Lanusei, processo di Quirra: l’udienza slitta al 29 ottobre.

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Si infiamma il dibattito sull’occupazione militare in Sardegna e per la prima volta dopo anni si assiste ad un’ampia risposta popolare e una consapevolezza sempre più diffusa. Dopo la grande Manifestada Natzionale di Capo Frasca, appuntamento successivo a Lanusei indetto dalla Rete “Pesa Sardigna” per la prima udienza del processo di Quirra che vede alla sbarra otto graduati della Difesa, comandanti del Poligono Interforze del Salto di Quirra nell’ultimo decennio.

L’udienza prevista per il 23 settembre è stata aggiornata dal giudice Nicola Caschili al 29 ottobre. Un segno inequivocabile che il dibattito e l’attenzione sul tema sono alti come non mai, tanto sull’occupazione militare e i tre Poligoni quanto su aspetti specifici come il caso di Quirra e il relativo processo.

Nessuna indagine di Stato può portare ad una vera giustizia senza l’adeguata attenzione popolare e un dibattito che sia quanto più incisivo possibile. In questo momento in Sardegna non vengono esplosi solo ordigni bellici, come negli ultimi sessant’anni, ma stanno deflagrando tutte le contraddizioni dello Stato italiano e i suoi interessi miliardari nell’Isola, coltivati per decenni sulla pelle delle popolazioni compromettendo e occultando gli enormi danni all’ambiente, alla salute e all’economia delle comunità.

Quirra e tutto il PISQ rappresentano probabilmente la pagina più vergognosa dell’occupazione militare italiana e le intenzioni dello Stato sono da tempo quelle di concentrare le attività di Capo Frasca e Teulada proprio nel PISQ, riuscendo a preservare il business più redditizio: la sperimentazione di armi per gli eserciti di tutto il mondo, l’expò permanente delle industrie belliche italiane rientranti spesso nell’orbita Finmeccanica.

Affari miliardari per lobbies legate a filo doppio a Stato italiano e NATO, oltre agli incassi diretti per la Difesa provenienti dall’affitto del Poligono per decine di migliaia di euro l’ora: ciò che accade a Quirra non può accadere da nessuna altra parte d’Europa. Con i suoi 14.000 ettari il PISQ è il Poligono più grande d’Europa, inserito in Sardegna, la Nazione più militarizzata d’Occidente.

Il “sacco del Banco”: gli strascichi della colonizzazione finanziaria.

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Duro comunicato del Fronte Indipendentista Unidu sulla vicenda Banco di Sardegna – BPER e la chiusura degli sportelli in numerosi piccoli comuni.  Si è parlato più volte della discussa operazione di acquisizione del Banco da parte della Banca Popolare dell’Emilia Romagna, a cavallo degli anni ’90 e 2000. Ciò che accade oggi lo ricorda e il Fiu definisce “la parte conclusiva di un’operazione che vede lo smantellamento del credito sardo e dei servizi ad esso collegati a favore della modenese BPER“.
Tale operazione – aggiunge il Fiu – è stata controllata dai partiti italiani e in particolare dal PD che attualmente governa senza opposizione la RAS con il favore dei così detti sovranisti“.
L’organizzazione indipendentista sottolinea come il PD domini l’operazione, dalle sue origini sino al oggi: “la nomina di Cabras è stato l’ultimo tassello propedeutico alla cessione del Banco di Sardegna e della Fondazione rispettivamente alla BPER e alla Cassa Depositi e Prestiti. In questi giorni si assiste all’epilogo dell’operazione di smantellamento del credito sardo, a partire dalla chiusura delle 10 “agenzie minori” in diversi paesi dell’isola“.
Pare proprio arrivata la coda lunga di quel tipo di colonizzazione definibile come finanziaria. Le conseguenze nefaste dell’operazione portata avanti, guarda caso, anche grazie all’attuale governatore Pigliaru (a suo tempo nel cda del Banco) sono note da tempo ed è sufficiente osservare le impietose statistiche che si susseguono di anno in anno, nonché le dichiarazioni di Pigliaru al limite del provocatorio: in campagna elettorale ha più volte parlato di un mercato del credito sardo molto concentrato e anticoncorrenziale.
Nonostante il ritorno in attivo nel 2013 da parte del Banco, l’economia sarda è allo stremo.
Giochi di mercato che alcuni definirono persino come “sacco del Banco“, salvo poi sedere tra i banchi della maggioranza che tutt’ora sostiene la giunta Pigliaru e il partito-Stato PD. Ora si iniziano ad avvertire in modo più tangibile le implicazioni di quel passaggio, politico, prima ancora che economico. Effetti che complessivamente vanno bel oltre la chiusura di alcuni filiali – fatto grave – ma va ricordato il totale assoggettamento finanziario della Sardegna e del suo ciclo risparmi-investimenti a servigio degli equilibri finanziari nel nord-italia e a favore della crescita economica del settore bancario nel modenese.
Il Fronte Indipendentista Unidu esprime solidarietà e supporto all’attività della Confederazione Sindacale Sarda che negli scorsi giorni ha incontrato i sindaci dei paesi interessati dalla chiusura delle agenzie”.
Vi rientrano anche le frazioni tempiesi di Bassacutena e San Pasquale e il Fiu conclude sostenendo “la proposta dei lavoratori del Banco in lotta di avviare una petizione pubblica (raccolta firme on-line e in piazza) per fermare lo smantellamento e la svendita totale del Banco di Sardegna del quale il 49% delle azioni appartengono alla Fondazione Banco di Sardegna”.

