate alimentari distrutte e i negozi lungo le strade che diventavano ceck-point. Oltre le perdite umane, i danni all’economia palestinese sono enormi.

Nella seconda parte dell’operazione, sono giunte notizie di coloni sempre più aggressivi, forti delle dichiarazioni e dell’atteggiamento governativo che annunciava pugno duro e punizioni in stile sionista. L’aggressività e gli atti di squadrismo militare hanno dato vita a quello civile, culminato con il rapimento di Mohammed Abu Khudair, il sedicenne palestinese torturato e obbligato a bere benzina per poi essere bruciato vivo.  A questo punto i media hanno iniziato a parlare dell’escalation di violenze, rigorosamente all’italiana.

Tre settimane dopo l’inizio dell’operazione le versioni si adattano e dal silenzio dei media si è passati alla mistificazione, al giustificare tra le righe ciò che non si ha alcun diritto a fare e del quale, ovviamente, non vengono trasmesse immagini. Scorrono invece immagini strazianti che vedono israeliani disperati, legittimando un vero e proprio genocidio con bombardamenti a tappeto in varie città, in particolare Gaza. La stampa italiana manca di ricordare che nelle ultime 24 ore sono state sganciate su Gaza oltre 400 tonnellate di esplosivo. Si contano 112 abitazioni colpite, 17 totalmente distrutte, 95 parzialmente. Due moschee, due ospedali e persino un’ambulanza. Il bollettino è inevitabilmente destinato a crescere di ora in ora. Nelle ultime 48 ore a Gaza hanno perso la vita 35 persone di cui una decina sono bambini. Oltre 300 i civili feriti.

Questa notte è stato bombardato anche l’ospedale europeo di Khan Yunis a Gaza. Decine i feriti e numerose le attrezzature e i medicinali inutilizzabili. Gli ospedali dovrebbero essere immuni da qualunque attacco come sancito dalla Convenzione di Ginevra del 1949. Attaccare un ospedale è un crimine di guerra. 

Netanyahu richiama nel frattempo 40.000 riservisti e Israele prepara un feroce attacco via terra che potrebbe avere conseguenze ben peggiori delle tre settimane del massacro di Gaza causato dall’operazione Piombo Fuso tra il dicembre del 2008 e il gennaio 2009.