Sardegna. In dodicimila a Capo Frasca per la chiusura delle servitù militari (di Marco Piccinelli)

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«Indipendentzia», «A Fora!» erano le espressioni più usate dai manifestanti di Capo Frasca nella giornata di ieri.
Le agenzie riportano i numeri, non ci sono scuse o letture doppie delle cifre: circa dodicimila manifestanti a portare la propria voce contro le basi militari. Continua la lettura di Sardegna. In dodicimila a Capo Frasca per la chiusura delle servitù militari (di Marco Piccinelli)

L’occupazione militare è sempre l’occupazione militare. Non dimentichiamolo

sorveglianza-armataHo sentito parlare nelle ultime ore della presunta adesione del Partito Democratico alla Manifestada Natzionale del 13 settembre a Capo Frasca. Ho letto di sfuggita le dichiarazioni di Irs e la posizione del consigliere Psd’Az, Orrù, in solidarietà con i militari italiani (!). Non andrò nello specifico delle singole dichiarazioni, perché vi anticipo che non lavoriamo quotidianamente per farci dettare una linea politica dai collaborazionisti dello Stato italiano sotto i fari dei media. Sul punto sarò chiaro, perché l’ambiguità non fa parte del mio patrimonio politico. Dichiararsi indipendentisti ha, sino a prova contraria, un valore. Un valore inestimabile. Abbiamo per questo sempre ritenuto che chi sostenesse i partiti italiani si ponesse automaticamente al di fuori del movimento indipendentista sardo.

Seppur con le sue contraddizioni e i normali problemi di maturazione (come qualsiasi movimento di liberazione nazionale in ogni epoca e in ogni luogo) il movimento indipendentista si trova oggi di fronte ad un bivio. Dopo anni di giustificazioni, luoghi comuni e menzogne all’insegna del presunto benessere socioeconomico derivante dalle basi militari, il Popolo sardo sta acquisendo consapevolezza, andando al cuore dei problemi della nostra terra.

Questo processo in corso cresce numericamente e qualitativamente ogni giorno e questo pone davanti a militanti, dirigenti e sostenitori una grande responsabilità politica. E’ una prova di dignità di un intero popolo: scegliere se sostenere una lotta nei confronti di un problema sociale e politico in modo organizzato ed efficace, oppure se stringerci con gli artefici della nostra dipendenza e del sottosviluppo indotto. Ancora una volta. Sta a noi scegliere se incidere nella Storia una grande manifestazione di popolo, Indipendentista, o se ricadere ancora una volta nei soliti paradossi dei quali lo Stato italiano si giova nella sua opera di colonizzazione, con lo zuccherino della sospensione per…i turisti.

Alla luce dei recenti fatti e delle decisioni di sei mesi di governo Pigliaru in tema di “politiche militari”, questa maturazione si pone come vitale per la prosperità futura del nostro popolo. Questa svolta politica la dobbiamo a tutta la Sardegna e, in primis, alle vittime dell’occupazione e sperimentazione militare.

Dicono che non sappiamo organizzarci, che non potremo mai. Ora vengono a banchettare al nostro tavolo. Ricordiamo loro che una volta scavati certi solchi gli stessi diventano insormontabili a causa delle fortissime ragioni che ci hanno spinto a scavarlo, giorno dopo giorno. O anche solo pensare di farlo.

Continuiamo il nostro lavoro e teniamo bene a mente ciò che le organizzazioni politiche italiane e collaborazioniste attuano sul nostro territorio. Loro non ci sono nelle nostre comunità, se non per il peggio del peggio che si veda in tutta Europa e misconoscono i danni dell’occupazione militare. Spesso poi scherniscono le stesse organizzazioni che il 13 vorrebbero appoggiare. Ricordiamo bene i loro comunicati e le loro politiche sul territorio all’insegna delle opportunità di sviluppo, della sicurezza e del valore delle basi militari.

Ci indigniamo continuamente delle guerre imperialiste nel Mondo e sappiamo bene anche la posizione di quelle organizzazioni su quei conflitti, che nascono proprio qui da noi. Oggi più che mai, essere coerenti ci spetta come dovere nei confronti di interi popoli che soffrono atrocità inenarrabili, proprio in prima serata tv, anche grazie alla complicità determinante dello Stato italiano.

Noi oggi possiamo fare qualcosa, davvero, anche per i bambini di Falluja, di Homs, di Gaza. E lo avremo fatto perché per primi ci siamo presi cura dei nostri interessi vitali. Abbiamo la possibilità di delegittimare un’intera classe politica coloniale e, tramite essa, affermare davanti allo Stato italiano, alla pari, che noi non abbiamo bisogno della pacca sulla spalla delle segreterie di chi avvelena e devasta il nostro territorio e le nostre comunità. Tanto meno ne abbiamo bisogno per dare un segnale di civiltà e un aiuto concreto a livello internazionale, non dimenticando la recente l’involuzione sociale intrapresa dal governo Renzi sia a livello di politica interna che su un piano di diplomazia internazionale.

In un’epoca in cui in politica vale tutto e il contrario di tutto, Indipendentismo è ancora una parola pesante. Facciamo in modo rimanga tale.

Tempio Pausania. TASI, polemiche e paraculate

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Fonte: sito istituzionale Comune Tempio Pausania.

Nuove polemiche all’interno dell’amministrazione comunale di Tempio Pausania. Nel’occhio del ciclone TASI e il pareggio di bilancio. Come già trapelato nelle scorse settimane, l’amministrazione è alle prese con una manovra correttiva, necessaria a causa della riduzione dei trasferimenti, rispetto all’esercizio 2013, pari a 1.417.541 euro (2014) e 1.280.042 euro (2015 e 2016).

L’amministrazione tempiese deve, gioco forza, colmare un importo intorno ai 2 milioni di euro. La scelta è sempre la stessa: nuove entrate (tasse), minori uscite (tagli), oppure l’una e l’altra opzione graduate in modo più equilibrato possibile e, nel caso della leva tributaria, in modo fortemente progressivo. La versione ufficiale parla dell’assessore al bilancio, Mario Addis, contrariotout court – all’aumento della TASI.  A lui si contrappone idealmente il sindaco, Romeo Frediani, propenso ad un aumento della TASI finalizzato a mantenere invariata la capacità dell’ente di erogare servizi e attuare investimenti previsti o ultimare quelli intrapresi.

In questo presunto scontro, dove sta il vero e dove sta la propaganda?

La stampa locale ha più volte riferito della riluttanza dell’assessore Addis ad un aumento della pressione fiscale. La minoranza, nella persona di Gianni Addis, parla “di atto non dovuto verso il governo nazionale” e non si comprende il senso di una simile affermazione, visto che il punto non è un obbligo verso lo Stato ma una necessità che sorge principalmente a causa dei minori trasferimenti all’ente. Allo stesso modo, poco aggiungono al dibattito alcune dichiarazioni di maggioranza che parlano pleonasticamente di tassa ingiusta e iniqua. Latitano le soluzioni, politiche e tecniche, per far quadrare i conti dell’amministrazione, come probabilmente a questa polemica manca responsabilità e onestà intellettuale da parte di molti a vario titolo coinvolti.

In particolare, il messaggio che traspare nei confronti dell’opinione pubblica, è quella che vede un assessore al bilancio “anti-tasse”, una parte della maggioranza “pro-tasse che ci uccidono”. Oggi si apprende che anche l’assessore Addis alla fine “per disciplina di partito” (sic) si è adeguato controvoglia e ha votato la TASI al 2 per mille. Considerando la mancata relazione sul punto in aula da parte di Addis, cosa piuttosto grave, e l’aver passato la parola proprio al “contendente”, il sindaco Frediani, rimane da chiedersi quale fosse la proposta alternativa da parte dell’assessore al bilancio. Emerge tristemente come un atto obbligato per l’amministrazione (il recuperare i due milioni di euro) venga utilizzato tendenziosamente per scopi di propaganda pre-elettorale, con veri e propri smarcamenti dalle proprie responsabilità.

Rimane da chiedersi come possa passare la versione che vede un assessore schierarsi contro alle nuove tasse, accattivandosi per questo le simpatie cittadine, mentre è lo stesso rappresentante e il relativo assessorato ad aver proposto e votato a favore già nelle settimane passate l’incremento al 2 per mille dell’aliquota TASI. 

La delibera di Giunta n. 127 del 5 agosto scorso parla chiaramente di “proporre al Consiglio Comunale l’aumento dell’aliquota di base del tributo sui servizi indivisibili (TASI) al 2 per mille su tutte le fattispecie imponibili, senza alcuna detrazione, assicurando in tal modo all’Ente un gettito pari a €. 1.350.000,00 per gli esercizi finanziari 2014, 2015 e 2016“. La restante parte quindi, un’importo stimato tra i 400.000 e 600.000 euro, si dovrà comunque recuperare con tagli agli assessorati competenti.

Il documento oltretutto indica: Relatore l’assessore Dott. Mario Addis. Ufficio Proponente: Programmazione Economico Finanziaria e Rendicontazione. Proposta di deliberazione di Giunta Comunale: n. 155 del 02/08/2014.

Tale assetto è stato ideato dall’assessorato al bilancio e poi votato in Giunta il 5 agosto, riunione alla quale Mario Addis risulta però assente. Nella delibera del 12 agosto, l’assessore risulta presente e con voto favorevole, quindi non si capisce perché la stampa locale parli di un conflitto su una decisione votata all’unanimità e proposta dal presunto “ribelle”.

Colpisce negativamente la posizione dell’assessore alle attività produttive, Nicola Luciano, che in entrambe le delibere risulta presente e con voto a favore, ma figura assente dal Consiglio di ieri per protesta circa non meglio precisati “attacchi personali”. Secondo il Pdci, la Giunta avrebbe dovuto trovare un meccanismo che permettesse di non aumentare la TASI e al tempo stesso non pregiudicasse i servizi, tagliando “solo spese superflue”. Ci si chiede come si possano fare simili dichiarazioni nel momento in cui un assessore della propria parte politica diserta un Consiglio così importante per la finanza pubblica tempiese dopo aver avvallato quello stesso provvedimento già un mese fa.

A che gioco sta giocando la “politica” tempiese? Per quali ragioni, almeno la maggioranza, non è compatta nel denunciare a gran voce un punto politico, ovvero che le amministrazioni comunali vengono considerate sempre più dallo Stato alla stregua di un esattore locale? Conti pubblici sui quali le amministrazioni locali, soprattutto comuni di piccole e medie dimensioni, non hanno responsabilità. Questo dovrebbe essere al centro del dibattito, come d’altra parte dovrebbero occupare tempo e righe le modalità più consone al fine di recuperare i due milioni di euro necessari e soprattutto, all’interno dell’importo TASI, modularne la disciplina in modo quanto più progressivo possibile. Sarebbe interessante che il dibattito vertesse su questi due aspetti: una denuncia politica in difesa della comunità che rischia un deterioramento dei servizi e un aspetto tecnico, ovvero come disciplinare una tassa che allo stato attuale delle cose è imprescindibile per raggiungere il pareggio di bilancio. Posto che spese inutili se ne possono e se devono rintracciare a prescindere, recuperare l’intera somma dal taglio ai servizi e alle “spese improduttive” paralizzerebbe l’attività di alcuni assessorati e pregiudicherebbe importanti servizi in particolare nel delicato campo dell’assistenza sociale e, in misura minore, nei lavori pubblici.

L’Afghanistan agli afghani.

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Qualche settimana fa ricevetti una proposta di “collaborazione politica” da anonimi. Con anonimi intendo proprio anonimi, non nel senso che qualcuno, persone incappucciate, è venuto a casa per propormi qualche insurrezione. No, assolutamente. Anonimi nel senso che nel reale non esistono, sino a prova contraria. Considerando che con i collaborazionisti non vado molto d’accordo, immaginiamo la simpatia per gli anonimi.

Battute a parte. Chi un minimo si impegna in politica, impegnandosi e non specchiandosi, sa cosa si può nascondere dietro l’anonimato. L’anonimato e “la Rete”, quei retaggi-novità della politica italiana che nei fatti negano la democrazia ed esaltano da sempre i metodi al limite del para-mafioso. Fareste mai entrare a casa vostra qualcuno che ha la pretesa di non presentarsi sulla soglia di casa? Cazzo, in confronto almeno i piazzisti si presentano; la Politica è un’altra cosa. Non è puro marketing e suggestione, per lo meno non per me.

Insomma, in qualche occasione, con elementi del genere, sono capitati brevi episodi da riderci sopra, nulla di importante, sfuriate e complimenti. Poi di nuovo sfuriate nel momento in cui si constata che i ruffiani mi stanno sul cazzo. Momenti di schizofrenia, momenti in stile: sei bravo se stai con me, in tutti gli altri casi sei una merda. E giù di lezioncine di filosofia politica e cultura amministrativa inframmezzate dalle urla, dalle sceneggiate e immancabile, nel fantastico mondo della Rete, il copia e incolla. Il massimo della dialettica è: leggiti questo. E metti un documento a caso, con presunzione a palate. Beh, niente male.

A proposito di urla, una cosa che odio: il maiuscolo. Chi scrive in modo sguaiato lo fa per dare un tono a ciò che dice. Significa che non è riuscito a trasmettere il suo pensiero e con un paio di aggettivi e/o sostantivi e/o verbi urlati ritiene possa trasmettere un significato. Oppure più semplicemente non ha molto da dire che possa avere una qualche logica. In questi casi è utile lo studio e la pratica, la pratica e lo studio. Null’altro. E anche un po’ di educazione.

Mi è stato persino detto che io parlavo e parlo in questo modo perché “mi potevano dare fastidio”. Cioè, per intenderci, a mia insaputa ero già in competizione con qualcuno. Ero in competizione con un profilo anonimo. Questa, tecnicamente, è una presa per il culo.

Vorrei solo precisare a lor signori e/o signore che a me ciò che dà fastidio è la superficialità e il torbido (generalmente vanno di pari passo). Ma c’è di peggio. Odio la superficialità sull’Indipendentismo e la politica della Nazione sarda. Questo non lo sopporto, ma riesco a sopportarlo senza insulti, urla o follie di vario genere. Perché? Perché tengo bene a mente con chi sto scrivendo, di conseguenza tengo ben presente cosa non vorrei essere e come non vorrei vedermi comportare.  Soprattutto so che se mandassi a cagare tutti quelli che dicono stronzate sulla politica sarda e la nostra società non ci sarebbe alcuna Indipendenza. Non ci sarebbero delle condizioni indispensabili, stereotipi e luoghi comuni italianisti troverebbero nuovo vigore. Rimarco comunque che spesso, come nello specifico arrivare “all’anonimato organizzato”, non insultare è veramente difficile e in teoria è sbagliato. Che male c’è ad insultare una pagina virtuale? Nel mondo reale chi potrà mai denunciarmi? Il titolare del dominio la cui pagina beneficerà anche, ne sono consapevole, da questo mio articolo? Magari fosse un esperimento sociale controllato, ma davvero.

Ora, considerando questi elementi, e sono molti altri gli aspetti interessanti, ciò che rimane da questa parentesi è una coincidenza. La manifestazione del 13 a Capo Frasca coincide casualmente con la data in cui si sarebbe tenuta la conferenza stampa annunciata penso ai primi di luglio (sic). Ricordo un attacco becero, non verso me come persona, ma verso l’Indipendentismo, il che è peggio. Io “la meno con questa storia dello Stato occupatore italiano“. Dovevo occuparmi di altro, che quelle sono cose poco importanti, che non sono problemi.  Il classico mezzuccio di far passare un indipendentista come scemo, colorito, folcloristico. Nulla più.

Bene, ribadisco, è uno Stato occupante e queste non sono come le chiamate voi, italiani di Sardegna, “menate”. Di quell’occupazione militare la gente ci muore, sappiatelo. Prima di portare il wi-fi gratis a 15 mila persone che in gran parte lo hanno già, preoccupatevi anche delle leucemie dei bambini e di svariati altri accidenti. E queste cose non capitano nel virtuale, sono reali, realissime. Quindi siate seri.

Come da tanti, spero tanti, preventivato (altrimenti significherebbe che molta gente aveva dato credito ad anonimi) il 13 non ci sarà alcuna rivelazione politica e non mi perderò nulla. Bello così, eh. Comodo il virtual-attivismo!

Li ciavani ci li bola lu entu.

Il Fiu sul tavolo BDS. Dall’aggressione sionista all’occupazione militare in Sardegna.

Sardegna militari

Di seguito si presenta la relazione del Fronte Indipendentista Unidu sulla giornata del 30 agosto a Cagliari nell’ambito della campagna BDS. Si è detto più volte che i crimini israeliani trovano linfa in Sardegna ma ho sempre ribadito che l’occupazione militare in Sardegna va analizzata ad ampio raggio, pena la perdita di realismo nel valutare i danni complessivi arrecati dalla decennale occupazione militare e lo sfruttamento del territorio sardo per scopi bellici. Il fatto che i lavori del BDS abbiano posto come centrale la questione dei Poligoni militari in Sardegna e il suo assoggettamento militare da parte dello Stato italiano segna un punto a favore per le istanze del Popolo sardo e la sua lotta contro le devastazioni militari.

FRONTE INDIPENDENTISTA UNIDU

Relazione per l’Assemblea internazionale contro le esercitazioni israeliane in Sardegna e per il sostegno alla campagna di Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni.

Grazie a tutti quelli che hanno lavorato per portare qui molte delle voci che da sempre hanno preso pubblica posizione di sostegno e solidarietà al popolo Palestinese.

Il Fronte Indipendentista Unidu, ha organizzato e sostenuto le manifestazioni che all’indomani del 17 luglio sono state fatte a Sassari, Cagliari e in altre città sarde. Questo perché oltre ai convincimenti e trascorsi politici personali di ognuno, per noi militanti, pur provenienti da esperienze diverse, il sacrosanto principio dell’autodeterminazione di un popolo e la difesa del proprio territorio, sono punti inderogabili della nostra Carta dei Valori, che al punto 4 prevede inoltre l’essere contro ogni discriminazione etnica, di genere e religiosa.

Il FRONTE, nato l’8 settembre 2013, porta avanti un programma di trasformazione sociale, economica, produttiva, ambientale, culturale e politica della Sardigna. Democrazia e partecipazione, ricostruzione della dignità del nostro popolo sono i princìpi che guidano questo percorso. Il programma nasce dalle politiche indipendentiste e da anni di lavoro sul territorio, è in divenire e si arricchisce attraverso i contributi di tutti coloro che desiderano partecipare con idee e suggerimenti alla liberazione della Nazione Sarda. Nel nostro programma infatti sono presenti gli argomenti che oggi ci hanno condotti qui a confrontarci tutti insieme e ad esprimere la nostra posizione: l’occupazione militareche opprime la Sardigna.

Le prossime esercitazioni di Israele presso il Poligono di Capo Frasca (ma Israele è di casa dato che in passato si è già esercitata nella base Nato di Decimomannu), sono solo la punta di un iceberg, nascosto agli occhi dei più e che altri ben informati fanno finta di non vedere: le ben 16 “servitù militari”, di vario tipo, insediate in Sardigna che a vario titolo la occupano, sono il vero problema. Due punti del nostro programma ne parlano e cercano di dare indicazioni di lotta civile e democratica:

Nella prospettiva di liberarci di tutte le basi militari italiane e NATO impediremo che ulteriori aree vengano colonizzate dall’Esercito e lotteremo contro la propaganda militarista nelle scuole e nelle università. Organizzeremo una campagna pubblica coordinata con gli Uffici Scolastici Provinciali sui danni economici, ambientali e sociali dell’occupazione militare della Sardigna.

In tutte le sedi legali e istituzionali, nonché in ambito internazionale, faremo ricorso, per la chiusura immediata dei 3 poligoni permanenti di Quirra, Teulada e Capo Frasca, e porteremo nei tribunali internazionali competenti le istanze della Sardigna come parte lesa, a causa dei danni provocati dall’occupazione sessantennale (per la provincia di OT la questione dell’ex base USA nel Limbara, per La Maddalena riguarda G8 e l’ex base), e per il rispetto dell’obbligo di bonifica da parte dello Stato italiano e il risarcimento dei danni economici e alla salute, delle popolazioni colpite.

Stesura e realizzazione di progetti di riconversione delle aree belliche dismesse ad uso civile (presidi di tutela ambientale e ricerca).

Politica di forte contrasto ad ogni colonizzazione militare, a partire dalle carceri, radar, caserme, etc..

Politica di forte contrasto e denuncia verso l’invasività delle esercitazioni militari.

Ripristino e/o potenziamento delle aree marine protette, smantellamento e bonifica delle basi militari adiacenti: Penisola del Sinis – l’Isola di Malu Entu, Tavolara-Punta Coda Cavallo, Capo Caccia-Isola Piana, Capo Carbonara-Villasimius, Isola dell’Asinara…

Siamo fermamente convinti che non si possa circoscrivere l’intervento politico e di protesta al solo Poligono di Capo Frasca e alle esercitazioni dell’esercito israeliano (sono ben 16 i paesi che si esercitano in Sardegna) esercito israeliano che, a prescindere dai terribili fatti di questi giorni, e dalle notizie acquisite, ha “licenza” sottoscritta di agire sul nostro territorio già dal 16 Giugno 2003, data in cui Italia e Israele suggellarono a Parigi l’accordo militare, ratificato due anni dopo, con la L. n. 94 del 17 maggio 2005, in cui l’allora ministro Martino (governo Berlusconi) e il ministro della difesa israeliano, Mofaz, definirono un accordo vincolante per l’Italia, capestro per noi, soprattutto negli articoli 2 e 3 :

… “ARTICOLO 2 –OBIETTIVI DELL’INTESA

1 – Entrambe le Parti del presente MoU (Memoranda of Understanding)convengono di stabilire rapporti reciproci fra i Ministeri della Difesa e le loro Forze Armate, al fine di stabilire una cooperazione nei settori della difesa, il che consentirà loro di aumentare le capacità di difesa.

2 – La cooperazione fra le Parti riguarderà i seguenti settori:

* Industria della difesa e politica di approvvigionamento di competenza dei Ministeri della Difesa,

* Importazione, esportazione e transito di materiali militari e di difesa, .Operazioni umanitarie,

* Organizzazione delle forze Armate, struttura e materiali di reparti militari e gestione del personale,

* Formazione/Addestramento,

* Questioni ambientali e inquinamento provocati da strutture militari

* Servizi medici militari,

* Storia militare,

* Sport militari

La cooperazione militare non si limiterà ai settori sopra menzionati. Le Parti cercheranno nuovi settori di cooperazione di interesse reciproco.

3 – Il presente documento enuncia i principi che disciplinano la summenzionata cooperazione reciproca.

ARTICOLO 3 – PRINCIPI CHE DISCIPLINANO LA COOPERAZIONE E L ‘INTESA FRA LE PARTI

1 – La cooperazione fra le Parti, previo coordinamento, si svilupperà come segue:

* Riunioni dei Ministri della Difesa, dei Comandanti in Capo, dei loro Vice e di altri ufficiali autorizzati dalle Parti,.

* Scambio di esperienze fra gli esperti delle Parti,

* Organizzazione e attuazione delle attività di addestramento e delle esercitazioni,

* Partecipazione di osservatori a11e esercitazioni militari, .Contatti fra le Istituzioni Militari e di Difesa analoghe,

* Discussioni, consultazioni, riunioni e partecipazione a convegni, conferenze e corsi,

* Visite di navi e aeromobili military ad impianti,

* Scambio di informazioni e pubblicazioni educative,

* Scambio di attività culturali e sportive.

2 – Le parti intendono altresì agevolare l’attuazione della cooperazione nei settori militare e della difesa con lo scambio di dati tecnici, informazioni e hardware; conseguendo una migliore comprensione delle necessità militari e di difesa e delle relative soluzioni tecniche, tramite la cooperazione nella ricerca, nello sviluppo e nella produzione.

3 – Le parti incoraggeranno le rispettive industrie nella ricerca di progetti e materiali di interesse per entrambe le Parti. Tale cooperazione riguarderà la ricerca, lo sviluppo e la produzione.

4 – Ai fini del ‘Presente MoU, per “informazioni tecniche” si intendono tutti i dati tecnici o commerciali e le informazioni operative, comprese, ma non esclusivamente, le informazioni riservate, quelle sui clienti, il know-how, i brevetti ed il software per computer.

5 – Le informazioni tecniche, compresi i Pacchetti sui Dati Tecnici (t’TDP”), fornite all’altra Parte allo scopo di offrire o presentare offerte, ovvero dare esecuzione ad un contratto in materia di difesa, non saranno usate per scopi diversi senza il previo consenso scritto della Parte da cui provengono, nonché senza il previo consenso dei proprietari o di coloro che controllano i diritti di proprietà di tali informazioni tecniche, e saranno trattate con lo stesso livello di attenzione che la Parte applicherebbe alle proprie informazioni tecniche.

6 – In nessun caso le informazioni tecniche, i TDP o i prodotti da essi derivati saranno trasferiti a Paesi Terzi o Parti Terze, senza il previo consenso scritto della Parte da cui provengono. Il trasferimento a Paesi Terzi o Parti Terze di materiali e/o informazioni tecniche e/o di articoli da essi derivanti, generati dal presente MoU o acquistati in conformità con esso, saranno oggetto di singoli accordi fra le Parti.

7 – Le Parti, in conformità con le rispettive Leggi e Regolamenti, concederanno un trattamento adeguato alle offerte di materiali, servizi e know-how per la difesa provenienti dall’ altra Parte.

8 – Le Parti si adopereranno al massimo per contribuire, ove richiesto, a negoziare licenze, royalties ed informazioni tecniche, scambiate con le rispettive industrie. Le Parti faciliteranno inoltre la concessione delle licenze di esportazione necessarie per la presentazione delle offerte o proposte richieste per dare esecuzione al presente MoU, conformemente alle rispettive Legislazioni Nazionali delle Parti.

9 – Il presente MoU non si riferisce a questioni che non sono di competenza delle Parti.

10 – I termini e le condizioni delle specifiche e definite attività progettate per essere svolte ai sensi del presente MoU saranno concordati separatamente, nell’ambito di un “Accordo di Attuazione”.

Generale si applicherà ad ogni Accordo di Attuazione fra le Parti…”

Quest’accordo nonostante abbia  valore quinquennale, rinnovabile automaticamente, se una o entrambe le parti non lo recedano, non è stato mai rescisso da nessuno dei governi italiani successivi, nonostante le numerose richieste, anche ufficiali, che da più parti vennero attivate per sollecitare l’interruzione dell’accordo, soprattutto durante il governo Prodi, poi ancora con Berlusconi, Monti, Letta  e ora con Renzi.

Anzi nel frattempo l’Italia, grazie anche al patto scellerato, è diventato il primo paese fornitore di armi ad Israele, che oltre a esercitarsi nei poligoni Sardi, ci invade con prodotti commerciali di ogni genere, che consumiamo più o meno consciamente e che alimentano l’economia sionista.

Ma torniamo al discorso degli insediamenti militari italiani in Sardigna, come già detto, sono 16 dislocati in tutto il territorio, e compongono il 61% degli insediamenti italiani, il rimanente 39% è distribuito nel resto d’Italia.

Ci sembra che i dati siano eloquenti!

Quindi noi del FRONTE chiediamo che, IMMEDIATAMENTE i tre poligoni di Teulada, Quirra e Capo Frasca, definiti PERMANENTI dal Comitato Misto Paritetico per le Servitù Militari, siano subito smantellati, non solo per i danni arrecati dalle occupazioni militari dal 1956 ad oggi, e che,  come auspichiamo, ci portano oggi qui a riunirci alla ricerca di una comune strategia, ma anche per gli immani danni subiti alla salute, all’economia e alla cultura dell’isola.

La Sardigna, come terra che subisce la maggior parte delle “servitù militari italiane”, e per la posizione strategica nel Mediterraneo, sarà sicuramente il primo obiettivo militare in caso di conflitto bellico.

Abbiamo visto proprio in questi giorni come lo stato italiano abbia adottato una politica filo sionista, praticando ancora una volta una forte azione colonialista verso la nostra terra, ignorando TOTALMENTE la proteste di tutti noi, dei numerosi movimenti e associazioni e bypassando il governo regionale, la democrazia e le iniziali tiepide proteste del governatore Pigliaru, è infine passato sopra la presunta “autonomia” sarda.

Lo dimostrano i documenti elaborati in questi giorni, in cui è palese l’atto di non voler minimamente ridurre le occupazioni militari in Sardigna, ma addirittura di investire 20 milioni di euro (dei 90 previsti nel Programma pluriennale per la difesa per il triennio 2014-2016 ed Addendum allegato, a firma della ministra Pinotti) in un progetto che la maggior parte di voi conosce, definito “di fondamentale importanza strategica”, che si chiama SIAT (Sistema di addestramento integrato terrestre), che prevede a Capo Teulada  la realizzazione di due centri di addestramento alla “guerra simulata”, in cui le esercitazioni, in modo palesemente contraddittorio, vengono definite “complementari o sostitutive delle esercitazioni a fuoco”.

Nei due centri che saranno edificati, i soldati, equipaggiati di tutto punto e armati di laser, ma non solo, si addestreranno nella perfetta riproduzione di un villaggio balcanico e uno mediorientale (Mout site-Military operation on urban terrain) che verranno costruiti nella piana di Medau Becciu. Spunteranno case, strade, luoghi di preghiera, negozi di alimentari, etc.

Come si deduce simulazione non lo è poi tanto, dal momento che lo stesso Stato Maggiore della Difesa, in un documento di pochi  giorni fa, precisa invece: “Il ciclo addestrativo sarà articolato su un periodo di due settimane, per 20 rotazioni l’anno (…). La seconda settimana, per quattro giorni, sarà dedicata a esercitazioni a fuoco con munizionamento reale, giacché sarà impossibile non addestrare il personale al suo maneggio, gestione e impiego”.Non solo laser, quindi, ma proiettili veri.

Riguardo poi la possibilità anche remota di una fonte di coinvolgimento “locale” al progetto delle due “cittadelle della guerra simulata”, il progetto prevede forse, come spiega Paladini direttore dei lavori per il SIAT, la possibilità di usare materiali da costruzioni reperiti localmente… È in agguato quindi un nuovo possibile danno ambientale, con creazione di cave e quant’altro? Come sempre quindi niente vantaggi ma solo danni! A Teulada come a Capo Frasca e Quirra!

Alla luce dell’imminente processo di Quirra che vede rinviati a giudizio generali del PISQ (Poligono sperimentale di addestramento interforze Salto di Quirra), per “omissione dolosa e aggravata di cautele contro infortuni e disastri”, il Fronte Indipendentista Unidu aderisce alla manifestazione nazionale indetta a Capo Frasca per il 13 settembre prossimo, ma ritiene urgente la ripresa di un tavolo di dialogo unitario, condiviso e partecipato, che abbia come oggetto la mobilitazione popolare che insieme ad altri numerosi soggetti politici e culturali sta per lanciareper il prossimo 23 settembre a Lanusei, in occasione dell’inizio del processo.

È necessario quindi organizzare insieme, in maniera assolutamente condivisa, democratica e paritetica, un grande evento capace di sollecitare l’opinione pubblica sarda e internazionale e di rilanciare con forza la battaglia per la reale e definitivasmilitarizzazione della nostra isola, per il riconoscimento dei gravissimi danni subiti dalla nostra gente e dal nostro territorio, a partire dalla richiesta minima della chiusura dei tre poligoni (repetita iuvant). Contemporaneamente chiediamo che quest’atto sia in forte opposizione al decreto legge n. 91 del 25 giugno 2014, approvato ad hoc, in fretta e in furia, che equipara la tollerabilità delle aree militari a quelle industriali, in materia di tollerabilità all’inquinamento, con gli effetti disastrosi che possiamo immaginare.Ciliegina sulla torta: nel Programma pluriennale per la difesa per il triennio 2014-2016 ed Addendum allegato, a firma della ministra Pinotti licenziato il 7 luglio 2014 all’allegato C1 “SETTORE INVESTIMENTO” risulta quanto segue:

Sviluppo sostegno del velivolo Joint StrikFighter predisposizionnazionali.

Programma in cooperazione con USA, REGNO UNITO, CANADA, DANIMARCA, NORVEGIA, OLANDA, AUSTRALIA, TURCHIA, e due SCP, “SecurityCooperativeParticipants“,  SINGAPORE e ISRAELE. Programma relativo  allo  sviluppo,  industrializzazione  e  supporto  alla  produzione  (PSFD‐  Production Sustainment and Follow on Development) di un velivolo multiruolo in sostituzione, a partire dal 2015, degli aeromobili attualmente in servizio TORNADO, AM‐XeAV‐8B. In particolare:

‐ perla fase di sviluppo(SDD), circa 1,0 mld US $, completata;

‐ perla fase PSFD circa 900,0 M US$; completamento previsto: 2047;

‐ per le attività di  predisposizione in ambito nazionale circa 465,0 €;

‐ per la realizzazione della FACO/MRO&U(Final Assembly and check‐Out/Maintenance, Repair, Overhaul & Upgrade)oneri complessivi circa 795,6 M €; completamento previsto: 2014;

– per l’avvio dell’acquisizione e supporto logistico, oneri complessivi stimati in circa 10,0 mld €; completamentoprevisto:2027.

Le poste finanziarie previsionali allocate sul programma in parola negli e.f. 2015 e 2016 sono rispettivamente pari a 644,3 M€ e 735,7 M €.

Il correlato profilo finanziario è quello approvato nella pianificazione in vigore. Le disponibilità assegnate rimangono al momento sospese, nelle more delle discendenti decisioni in merito alla modalità di prosecuzione del programma.

Quindi, senza se e senza ma: La difesa del popolo palestinese contro la belva sionista e i suoi attacchi, per la revoca dell’accordo di Parigi, contro le esercitazioni concesse a Israele e a tutti i paesi guerrafondai nella nostra terra, infine un incondizionato NO! ALLA OCCUPAZIONE MILITARE DELLA SARDIGNA! INIZIANDO INDISCUTIBILMENTE DAI TRE POLIGONI PERMANENTI DI TEULADA, QUIRRA E CAPO FRASCA, SI! all’emblematica CONDANNA DEI RESPONSABILI DEL DISASTRO DI QUIRRA, ma anche una “GIUSTIZIA VERA PER I CRIMINI CONTRO L’AMBIENTE E CONTRO LE COMUNITÀ SARDE al processo di Quirra”, crimini per i quali molti responsabili tra cui capi di stato maggiore,  governatori e  presidenti della repubblica, non hanno pagato.

PALESTINA E SARDIGNA LIBERAS! PESA SARDIGNA!

FRONTE INDIPENDENTISTA UNIDU

Casteddu su 30 de austu 2014.

 

Tra ticket e demagogia italiana

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Queste righe vengono scritte riportando un’esperienza vissuta tra ticket e demagogia (sanitaria, si sarà intuito) italiana. La storia inizia quasi quattro anni fa con un piccolo infortunio all’occhio destro: della sabbia finì nella mia lente a contatto e una brutta congiuntivite degenerò nelle 24 ore successive. Continua la lettura di Tra ticket e demagogia italiana